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When You Finish Saving the World – Il debutto di Eisenberg alla regia

When You Finish Saving the World Trama

When You Finish Saving the World trama: Evelyn (Julianne Moore) è impegnatissima nel centro in cui accoglie donne vittime di violenza con relativa prole: né è la direttrice e il lavoro sembra essere la sua famiglia; Ziggy (Finn Wolfhard) è suo figlio adolescente e fa dirette streaming in cui con chitarra e easy-voice condivide canzoni scacciapensieri con circa ventimila follower sparsi nel mondo: essere influencer musicale sembra essere la sua famiglia.

Il padre Roger (Jay O. Sanders) in mezzo a questi due vettori di maldestra indifferenza legge libri, articoli e osserva questo funambolico via-vai. Madre e figlio sono due mondi opposti e pare abbiano perso ogni contatto reale o minima intesa.

When You Finish Saving the World
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Le cose cambiano quando Ziggy si innamora di Lila (Alisha Boe) una studentessa coetanea, molto impegnata politicamente: per entrare nel suo universo con la disinvoltura delle sue canzoncine, ha bisogno di contenuti che gli mancano e chiede consiglio alla madre, ma la donna non sembra dargli ascolto in questo senso.

Evelyn infatti si focalizza su Kyle (Billy Bryck) figlio di una donna ospite della sua comunità, in cui vede doti e modi da brillante studente e decide di salvarlo a tutti i costi dal futuro anonimo e di bassa lega che le sue condizioni gli offrirebbero: ma quel figlio sfortunato, non è il suo.

When You Finish Saving the World

When You Finish Saving the World Recensione

Come tornano ad intercettarsi genitore e figlio in quel viaggio tortuoso e misterico che è l’adolescenza, vissuta con i ritmi e gli strumenti indiavolati ed oscuri di oggi? Tratto dal suo omonimo audiodramma autobiografico, Jesse Eisenberg con When You Finish Saving the World, presentato al Sundance Festival 2022 e in apertura della Settimana della Critica di Cannes, debutta alla sua prima regia e ci regala un ritratto familiare, tra commedia e dramma, con un umorismo ed una sincerità di fondo magnetici e molto gradevoli.

Il suo approccio è onesto e specifico, leggibile in modo bidirezionale: la difficoltà di una madre a rapportarsi con il proprio figlio, a parlare la sua stessa lingua, a capacitarsi che il tempo cambia e l’infanzia magica lascia il posto ai difficili quindici anni.

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Ma anche il racconto degli ostacoli di un adolescente che sguazza nella sua nuova identità e tenta di convincere della sua giustezza la propria madre, pur sapendo di provenire da un altro pianeta e di avere molte meno armi a disposizione.

Andare coi piedi di piombo o scatenarsi in severità e mutismo, snobbare l’incapacità o andarci incontro, esaltare l’effimero o ignorare la dimensione adolescenziale sottostimata, sottovalutata, ma oggi anche scontata e iperprotetta.

When You Finish Saving the World

Presa di coscienza del gap generazionale

Dove si posiziona il difficile anello di congiunzione tra ieri e adesso: è una controversia sempre aperta e il compromesso spesso appare utopico, difficile da concretizzare perchè si passa attraverso una presa di coscienza individuale che appare difficile a qualunque età. Il gap generazionale non è mai sembrato essere cosi oscuro come in questi anni ed i modi per sublimare tale distanza sono molti, inequivocabili e spesso sbagliati o non necessari.

Ziggy si butta a capofitto nella rete, nel suo pubblico virtuale, relegando a quel plauso immateriale il proprio valore di persona, tanto da presentarsi così alla ragazza che ama, come un influencer da 20 kappa, al pari di una merce.

When You Finish Saving the World

Dall’altra parte Evelyn tenta di redimere e salvare tutti quelli che le chiedono aiuto, ma non riesce ad empatizzare e ad essere pienamente felice con chi ha intorno: dal marito silenzioso, sornione e laconico, al figlio, che le assomiglia per energia vitale e combattiva ma non è la sua copia, ha altri interessi, appare diverso, troppo poco consapevole, pieno di un’irresponsabilità o futilità immeritata ed indecifrabile, tutta tipica delle ultime generazioni.

Silenzi e mood opposti, per indoli apparentemente antagoniste; posizioni a chiasmi e tentativi goffi di prendersi cura di oggetti che non sono nelle corde dei due protagonisti: lui non vede la differenza di punto di vista di chi fa politica non di chi la usa come strumento per ottenere altro; lei non vede i limiti e la volontà reale di un ragazzo che non è il prototipo di universitario geniale che lei crede di aver incontrato (Kyle) o di aver messo al mondo (Ziggy).

Stile e sicurezza dietro la macchina da presa

Eisenberg mette insieme questa mancanza di comunicazione con classe e tatto, incorniciando una serie di coincidenze mancate e di equivoci intimamente crudeli che raccontano e rendono l’idea molto più di tanti saggi di genere. C’è uno stile ed una sicurezza personale che denotano una testa dietro la macchina da presa, un carattere in germe autoriale, una soggettiva non banale, elegante, intelligente, attenta a trasmettere il particolare, non l’universale.

Non c’è un’unica via che non sia quella dell’amore, perché a questo si torna: il figlio di madre vittima torna dalla madre; il figlio di madre distratta dalla sua; la madre distratta, da quel bambino che non è più bambino ed ora è un oggetto tremendo, bellissimo, ma sempre parte di lei, suo specchio di scomoda verità.

Sono tutte manovre di accettazione di se stessi a distanza di tempo, dell’io bambino che di fatto non era così diverso dall’io semiadulto che abbiamo di fronte, a sua volta non così alieno rispetto alla maturità adulta che ci portiamo sulle spalle.

Ziggy possiede l’ostinazione geniale e scoordinata che Evelyn aveva alla sua età; Kyle ha la stessa cura protettiva che la madre mette nelle parole a lui riservate, altrimenti come sarebbe cresciuto così.

Le dinamiche familiari sono affascinanti ed imprevedibili, riguardano tutti, in modi a volte espliciti a volte impliciti e When You Finish Saving The World ricorda a chi guarda di non perdersi la coscienza dell’incoscienza e di non giudicare a priori da un solo punto di vista proprio chi è accanto a noi non per scelta ma per destino.

When You Finish Saving the World

I dialoghi misurati, in linea con il carattere dei personaggi sono immersi in un’atmosfera autunnale, in colori caldi che non faticano a scaldare i rapporti di parentela, ma abbracciano lo sguardo.

When You Finished Saving the world Cast

Julienne Moore super-madre ipercomprensiva verso le debolezze altrui, ma non verso quelle di suo figlio, schermata da grandi occhiali che la irrigidiscono, ma non ne frenano gli attacchi di empatia scomposta che le affiorano in viso e diretti a chi non riesce ad amare come dovrebbe.

When You Finish Saving the World

Finn Wolfhard ha una presenza scenica fin troppo disinvolta, a metà tra un soggetto-oggetto di tik tok o di un self tape, diretto, schietto, scoordinato ed improvvisamente tenero, nella media di chi ha i suoi stessi anni, mantiene molto alti i ritmi dialogici evidenziando ancor più la differenza di velocità con gli antagonisti, i “grandi”.

Appena hai finito di salvare il mondo, così suonerebbe l’ironico titolo una volta tradotto in italiano. Appena hai finito di salvare le donne di tutto il mondo o di far divertire i quindicenni annoiati su internet. In quel momento, fermati e guardami: i cambiamenti vanno assimilati pian piano, altrimenti si può diventare improvvisamente stranieri reciproci o ingiusti nemici.

Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Evelyn salva donne nel suo centro antiviolenza; Ziggy suo figlio adolescente ha 20 cappa di follower con le sue canzonicine su internet. Madre impegnata, figlio influencer, sembrano antipodi, come si riconciliano? Eisenberg alla sua prima regia con una commedia drammatica familiare lascia un sapore piacevole e riconoscibile. Dialoghi non banali, sospesi intelligenti, personaggi chiari ed approfonditi, per una riflessione sul non scontato rapporto madre-figlio nell'epoca indecifrabile dei social e delle aspettative genitoriali disilluse.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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