Questa estate, tra gli appassionati di cinema, si è rievocato molte volte Lo squalo di Steven Spielberg, sia perché è uno dei film horror caratteristici del periodo estivo, sia perché è stato frequentemente proposto un paragone con l’ultimo film di Jordan Peele, Nope.
È quindi il momento giusto per ricordare questo cult del cinema dell’orrore.
Lo squalo: trama
Tratto dall’omonimo romanzo di Peter Benchley, Lo squalo si svolge ad Amity, cittadina balneare che viene terrorizzata da un grande squalo bianco che miete vittime a largo delle spiagge. Il capo della polizia Brody (Roy Scheider) vorrebbe chiudere gli stabilimenti balneari, ma il sindaco non è d’accordo. Inizia allora una feroce lotta contro il tempo per catturare lo squalo prima che possa soddisfare ancora la propria sete di sangue.
Lo squalo: recensione
Lo squalo è un film archetipico nel cinema dell’orrore, per il modo in cui si approccia alla rappresentazione del mostro. Il mostro c’è, la sua presenza aleggia per tutto il film, ma per molto tempo non lo vediamo mai. Viene evocato dal sonoro extradiegetico, una musica entrata nell’immaginario collettivo, e continuamente richiamato dalle parole dei protagonisti, ma Spielberg decide di tenerlo relegato al fuori campo per lungo tempo.
Perché questa scelta? Per far montare l’attesa sicuramente; perché l’immaginazione di chi guarda il film può essere più spaventosa rispetto alla rappresentazione su schermo, che chiude la via ad ogni altra ipotesi sul reale aspetto del mostro. Perché ciò di cui non conosciamo la natura ci spaventa di più di ciò che invece comprendiamo.
Tutto vero, ma va tenuto conto che la decisione di Spielberg di mostrare lo squalo solo ad un certo punto consente anche una divisione narrativa all’interno del film. La prima parte, quella ambientata sulla terra ferma, è il racconto di un uomo che cerca di avvertire una cittadina di un imminente pericolo, mentre quelle persone, e in particolare il sindaco, non vogliono dargli retta.
È la sezione più politica del film, che richiama il dramma Un nemico del popolo di Henrik Ibsen del 1882: l’opera racconta di un personaggio che scopre che le acque termali della cittadina in cui vive sono contaminate. Cerca di mettere in guardia i suoi concittadini, ma l’intera cittadinanza gli si rivolta contro per mantenere il segreto.
La seconda parte, invece, ambientata in mezzo al mare, racconta la caccia allo squalo, è la sezione più fisica del film, in cui i richiami intertestuali vanno a Moby Dick. Il personaggio di Quint è chiaramente ispirato al Capitano Achab di Moby Dick; come quest’ultimo, vuole la sua vendetta contro l’animale che ha martoriato il suo corpo.
Il film di Spielberg trasforma il mare in una distesa di terrore. La sola superficie marina diventa un velo di mistero che si svela piano piano nel corso della narrazione. Spielberg lo racconta tramite dei personaggi che in fin dei conti sono degli agenti al servizio della storia. Anche alla fine, nel momento di massima tensione, quando l’uomo vince su quella natura che si è ribellata al suo dominio.
Registicamente Spielberg prende in prestito soluzioni da grandi autori che l’anno preceduto. Tra questi merita di essere citato Alfred Hitchcock e il suo effetto vertigo, ma il riferimento a Hitchcock non finisce qui. Anche Hitchcock aveva raccontato la ribellione della natura sull’uomo, in Gli uccelli (1963): se in quel film Hitchcock ricorreva spesso alle inquadrature dall’alto, Spielberg, quasi in maniera speculare, ricorre spesso e volentieri ad angolazioni dal basso. Questa scelta favorisce l’idea di una minaccia che arriva dal basso, dagli abissi del mare, un pericolo che noi non possiamo controllare, perché nascosto sotto la superficie.
L’archetipo dell’horror estivo
Negli anni si è sviluppato quello che potremmo riconoscere come un vero e proprio sottogenere dell’horror, ovvero l’horror estivo, quei film dell’orrore che hanno come punto di partenza il viaggio di un gruppo di personaggi verso una località estiva (in questo articolo vi abbiamo già parlato di questa particolare categoria di film, proponendovi anche alcuni esempi del genere). Spesso questi film vedono anche una coincidenza tra l’ambientazione e il periodo di distribuzione, venendo mandati nelle sale proprio tra giugno e settembre, un po’ come avviene con i film natalizi. Si pensi che Lo squalo è uscito negli Stati Uniti proprio all’alba della stagione estiva, per la precisione il 20 giugno 1975.
A favorire l’effetto di terrore è anche il contrasto tra l’atmosfera di relax e ozio che dovrebbe derivare dalla vacanza e invece l’inattesa tragedia che si para difronte ai personaggi. Durante le vacanze tutti noi abbiamo la guardia abbassata, siamo più vulnerabili alle minacce dell’ignoto. L’inoltrarsi dei personaggi in un luogo a loro sconosciuto diventa così l’occasione per confrontarsi con l’estraneo e l’oscuro.
È proprio quello che accade ai protagonisti di Non aprite quella porta (1974) di Tobe Hooper, anche se in quel caso quella dei protagonisti non di era certo una gita di piacere. In quel film il caldo e il sudore fa da contrappunto alla macabra tragedia che si consuma all’interno della casa abitata dalla famiglia di Faccia di Cuoio.
Nel 1980 tocca ai protagonisti di Venerdì 13, diretto da Sean S. Cunningham, il cui viaggio per rimettere a nuovo un campeggio del New Jersey si trasforma in una lotta per la sopravvivenza contro un misterioso serial killer.
Anche una vacanza sul mare può trasformarsi in orrore, come ci racconta Ore 10: calma piatta (1989) di Phillip Noyce. La coppia formata da Nicole Kidman e Sam Neill è in vacanza a bordo del proprio yacht, quando fanno la conoscenza di un misterioso personaggio interpretato da Billy Zane che si rivela ben presto un folle assassino pronto ad ucciderli.
Ricco di colpi di scena è anche A Classic Horror Story (2021) di Roberto De Feo e Paolo Strippoli, film che gioca con i luoghi comuni dei film horror per parlarci in modo originale del cinema italiano contemporaneo. Anche qui un semplice viaggio tra sconosciuti diventa una vera e propria tragedia in cui sopravvive solo una di loro.
Ricordiamo infine che anche Jordan Peele, citato all’inizio di questo articoli, si è cimentato con l’horror estivo, nella sua opera seconda, Noi (2019): anche qui una vacanza è in realtà il mac guffin per affrontare l’orrore, l’ignoto e i propri demoni interiori.