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Nyad – Oltre l’oceano: la recensione

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Nel 2019 il documentario Free solo di Elizabeth Chai Vasarhelyi e Jimmy Chin ottiene un insperato successo di critica e di pubblico, accaparrandosi l’ambita statuetta dorata per la sua categoria agli Oscar di quell’anno. Quattro anni dopo, la documentarista Vasarhelyi torna a collaborare con il collega e atleta Chin per la realizzazione del loro primo fictional movie. Il risultato che ne consegue è Nyad – Oltre l’oceano, che per quanto non documentario trova comunque le fondamenta nel reale. Il film è infatti un biopic – o film biografico, per esteso – a tema sportivo. La vicenda porta sul grande schermo gli ultimi gloriosi anni di carriera della nuotatrice maratoneta Diana Nyad, e i vari tentativi che hanno portato all’agognato raggiungimento della sua formidabile impresa. 

Scritta da Julia Cox, la pellicola (121 minuti di durata) si appoggia sul romanzo biografico Find a day redatto dalla stessa nuotatrice. Distribuito ufficialmente da Netflix, la piattaforma ha accolto il prodotto nel suo catalogo a partire dallo scorso 3 novembre. Le due interpreti principali, le sempre magistrali Annette Bening e Jodie Foster (nell’ordine nei panni dell’atleta e della sua coach/migliore amica), si sono guadagnate con le loro performance in questo film le nomination ai prossimi Academy Awards, rispettivamente nelle categorie di Migliore Attrice e Miglior attrice non protagonista

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Nyad – Oltre l’oceano: la trama del film

Diana Nyad (Annette Bening) sembra non dar peso al tempo che scorre. Alle spalle ha una carriera gloriosa di record e imprese reputate impensabili, la sua attualità è punteggiata da amici, ammiratori e quotidianità agiata. Si è assestata in un presente da giornalista sportiva, trascorre le proprie giornate a parlare dei suoi prodigiosi trascorsi ai pubblici di tutto il mondo, agli sconosciuti e anche ai conoscenti che quelle storie, ormai, sembrano conoscerle fin troppo bene. L’unica che pare resistere ai suoi frequenti exploit di egomania è Bonnie (Jodie Foster), sua migliore amica da innumerevoli anni. Bonnie la conosce meglio di chiunque altro, le sta al fianco e le dedica attenzioni. Tutto sembra scorrere dunque placido nella sua statica quotidianità, fino allo scoccare dei sessant’anni. A quel punto, unidea che pareva da tempo abbandonata torna ad impossessarsi della mente della sportiva

Diana non riesce a non pensare all’unica impresa che in cuor suo avrebbe voluto veramente affrontare e vincere: la traversata a nuoto dei 177 chilometri che separano Cuba dalla Florida. Così, poco dopo il suo sessantesimo compleanno, la nuotatrice sceglie di tornare in campo (o meglio, in acqua). Durante i mesi di allenamento a cui va incontro per rimettersi in carreggiata, quell’idea si fa strada, non la abbandona mai, diventa ossessione. Nyad sa di essere l’unica a potercela fare, sa di doverci riuscire. Nonostante i trascorsi, nonostante l’età e gli ostacoli insiti nell’impresa. Le difficoltà concrete si uniscono al difficilissimo carattere dell’atleta (che si rende insopportabile a tutta la sua squadra) nel far diventare tutto più complicato. Questi fattori mettono a repentaglio la riuscita della missione, che al quinto tentativo dopo quattro anni di sforzi sembra diventare un traguardo irraggiungibile. 

Vasarhelyi e Chin si dedicano al fictional, ma il documentario ancora c’è (e si vede)

Con Nyad – Oltre l’oceano, Vasarhelyi e Chin effettuano il passaggio dal rodato documentario al mondo fictional, narrativo. La migrazione, però, è quantomeno temperata, e i due registi finiscono per non discostarsi molto dalla modalità documentaristica. Questa rimane, iper-presente, in una molteplicità di fattori costitutivi della pellicola. Pseudodocumentaristica è la scelta del genere, quello del film biografico sportivo, che sembra vertiginosamente prossimo a quello del loro successo precedente costituito dall’esperienza di Free solo (2018). Non lontana alla modalità documentaristica è anche la scelta in termini visivi dell’andamento narrativo, punteggiato dall’inserimento di immagini e contenuti video di repertorio della vera Diana

In definitiva, è lecito affermare che anche la modalità narrativa segue un andamento pressoché documentaristico. O, per dirla in modo meno edulcorato: il film si limita a raccontare quello che è successo, senza aggiungere né togliere niente. Nel farlo, Nyad – Oltre l’oceano fatica a piegare certe opportunità della diegesi a proprio vantaggio, e al contempo tenta di giocare con alcuni elementi propri della temporalità  e della narrazione cinematografica – come i flashback e le rimonte – riuscendoci però solo in modo decisamente maldestro. Proprio i flashback, nello specifico, sono gestiti in modo quantomeno piatto: si dispiegano quasi ogni volta che il personaggio entra in acqua – e quindi, data la natura del film, eccessivamente di frequente – impostandosi su una fotografia ultra-luminosa, quasi favolistica, che non rispecchia il tono di ciò che essi stessi comunicano. 

I personaggi monodimensionali di Nyad – Oltre l’oceano

Purtroppo, anche il modo in cui vengono delineati i personaggi non sembra tanto meno maldestro rispetto a quello con cui viene gestito l’andamento narrativo. I protagonisti di Nyad Oltre l’oceano, a visione ultimata, risultano a dir poco monodimensionali. Per ognuno la scrittura e la regia si focalizzano su un singolo aspetto, senza minimamente tentare di portare sullo schermo personaggi sfaccettati, umani, che sia gradevole osservare e con cui sia facile empatizzare. Della protagonista, col volto di Annette Bening, percepiamo quasi unicamente l’esagerata e fastidiosa egomania, la pienezza di sé, che anziché renderla un’anti-eroina eccede fino a farla diventare un personaggio direttamente sgradevole. Similmente, della Bonnie di Jodie Foster percepiamo solo il suo essere appendice della nuotatrice. Grintosa, certo, a tratti intrepida, ma pur sempre appendice. 

Il suo personaggio altro non è che una sorta di assistente che gioca con Nyad a fare da suo contraltare, da sua voce della razionalità, finendo per diventare però solo un mesto zerbino motivatore. Si delinea così un personaggio tristemente piatto, che senza mai tentare un guizzo di profondità o spessore ricopre i confini del suo ruolo narrativo di aiutante e nulla più. Allo stesso modo, il Bartlett di Rhys Ifans, navigatore esperto, si imposta come unica voce capace di ergersi in opposizione a quella – totalizzante – della protagonista. Anche lui però, in uno sfogo conclusivo di buonismo, finisce per attenersi ai voleri della nuotatrice una volta portata in fondo (più o meno a dovere) la sua funzione narrativa. 

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Due interpreti d’eccezione per due personaggi tutt’altro che eccezionali

Dell’assetto filmico nella sua interezza, è lampante che le interpretazioni delle due protagoniste – dei tre protagonisti, volendo includere anche Rhys Ifans – siano forse l’unica componente salvabile. Questo, però, non è sufficiente a giustificare le nomination all’Oscar. Men che meno sufficiente, anzi, se si tratta di performer eccellenti del calibro di Bening e Foster, che pur salvando il film in questione (e senza voler menzionare la strabiliante e lunghissima preparazione fisica che ha coinvolto Bening) recitano comunque a meno della metà delle loro capacità prettamente interpretative. I registi provano dunque ad aiutarsi con attrici di primissimo ordine – e con, non dimentichiamo, una colonna sonora altrettanto squisita -, ma l’effetto del film resta quello di un prodotto statico, piatto, mai coinvolgente. 

Resta giusto lo spazio di una rapida nota a margine. Data l’onestà documentaristica riportata nell’approccio dei registi, stupisce (e non certo in positivo) che nel film non venga mai menzionato un piccolo ma sostanziale dettaglio: ad oggi la traversata di Diana Nyad non è ancora stata certificata per mancanza di alcuni dati tecnici, e il record risulta ancora inesistente. L’American dream sembra dunque voler vincere su tutto, a qualsiasi prezzo, anche a discapito della veridicità pseudodocumentaristica a cui Vasarhelyi e Chin sembrano voler aderire così veementemente

PANORAMICA

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Nyad - Oltre l'oceano, nel voler eccellere in quanto a fedele biopic sulla strabiliante atleta eponima, perde di vista tutte le componenti che concorrerebbero a renderlo un film solido, profondo e di qualità.
Eleonora Noto
Eleonora Noto
Laureata in DAMS, sono appassionata di tutte le arti ma del cinema in particolare. Mi piace giocare con le parole e studiare le sceneggiature, ogni tanto provo a scriverle. Impazzisco per le produzioni hollywoodiane di qualsiasi decennio, ma amo anche un buon thriller o il cinema d’autore.

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