Nel marzo 2022, l’allora appena esordiente regista inglese Rose Glass, reduce dal plauso del suo Saint Maud, annuncia un secondo progetto, Love lies bleeding . Il clamore si fa però esponenziale quando in quest’ultimo viene coinvolto il colosso produttivo e distributivo A24. Forte della sua serie di successi, lo studio collabora con Film4 e riesce ad agganciare alla lavorazione due volti popolarissimi: Kristen Stewart e Ed Harris. Con lo scorrere dei mesi, sono varie le notizie che giungono dal set: la presenza di Jena Malone, il coinvolgimento di Anna Baryshnikov e Dave Franco, l’affidamento di un ruolo da co-protagonista all’emergente Katy O’Brian. Questo gennaio, la pellicola (104 minuti di durata) viene presentato in anteprima al Sundance Film Festival per poi giungere nelle sale statunitensi a marzo. Nonostante l’attesa dei fan, attualmente non è ancora stata definita una data d’uscita italiana per questo thriller dai toni del tutto particolari.
La trama del film
Jaqueline (Katy O’Brian) è muscolosa, possente e ambiziosa. È volenterosa, determinata, e ha una forza sovrumana. Ma soprattutto, è la nuova arrivata in città. Lou (Kristen Stewart) la vede comparire, da un giorno all’altro, nella palestra di cui è proprietaria. Le si presenta, la osserva e ne rimane come folgorata. Scopre della sua passione per il bodybuilding, in cui vorrebbe primeggiare, e la incoraggia. La studia, la corteggia, la introduce agli ambienti cittadini e al doping; dapprima modesto, poi sempre più necessario. Intreccia con lei una relazione, che diventa sin da subito una convivenza. La presenta alla sorella (Jena Malone), succube del marito violento (Dave Franco). Fa tutto questo, senza però sapere che Jacqueline lavora presso il centro di tiro di suo padre (Ed Harris), il malvivente più accanito della città. Quando questa verità emergerà, sarà troppo tardi per tutelare il loro rapporto dalla pericolosità paterna.
Love lies bleeding – La recensione
Sulla carta, nel progetto di Love lies bleeding, le premesse per la costruzione di un lungometraggio di tensione efficace in perfetto stile A24 ci sono tutte. La patina ambientale, sempre così decisiva nelle pellicole dello studio, è estremamente forte in termini cronologici e culturali. Caratteristica e caratterizzata, questa atmosfera cos’è marcatamente caratterizzata si erge potentissima a permeare l’intero film ma riesce a fermarsi sempre un attimo prima di diventare repellente. Gli anni Ottanta si sentono, in modo decisamente massiccio. Ma non fanno storcere il naso allo spettatore, sfociando nella più completa stucchevolezza. Piuttosto, incorniciano con un gradevole gioco di rispondenze tonali i protagonisti (in particolar specie Jacqueline, Lou e suo padre), a loro modo altrettanto eccessivi e dirompenti.
Gli elementi di tensione per costruire il più classico dei blockbuster in stile A24 ci sono tutti. C’è il pregresso drammatico, nel rapporto fra i personaggi di Kristen Steward e Ed Harris. C’è la stranezza, la stortura, il marchio freak (su tutti, nel personaggio di Harris che si presenta e agisce sistematicamente sopra le righe). C’è l’oscuro segreto di un’intera comunità omertosa, che tace di fronte ad un cittadino crudele e potente che riesce a tenerla in pugno con la brutalità. C’è la vena erotica, molto marcata, nei tratti comportamentali delle due protagoniste. C’è, forte, anche la violenza: in primis nel personaggio secondario della sorella di Lou, finisce per dilagare presto in tutte le linee narrative. C’è – non ultimo fra gli elementi caratteristici delle narrazioni A24 – anche l’abuso di sostanze, lo stato allucinatorio, la deriva verso il trip onirico.
Love lies bleeding: quando le premesse non bastano, neanche se sono targate A24
Oltre ai tasselli che uno spettatore avvezzo alla produzione A24 si aspetterebbe, in Love lies bleeding ce ne sono certamente altri, decisamente peculiari. Alcuni, vagamente forzati, rischiano di farci storcere il naso. È il caso, ad esempio, del bodybuilding “a tutti i costi” della protagonista, che la fa trascendere da qualsiasi comportamento logico in un evidente contesto di allarme quale è quello a cui porta la trama. Fortunatamente, anche elementi di questo tipo vengono comunque superati, quantomeno nell’impostazione, da tutti i tratti marcatissimi e riconoscibili dello studio, sopracitati. Questi ci permettono infatti – seppur solo nel setup, la ripetizione è d’obbligo – di riconoscere già dalle prime immagini il marchio di fabbrica tonale che abbiamo imparato ad apprezzare. Lo stesso che, nel giro di pochi anni, è stato capace di diventare sinonimo garantito di qualità.
In Love lies bleeding, tuttavia, queste premesse non sono confermate dagli sviluppi – che lasciano decisamente più a desiderare. Con lo scorrere del minutaggio, le ottime basi su cui la trama e la regia si erano appoggiate nel primo atto tendono a confondersi – forse tutte troppo eccessive – e insieme a smorzarsi vicendevolmente. Il risultato, quantomeno deludente date le premesse, è dunque solo quello di un modesto dramma familiare. Dramma che peraltro, lungi dal permettere al conflitto di svilupparsi a dovere, si risolve in un unico momento di confronto finale aiutandosi con una goccia di inaspettato, decontestualizzato e francamente non necessario sovrannaturale.
Quando neanche le prove attoriali riescono a salvare una scrittura satura di fragilità
Dato questo andamento, il finale (rivedibile) di Love lies bleeding arriva in modo improvvisato e fin troppo rapido. La costruzione della tensione si sgonfia dunque in modo vertiginoso e maldestramente anticlimatico. Lo fa, peraltro, in una bolla di solo pochi minuti dedicata allo scontro finale – l’unico del film, a conti fatti. A questa enorme fragilità strutturale si sommano purtroppo altre debolezze. Fra le varie, il fatto che gli elementi che dovrebbero fornire al pubblico un background dei personaggi, permettendo di empatizzare con loro, sono così leggermente accennati da limitare la compartecipazione. O, anche, la presenza di personaggi secondari dal potenziale inesplorato che si risolvono in un nulla di fatto. Tutto è sacrificato in funzione di una costruzione del pathos e della suspense. Quando dunque questo, in ultima istanza, viene a mancare risolvendosi in una raffazzonata lite familiare, il tutto si traduce in desolazione.
Nulla da dire perciò sulla costruzione dell’atmosfera di Love lies bleeding. Bene per quanto riguarda la credibilità – solo se in relazione al primo atto del testo filmico – e le premesse, che sembrano lasciar presagire uno sviluppo dal potenziale squisito. Benissimo per Kristen Stewart, le cui lievi nevrosi gestuali e i cui tratti performativi caratteristici sembrano essere nati per trovare posto in una pellicola A24. Meno bene per Ed Harris e Katy O’Brian, che si ritrovano per le mani rispettivamente un ruolo macchiettistico e un personaggio confuso e incoerente. E, purtroppo, meno bene anche per tutto ciò che resta del film, cioè la vaga sensazione di un’occasione sprecata.