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Licorice pizza di Paul Thomas Anderson

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Dopo quattro anni di attesa dal suo Il filo nascosto (2017), Paul Thomas Anderson torna alla regia – e alla sceneggiatura – per la realizzazione del suo nono film, Licorice pizza, da lui scritto, diretto e prodotto. La pellicola, ampiamente apprezzata dalla critica e, seppur più tiepidamente, anche dal pubblico in sala, ha riscosso un parziale successo anche alla luce della complessiva stagione cinematografica in corso. L’accoglienza positiva riservata al lungometraggio è stata in parte testimoniata dalle tre nomination (a fronte delle quali, purtroppo, non è stata pervenuta alcuna vittoria) ai recenti Oscar, peraltro in categorie di primissimo piano: miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura originale. Al netto della sua prolungata ma scorrevolissima durata di 133 minuti, all’opera è stato attribuito il genere di commedia romantica, sebbene di fronte ad un prodotto di tale complessità un’etichetta di questa natura rischi di apparire inevitabilmente limitante.

Licorice pizza

La trama del film

Gli Stati Uniti sono da poco stati introdotti ai ferventi anni Settanta quando, nell’assolata Los Angeles il giovane e istrionico quindicenne Gary Valentine (Cooper Hoffman) fa la conoscenza della decisa ma più ermetica venticinquenne Alana Kane (Alana Haim). Agli occhi del ragazzo quest’ultima si tramuta subitaneamente in irraggiungibile oggetto di desiderio, se non forse, più precisamente, destinataria di una fascinazione platonica. La giovane, dal canto suo, inizialmente non condivide il sentimento con il quale Gary si interfaccia alla loro interazione ma non è capace di non farsi travolgere dall’entusiasmo del brillante ragazzo prodigio. Con il passare delle settimane Alana spegne ogni prospettiva romanticamente intesa di Gary, ma inizia a conoscerne – e ad apprezzarne – molteplici aspetti, e in breve i due da semplici conoscenti divengono intimi amici. Non trascorre molto tempo prima che, oltre a spalleggiarsi in un simbiotico rapporto d’amicizia, i due diventino soci in affari.

Ma, mentre i Seventies statunitensi si dispiegano nei loro lati più ferventi e in quelli più ombrosi, il rapporto tra Alana e Gary – nel più classico dei will they won’t they cinematografici – si tramuta presto in un tira e molla senza soluzione di continuità. Proprio mentre la ragazza, ammorbidendosi, inizia ad apprezzare lo spirito d’iniziativa dell’amico, lui lascia la presa nel rapporto con lei certo di star sprecando il proprio tempo. E, viceversa, quando lui si renderà conto dell’errore commesso il risentimento di lei si manifesterà sotto forma di glaciale e vendicativo distacco. I ritmi a cui si sviluppano le vite dei protagonisti sembrano incapaci di allinearsi, e a fasi alterne i due si confideranno, si allontaneranno e si riavvicineranno, solo per poi distanziarsi nuovamente. Ma tra successi, insuccessi, parentesi di perplessità e personaggi eccentrici, Alana e Gary riusciranno a trovare una chiave di lettura adatta alla loro relazione.

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Licorice pizza

Licorice pizza: l’ulteriore trionfale conferma del genio di Paul Thomas Anderson

Quando viene tirato in causa la firma di Paul Thomas Anderson, si può affermare con ragionevole certezza di star menzionando uno dei grandi maestri del cinema contemporaneo. Si tratta senza alcun dubbio di una delle menti più brillanti e capaci del cinema di oggi, e lo ha saputo dimostrare nel corso degli anni, per mezzo di quella che si può definire una carriera ragionevolmente giovane e qualitativamente ineccepibile, lavorando peraltro al fianco di interpreti tanto illustri quanto complicati (quali ad esempio Daniel Day-Lewis, Joaquin Pheonix, ma anche Mark Wahlberg e Tom Cruise), riuscendo pur sempre a realizzare prodotti tanto minuziosamente tecnici quando sublimi e coinvolgenti.

Raramente nella storia del cinema recente si è assistito ad un plauso tanto universale quanto quello riscosso dalle sue opere prime e seconde (il caso del suo Boogie nights), che altro non sono state se non le promettenti premesse per il susseguirsi di conferme incarnate da capolavori del calibro di Magnolia, Il petroliere, The master o Il filo nascosto – solo per citarne alcuni -, utili a dissipare ogni dubbio circa il talento di Anderson. Di fronte ad un corpus filmografico di tale portata, tuttavia, è indubbio che l’annuncio di un progetto inedito per il regista quale Licorice pizza, dal concept di stampo prettamente rom-com, abbia inizialmente stupito (se non addirittura preoccupato) il grande pubblico.

Eppure, anche in questo caso il genio di Anderson non è stato smentito, e questa ultima pellicola, a visione ultimata, appare un’ulteriore conferma della sua brillante capacità e consapevolezza cinematografica. Se Paul Thomas Anderson si avvicina al genere della commedia romantica, lo fa abbracciandone la sua tenerà genuinità e assieme rivoluzionandolo dall’interno, complicandolo, nobilitandolo, stratificandolo e, in definitiva, applicando il suo personalissimo marchio autoriale. In questo modo Licorice pizza si dispiega come un’opera che, per sua natura, al contempo rassicura e stupisce il suo pubblico. Una pellicola delicata ma verace, disillusa ma idealista, apparentemente semplice ma in realtà minuziosamente studiata.

L’attenzione e la cura di Anderson si manifesta anche – e forse primariamente – nella gestione e nella caratterizzazione dei due personaggi principali. L’autore conferisce dignità e complessità ai due protagonisti, rendendoli sin dal primo minuto molto lontani dalle spente caricature bidimensionali e stereotipate che quegli stessi personaggi sarebbero stati in mano di qualsiasi altro regista (o meglio, di qualsiasi altro autore). Il suo Gary è ben più complesso rispetto ad un mero innamorato ingenuo, e la sua Alana non si limita a collocarsi al polo opposto rispetto alla canonica eroina da rom-com: anziché scegliere la strada dell’anti-eroina traccia il percorso dell’eroina complessa, approfondita, a tutto tondo. In Licorice pizza i due protagonisti si vedono costretti a fronteggiare, per l’intera durata durata della pellicola, un sentimento platonico che – oltre che letteralmente rincorso – è manifestamente ambivalente: al contempo energico e sussurrato, disordinato e fatto di dettagli, faticoso e delicato.

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Nel loro modo di approcciarsi a questo sentimento e, più in generale, nel loro modo di stare al mondo – sebbene in un mondo diegetico che è riverbero di un nostalgico ricordo -, il travaglio interiore e al contempo la propulsione vitale che in Licorice pizza Alana e Gary affrontano li eleva sino a renderli individui viventi in valore assoluto, a prescindere dalle (tanto dibattute) età. In quest’ottica, particolarmente intelligente la scelta effettuata da parte del regista e della produzione di indirizzarsi su interpreti non particolarmente noti al pubblico: sia nel caso di Haim che in quello di Hoffman, infatti, gli spettatori si trovano di fronte ad un debutto attoriale. Performer di questo stampo, infatti, a differenza di colleghi più conosciuti e avviati, sia nella loro genuinità che nelle loro imperfezioni paradossalmente facilitano la restituzione sullo schermo di un’atmosfera di naturalezza che, indubbiamente, contribuisce ad elevare il risultato finale.

In Licorice pizza la scrittura di Anderson rende miracolosamente armonioso il dirompente scontro tra la placida stasi californiana e l’idea di un drastico cambiamento. Qualsiasi elemento nel film è permeato da un costante senso di metamorfosi, e se quelli riportati su pellicola sono anni di trasformazione per i protagonisti (a livello prettamente emotivo e relazionale) lo sono altrettanto per lo scenario in cui essi agiscono. Anderson si rivela infatti capace di intrecciare magistralmente i più svariati filoni narrativi: quello principale della commedia (commedia?) romantica, quello dello scenario storico degli anni Settanta statunitensi con annessa crisi del gas, quello degli usi e costumi, delle mode, quello della politica, quello dei retaggi e delle dinamiche familiari e innumerevoli altri ancora. Molti sono indubbiamente gli elementi in gioco, ma mai verrebbe spontaneo definirli troppi, perché paradossalmente nessun filo narrativo pesta i piedi ai circostanti.

Anzi, curiosamente, i vari filoni tematici si elevano vicendevolmente costruendo una fittissima e solida rete narrativa e, al contempo, gettando le basi per la monumentale complessità del film. Complessità che, però, sembra venir raggiunta senza il minimo sforzo, e dunque non rischia in alcuna occasione di appesantire il prodotto finale. Il trucco c’è, ma non si vede: il minuzioso e titanico lavoro di costruzione resta dietro le quinte senza far recepire al pubblico nessun tipo di gravosità, poiché il film si dispiega deliberatamente seguendo una direttrice di presunta leggerezza. Si ottiene così un prodotto finale che non è semplicemente dolce, o leggero: è un film permeato da un complessivo ottimismo di fondo, dietro cui si cela, tuttavia, una complessità pressante e mai secondaria, che investe la scrittura dei personaggi, la narrazione e la regia.

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Questo medesimo stampo si riflette inevitabilmente anche nella modalità di scrittura, sfociando in una chiave autoriale tendente alla commedia ma non priva di contaminazioni di ordine drammatico se non addirittura pertinenti alla sfera della tensione. Thomas Anderson si rivela dunque capace di muovere i fili della narrazione in modo ineccepibile, accavallando i registri narrativi senza mai creare confusione o stordimento nei propri spettatori ma anzi, sviluppando davanti ai loro occhi un densissimo nucleo concettuale quasi favolistico.

Licorice pizza

Con l’ultima opera di Paul Thomas Anderson ci troviamo certamente di fronte ad un film dalle atmosfere nostalgiche, ma limitarsi a definirlo in funzione di queste ultime penalizzerebbe il quadro complessivo della pellicola, come lo svilirebbe la semplice etichetta di rom-com. Licorice pizza è una commedia romantica nel senso più sublime dell’espressione, e in quanto tale si fa portatore di penosi travagli, tentennamenti, contaminazioni e debordanti esplosioni vitali (e perché no, anche di una punta della sopracitata nostalgia). Ma è anche cura millimetrica nella costruzione dell’immagine, estetica cinematografica impareggiabile, altalenare perfettamente bilanciato di ritmi narrativi, studio e minuziosa messa in atto della tecnica filmica ad ogni suo livello. In definitiva, oltre ad essere una conferma dello sconvolgente e travolgente talento di Paul Thomas Anderson, è anche un personalissimo e accorato monumento all’arte cinematografica nel senso più assoluto.

PANORAMICA

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Licorice pizza si presenta come una commedia romantica per poi rivelarsi, con lo scorrere del minutaggio, una ben più complessa esplorazione delle metamorfosi dei suoi protagonisti, del loro rapporto e dell'epoca in cui vivono.
Eleonora Noto
Eleonora Noto
Laureata in DAMS, sono appassionata di tutte le arti ma del cinema in particolare. Mi piace giocare con le parole e studiare le sceneggiature, ogni tanto provo a scriverle. Impazzisco per le produzioni hollywoodiane di qualsiasi decennio, ma amo anche un buon thriller o il cinema d’autore.

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