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La brava moglie – recensione della commedia con Juliette Binoche

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Avere un materiale d’ispirazione fecondo ed un’attrice di enorme talento come Juliette Binoche, come accade ne La brava moglie di Martin Provost, non autorizza a dimenticare il controllo e l’attenzione sullo sviluppo di un film, nè giustifica sporcature di natura e forzature di risultato.

Eppure nonostante slanci, vitalità, attenzione all’ambientazione e carisma interpretativo ben sparso, l’ultima fatica di Provost, da sempre promotore di un particolare sguardo sensibile sul mondo femminile, non convince.

La brava moglie

La brava moglie – Trama

Siamo nel maggio del ’67, all’alba del fermento culturale sessantottino, con Parigi assediata ed invasa da stormi di studenti in rivolta contro la morale sociale e politica del tempo, pronti ad ogni gesto simbolico e non di cui la radio infervorata offre giornalmente cronaca. In un paesino poco fuori la capitale si prepara per l’inizio di un nuovo anno accademico la scuola di economia domestica dei coniugi Van der Beek che educa le giovani fanciulle a divenire ottime mogli per i loro futuri mariti.

Sotto la direzione della signora Paulette Van der Beck (Juliette Binoche), precisa, elegante, sempre puntuale e mai fuori posto, con l’aiuto della bizzarra cognata Gilberte (Yolande Moreau) e della scatenata Suor Marie Therese (Noemi Lvovsky), le ragazze vengono accolte tra le mura di un collegio lindo e pinto, dove si respira ancora un impavido, ovattato, ma non del tutto becero, patriarcato. Tra le materie insegnate cucina, rammendo, igiene personale, portamento, religione e savoir-faire, analisi dei modi di comportamento con l’uomo che si ha per consorte e con il resto della società a seconda del luogo, della circostanza, del censo e della necessità.

La brava moglie

Ma tra le future brave mogli sedute nei banchi vige lo stesso sentore di libertà che contemporaneamente affolla le strade parigine e quando il fondatore Robert Van der Beck, unico uomo dell’istituto, nonché marito di Paulette con ben più di un vizio rinchiuso nell’armadio del ben pensare, muore improvvisamente, il destino della scuola cambia completamente.

La novella vedova, si trova in mano le redini di un edificio indebitato fino al collo e di una conseguente attività fallimentare, un manipolo di studentesse recalcitranti alla disciplina vecchio stampo, pronte a rivendicare per se stesse nuove libertà personali, lavorative e sessuali, una famiglia divisa e confusa che non sa da quale parte della storia andare a sedersi ed un antico amore per un uomo mai dimenticato che potrebbe capovolgere irrimediabilmente e definitivamente la sua vita. Quasi scontato immaginare come andrà a finire.

La brava moglie – Recensione

La brava moglie, nella sua prima parte, ha dalla sua la capacità di immergerci in un mondo che sfiora il rosa-confetto, dove la massima aspirazione femminile può essere quella di spannolinare a dovere un neonato, di inclinare correttamente la brocca del tè se ci si trova a doverlo servire di fronte a qualche importante personalità, di cucinare un’omlette rigorosamente svolazzandola in padella da entrambi i lati o di adempiere al proprio dovere coniugale con lo stesso entusiasmo con cui si sbucciano le patate, assecondando una controparte ben poco attraente, di cui abbiamo già conosciuto gli ordinari desideri di trasgressione tramite foto di fanciulle parzialmente svestite, gocci di alcool fuoripasto e traffici più o meno nascosti nello studio privato.

Eppure in questa tranche iniziale la commedia mantiene una vitalità sana, un ritmo godibile, una verve comica e gentilmente anacronistica rispetto all’occhio spettatore contemporaneo, che probabilmente poteva benissimo ignorare anche solo l’esistenza di istituti deputati a tal genere di insegnamenti. Qui la brava moglie nutre e mantiene la sua buona cornice introduttiva, cui fanno da contraltare le notizie, nel frattempo blandamente disseminate, del fermento studentesco parigino o i flash di intraprendenza serpeggianti tra le fila delle neo-allieve.

Tra credenze, tradizioni maschiliste, insofferenze, limiti auto-imposti ed etero-imposti, è il buon destino, lo stesso che lavora per ogni happy ending, a mettere sulla strada di Paulette e delle sue ragazze la possibilità di cambiamento. Alla morte del signor Van der Beck segue la rivoluzione copernicana di cui prima si pre-sentiva appena l’odore. I ruoli cominciano ad essere messi in discussione, ciò che competeva solo “all’uomo di casa” ora si riversa nelle mani di una donna, chi si credeva sordo a certi discorsi si scopre averli, invece, ascoltati profondamente, o esserne parte da sempre: la giustizia per una testa femminile deve essere conquistata, non è un dato di fatto.

Ma è proprio questo precipitare degli eventi, o meglio lo sviluppo del conflitto che ne La brava moglie risulta un po’ squilibrato, con eccessiva poca resistenza si giunge a risultati cui, data l’impreparazione presentata a monte, non si poteva verosimilmente aspirare. Manca elasticità nella frana della vecchia struttura, con effetto domino troppo poco sudato e molo predestinato.

La brava moglie

La commedia si annacqua in una seconda parte abbastanza dilagante, perdendosi dietro tante cose diverse, troppe da tenere insieme con la giusta cautela ed attenzione: una storia d’amore guarda caso salvifica, personalmente ed economicamente, che aveva atteso esattamente il tempo necessario per poter ri-dichiararsi con successo e vincere la sfida, un cambio di mentalità che è più un abiura che una maturazione, una tematica di amore proibito tra due studentesse facilmente introdotto e facilmente aggirato verso la felice concessione, il turbamento del primo incontro sessuale presto fatto, presto scandalizzato e presto dimenticato, la decisione di andare a Parigi, in un periodo di rischiosi scontri civili per partecipare ad una salone di economia domestica ma con menti, corpi, destini ed intenzioni future totalmente diverse. Tanti traguardi tutti ugualmente raggiunti sulla base di un debole conflitto.

La brava moglie

Il viaggio finale, sorta di iniziazione delle donne tutte, giovani e meno giovani, verso un mondo più libero e consapevole, è tradotta in un musical finale, stile bollywood, che strappa la quarta parete, spiazza la sospensione della credulità, e a fronte della carica rivoluzionaria pensata assomiglia ad un manifesto didascalico della donna futura. Risuonano così concetti stra-noti, messi in rime improbabili, rinchiusi in movimenti anch’essi non particolarmente armonici, sulla via di Damasco-Parigi la quale, al pari della capitale siriana della Bibbia, si presenta come illuminazione collettiva, più cerebrale che digerita.

Una chiusura, dunque, più simbolica che altro, che resta poco efficace, insistita, e viaggia tra la sfiancatura e l’imbarazzo, probabilmente pensata come contrappeso a quei sette pilastri che fondano l’ideologia della brava moglie inizialmente enunciati da Paulette attraverso i quali tutto si descrive fuorchè una donna libera e felice.

La brava moglie vanta un’ottima location, la cui luce ricostruisce più volte l’avvisaglia del tepore estivo che ha risvegliato le coscienze sessantottine. Gli spazi sono ricreati con grazia e dovizia di particolari; allo stesso modo i costumi (per i quali Madeline Fontain ha ricevuto il César), e segnaliamo l’ispirato accento sui memorabili quadretti in cui sono illustrati i vari passaggi secondo cui apparecchiare, stirare, dedicarsi alla propria igiene o alla cura del bambino, sorta di libretti d’istruzioni espressamente pensati per il genere femminile, ovviamente tarati sulla comprensione di un bambino.

La brava moglie

La brava moglie – Cast

Mantiene a galla il film l’interpretazione cardine della Binoche, divertita nelle pose perfette da maitresse delle buone maniere, seria e passionale, amabilmente sopra e dentro le righe, a suo agio nei tailleur alla Jackie Kennedy così come nei nuovissimi e scandalosi pantaloni che le restituiscono la sua personalità più vera: donna ed artista a tutto tondo, madre indipendente di figli avuti con uomini diversi, mai sposa ma libera amante.

Accanto a lei l’energia incontenibile ed opposta della Moreau (Il favoloso mondo di Amelie, Louis-Michel) sorniona e magnetica e della Lvovsky mascolina e sprezzante.

Tra le giovani educande spuntano anche gli occhi svegli e spalancati di Anamaria Vartolomei, che l’anno successivo sarà a Venezia con L’evenement, Leone d’oro 2021.

La brava moglie, al netto della godibilità e dell’impegno nel cercare di fornire un humus meno edito al solito coro storico femminista, semplifica troppo se stesso durante il tragitto, non mira a stratificare o a lasciare aperte strade o dubbi, ma vola al risultato, alla pace fatta, al gap colmato, alla guerra dichiarata del sesso debole sul sesso forte: come ci si è arrivati a farlo, è più detto che vissuto.

Così la commedia perde parte di spessore, a volte di credibilità (specie nel finale musicato) e dalla tematica, meritoria di attenzione, volenti o nolenti, si allontana l’attenzione.

Trailer

PANORAMICA

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

All'alba del '68 parigino, la scuola di economia domestica dei Vand der Beeck che prepara le giovani mogli ai loro futuri mariti è sconvolta dalla morte improvvisa del suo direttore. La vedova Paulette prende in mano le redini ed inizia una rivoluzione copernicana. Commedia vitale dai buoni intenti, più debole nella seconda parte in cui pecca di lucidità nello sviluppo del conflitto, indulge sulla comprensione di troppi aspetti problematici senza approfondirli e sprofonda in un finale a sorpresa che vorrebbe esaltare, ma crea didascalia. Salvano le interpretazioni e l'ambientazione.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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