Nell’anno in cui viene distribuito Episodio IX: l’ascesa di Skywalker, la Disney lancia sul suo canale Disney+ una serie live action ambientata nello Star Wars Universe. E fa centro al primo colpo.
Il concept, l’idea di base della serie appartiene soprattutto a Jon Favreau, eclettico talento della scuderia Disney. Favreau è anche attore, noto soprattutto per la parte di ‘Happy’ Hogan, l’amico fedele di Tony Stark nel franchise degli Avengers. Prima ancora, aveva vestito i panni dell’avvocato ‘Foggy’ Nelson, amico e confidente di Matt Murdock/Daredevil nel film dedicato al Diavolo Rosso nel 2003. Evidentemente la parte della spalla comica sentimentale e un po’ sovrappeso gli si addice pienamente. Ma Jon sfonda definitivamente nel mondo del cinema piazzandosi dietro la macchina da presa per dirigere il primo Iron Man con Robert Downey Jr.
Favreau dimostra di aver appreso con intelligenza la dura lezione di Daredevil (che fu un discreto insuccesso di critica e pubblico) e crea un giocattolo oliato alla perfezione, vero e proprio trampolino di lancio per tutto l’MCU (Il Marvel Cinematic Universe, che ha incassato più di tutti da Avatar in poi, rivoluzionando il concetto di blockbuster e di continuity cinematografica).
Mentre dirige il live action de Il Re Leone, Jon progetta la nuova serie TV ambientata nel mondo di Guerre Stellari. Conscio del campo minato sul quale si muove, e date le reazioni contrastanti verso i film della nuova trilogia, Favreau realizza una serie essenziale, dove l’universo, o meglio la galassia di Star Wars fa da sfondo perfetto a delle trame che non hanno nulla di particolarmente innovativo, ma hanno il pregio di amplificare e valorizzare alcuni aspetti dell’immaginario creato da George Lucas.
The Mandalorian è stata vista come una serie western, e non è affatto sbagliato considerarla tale. Per lo sfondo, si è fatto riferimento ad uno dei più sperduti pianeti della galassia, Tatooine, deserto e selvaggio, con avamposti malfamati come Anchorhead e Mos Isley, saloon dove le sparatorie sono la norma, e il tutto animato da una fauna di alieni, cacciatori di taglie, disperati e sette segrete di guerrieri. E, soprattutto, l’ombra dell’Impero, che vuole rinascere creando un Nuovo Ordine.
La serie è infatti ambientata tra la fine dell’Impero Galattico dell’imperatore Dart Sidious/Palpatine e la nascita della Nuova Repubblica. Ma le storie sono ambientate, come detto, ai confini della Repubblica, dove la legge non può sempre arrivare in tempo. Da qui il richiamo ai western, alla frontiera e ai Gunslinger, i pistoleri assoldabili per missioni pericolose e magari illegali.
In questo scenario si muove a suo agio ‘Mando’, diminuitivo di ‘Mandaloriano’, un guerriero membro di una setta che segue una propria ‘via’ filosofica’. Mando indossa un casco che non toglie mai, e un’armatura protettiva che gli permette di uscire indenne da cruenti scontri a fuoco e rabbiosi corpo a corpo, è un professionista della guerra, e può essere assoldato per qualsiasi genere di incarico. La ‘Gilda’, un’organizzazione di cacciatori di taglie, gli affida un contratto: rapire un bambino e consegnarlo al cliente senza fare domande.
Il bambino, però risulta essere una sorta di Jedi in erba: somiglia come una goccia d’acqua a Yoda, e ne possiede anche i poteri. Potrebbe essere una sua reincarnazione? Comunque sia, Mando porta a termine la missione, per poi pentirsi di averlo consegnato. Il cliente in questione fa parte di un’organizzazione volta a rifondare l’Impero, ed ha soldati che girano vestiti e armati come i classici Stormtrooper.
Il Mandaloriano tradirà il proprio contratto, salvando il bambino alieno, e dedicherà le sue forze alla salvezza del suo protetto. Il bambino lo ripagherà salvandogli la vita in più occasioni, usando il potere della Forza.
Una storia semplice, lineare: ogni episodio della serie di The Mandalorian è anche una storia a sé stante, nello stile dei telefilm anni ’80, e dove in genere i buoni riescono alla fine a prevalere sui cattivi. La formula funziona anche grazie ad un cast davvero interessante. L’inossidabile Gina Carano interpreta Cara Dune, ex soldato, ora mercenaria, che sposerà presto la causa del Mandaloriano. Carl Weathers (indimenticato Apollo Creed del franchise di Rocky) è Greef Karga, capo della Gilda, un fin troppo evidente richiamo a Lando Calrissian (vedi Episodio V: L’impero colpisce ancora, e ricomparso in Episodio IX), ovvero il personaggio ambiguo che inizialmente gestisce il potere a dispetto di tutto, salvo poi schierarsi dalla parte dei buoni.
Il leggendario regista Werner Herzog ha un cameo nei panni del ‘cliente’, ovvero l’agente dell’Impero che vuole la vita (e sicuramente i poteri) del baby Jedi. Nella versione originale, poi, il doppiaggio del simpatico droide cacciatore IG-11 è affidata a Taika Waititi, altro talento eclettico, attore e regista (dirigerà anche un episodio della serie). Il personaggio principale, infine, il Mandaloriano Din Djarin, è affidato a Pedro Pascal, volto noto soprattutto per gli amanti delle serie TV: è stato infatti il principe Oberyn Martell ne Il Trono di Spade.
Favreau, con il suo gruppo creativo, ha dimostrato una verità essenziale. L’universo di Star Wars è una miniera di idee e situazioni, che possono essere ben sfruttate (vedi l’ottima serie animata The Clone Wars) senza la necessità di ricorrere pedissequamente al solito ‘effetto nostalgia’ e ricalcando trame ormai usurate, come nel progetto di J.J. Abrams, e senza stravolgerne inutilmente i canoni, come ha provato a fare Rian Johnson in Episodio VIII: gli ultimi jedi, fallendo clamorosamente nell’intento.
The Mandalorian è esattamente come dovrebbe essere una serie di Star Wars prodotta dalla Disney: un intrattenimento che tenga conto delle esigenze dei bambini, con un occhio agli adulti e l’altro all’avventura. Il tutto realizzato con una qualità impeccabile e personaggi accattivanti, che rendano desideroso il pubblico di assistere ad altre avventure del cacciatore di taglie dal cuore d’oro.