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The guilty – la recensione del nuovo film con Jake Gyllenhaal

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A partire da questa estate svariati media hanno posto molta enfasi su un progetto filmico in uscita in autunno, promuovendolo e incrementando pathos e attesa attorno ad esso. Il film in questione è The guilty, diretto da Antoine Fuqua (Training day, Southpaw, The equalizer). La pellicola, un thriller dalle venature poliziesche, dura novanta minuti. La sceneggiatura è stata curata da Nic Pizzolatto (True detective), e protagonista indiscusso del lungometraggio – nonché quasi l’unico attore visibile nel corso del film – è Jake Gyllenhaal. La distribuzione è stata gestita da Netflix, che ha reso disponibile il film nel suo catalogo a partire dallo scorso primo ottobre.

The guilty

La trama del film

Joe Baylor (Gyllenhaal) è un ufficiale della polizia di Los Angeles. A seguito di un imprecisato misfatto commesso in servizio mesi prima, Joe è stato relegato al turno notturno del frustrante call center del 911. Il giorno successivo si terrà un processo che, in caso di esito positivo, lo riabiliterà al tanto agognato lavoro sul campo. La notte si fa particolarmente impegnata quando un grosso incendio colpisce l’area metropolitana di Los Angeles, causando un susseguirsi di telefonate al 911. Lo stress di Joe è palpabile: l’angoscia per il processo si somma alla frenesia del susseguirsi di telefonate, ed è inoltre acuita dalle difficoltà con l’ex moglie e dalle telefonate indesiderate di una petulante giornalista che gli chiede la sua versione dei fatti rispetto all’incidente accaduto mesi prima. Joe appare brusco, scontroso e frustrato, difficilmente entra in sintonia con gli anonimi colleghi ed è perennemente monitorato dal suo capo.

La notte però assume una piega inedita quando Joe riceve una telefonata, una richiesta d’aiuto non inerente all’incendio. Una donna, Emily, lo chiama da una macchina in fuga che corre sull’autostrada. Emily lascia intendere di essere stata rapita mentre parla a telefono con il poliziotto, fingendo di parlare con la figlia Abby per non destare sospetti nel rapitore che si trova di fianco a lei. Joe prende a cuore la richiesta d’aiuto e si impegna per salvare la donna e sorvegliarne i figli, i piccoli Abby e Oliver, rimasti soli in casa. Tutto però sembra opporsi alle intenzioni di Joe: i suoi superiori, la polizia stradale, il codice e le convenzioni operative e, non ultimi, i rallentamenti causati dall’incendio. Mentre tenta di salvare Emily, un’insospettabile svolta cambia la prospettiva di Joe, sia a proposito dell’indagine che relativamente alla propria vita.

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La produzione di The guilty

La produzione del film di Fuqua si è sviluppata nel novembre dello scorso anno, in pieno contesto pandemico statunitense. Fortunatamente, le modalità narrative della storia hanno permesso che si procedesse con la messa in atto del progetto. Infatti, un solo protagonista, Joe, si erge all’attenzione del pubblico ed è l’unico visibile, mentre degli altri personaggi principali gli spettatori sentono solo le voci al telefono, non c’è un contatto fisico tra gli attori. In questo spirito di isolamento obbligato del protagonista, lontano da tutti gli altri personaggi e relegato alla scrivania del call center, il film è direttamente figlio del tempo in cui è stato prodotto. Anche nelle modalità realizzative però il film ha risentito del contesto pandemico: Antoine Fuqua, infatti, entrato in contatto con un soggetto positivo a Covid-19 nei giorni precedenti le riprese, ha diretto il film “a distanza” da un van contenente schermi collegati alle macchine da presa.

The guilty

La sceneggiatura di The guilty

Il film propone una struttura curiosa, che forse al pubblico ricorderà il precedente Locke di Steven Knight: la narrazione si sviluppa in corso d’opera per mezzo di telefonate tramite cui il protagonista, isolato, interagisce con i personaggi. In Locke era un’automobile, qua la scrivania di un call center; là gli interlocutori erano moglie, amante, collega, capo e figli, qua sono ex-moglie, superiori, colleghi e vittima. E, come per la pellicola di Knight, anche qua tra le voci dei co-protagonisti spiccano interpreti di tutto rispetto: tra gli altri, Ethan Hawke, Paul Dano e Peter Sarsgaard. La macchina da presa non può far altro che focalizzarsi sul protagonista, unico personaggio principale fisicamente presente sullo schermo, mentre la vicenda si sviluppa grazie alle parole dei co-protagonisti. Se margine d’azione limitato è concesso alla regia, la sceneggiatura ha più modo di spaziare, fino a determinare in effetti il valore del film nella sua interezza.

La scrittura è scorrevole, i colpi di scena – per quanto, forse, lievemente prevedibili – sono ben studiati e riescono nell’intento di colpire lo spettatore, rafforzando la natura thriller della pellicola a dispetto di quella poliziesca. Tuttavia, la qualità della sceneggiatura non è da considerarsi un merito a tutto tondo. È strettamente opportuno tener presente, infatti, che con il film di Fuqua ci troviamo di fronte ad un remake, nello specifico il remake del film danese Il colpevole – The guilty (Den skyldige), di Gustav Moller con Jakob Cedergren, del 2018. A differenza di altri remake, la versione di Fuqua non si discosta minimamente dall’originale, soprattutto al livello della sceneggiatura (arrivando a mantenere immutati addirittura i nomi di alcuni personaggi). Laddove perciò il film statunitense risulti brillantemente scritto, il merito è da ritrovarsi nella sceneggiatura dell’originale danese, che riporta i medesimi colpi di scena.

The guilty

Ciò in cui il remake si differenzia necessariamente dall’originale è l’interpretazione del protagonista, Jake Gyllenhaal, in questo caso anche produttore del film. Nonostante risulti talvolta lievemente sopra le righe, la performance di Gyllenhaal può comunque costituire una nota di merito nell’economia complessiva della pellicola. L’attore non rifugge mai la macchina da presa, che lo tallona per l’interezza del film, ma anzi la accoglie e le offre un’interpretazione studiata, millimetrica, costituita da un’altalenanza di emozioni che si alternano sullo schermo. Non era la prima volta in cui l’attore collaborava con il regista: i due avevano già lavorato assieme per Southpaw, dove, ancora una volta, Gyllenhaal era protagonista. Se anche in quel caso la sua performance era stata degna di lode, nel caso di The guilty è sostanziale e necessaria: conferisce struttura e organicità al film riempiendo lo schermo senza mai risparmiarsi, risultando solo a tratti sovrabbondante.

PANORAMICA

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

The guilty è un film del 2021, remake dell’omonimo film danese del 2018. Thriller di stampo poliziesco, il breve film cattura lo spettatore e lo immerge nella narrazione di un’indagine ritmata e densa di colpi di scena. Purtroppo, molti dei meriti del film sono rintracciabili già nel precedente danese, motivo per cui, come spesso accade per i remake, la pellicola rischia di non brillare per originalità. Tuttavia, questa versione risulta acutamente e sapientemente portata a termine, anche grazie all’interpretazione dell’attore protagonista.
Eleonora Noto
Eleonora Noto
Laureata in DAMS, sono appassionata di tutte le arti ma del cinema in particolare. Mi piace giocare con le parole e studiare le sceneggiature, ogni tanto provo a scriverle. Impazzisco per le produzioni hollywoodiane di qualsiasi decennio, ma amo anche un buon thriller o il cinema d’autore.

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