Presentato in chiusura all’ultima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, La società della neve è diretto da Juan Antonio Bayona. Tratto dall’omonimo libro di Pablo Vierci, La società della neve è stato tradotto in sceneggiatura oltre che dal regista stesso anche da Bernat Vilaplana, Jaime Marques-Olarreaga e Nicolás Casariego.
La società della neve è il terzo adattamento sul disastro aereo delle Ande avvenuto nel 1972. I precedenti erano rispettivamente I Sopravvissuti delle Ande (1976) per la regia di Renè Cardona e Alive – Sopravvissuti diretto da Frank Marshall (1992). Quest’ultimo aveva preso ispirazione dal libro scritto da Piers Paul Read, Tabù – I sopravvissuti delle Ande.
La società della neve: il cast
Raccontando una tragedia corale, La società della neve ha un nutrito cast di attori. Colui che è la voce narrante, ed espone il suo punto di vista è Numa Turcatti, interpretato nella pellicola da Enzo Vogrincic Roldán. Il resto del cast è composto da Matias Recalt (Roberto Canessa), Agustin Pardella (Nando Parrado), Tomas Wolf (Gustavo Zerbino), Diego Vegezzi (Marcelo Pèrez del Castillo), Esteban Kukuriczka (Adolfo “Fito” Strauch), Francisco Romero (Daniel Fernandez Strauch), Esteban Bigliardi (Javier Methol), Fernando Contigiani Garcia (Arturo Nogueira), Rafael Federman (Eduardo Strauch), Felipe Gonzalez Otano (Carlitos Paez).
La società della neve: trama e recensione
Nell’ottobre del 1972 un aereo uruguayano diretto in Cile, che trasportava a bordo circa 45 passeggeri, tra cui la squadra locale di rugby dell’Old Christians Club. In seguito ad una violenta turbolenza, il mezzo urtò la pendenza di una montagna, e si spezzò in due tronconi. I sopravvissuti hanno lottato in tutti i modi possibili per poter restare vivi.
E’ un’odissea fatta di fatica, gelo, dolore e sangue quella filmata da Juan Antonio Bayona, già autore di una pellicola su un altro globale episodio catastrofico, quello sullo tsunami del 2004 in The Impossible. Ma La società della neve è una vera storia di resilienza e sacrificio. Una lotta contro la fame, la disidratazione, ma soprattutto il freddo glaciale che in maniera crudele non risparmiava nessuno.
Dopo l’incidente, le condizioni meteorologiche estreme, la mancanza di cibo e le difficoltà di comunicazione resero difficile i soccorsi. I sopravvissuti erano costretti a lottare per sopravvivere nelle condizioni estreme delle montagne. Molti morirono a causa delle ferite subite durante l’incidente, per le rigide temperature e per la mancanza di cibo (a cui seguirono episodi di cannibalismo).
Un immenso deserto fatto di neve, freddo e fame
Dopo diversi giorni, alcuni dei sopravvissuti, Nando Parrado e Roberto Canessa, decisero di cercare aiuto al di là delle montagne. Attraverso un’incredibile resistenza e determinazione, trovarono finalmente un soccorso dopo aver camminato per una decina di giorni.
Un inferno bianco, esteso e senza speranza quello che si pone di fronte ai suoi protagonisti, dove non c’è nulla. Solo neve, tanta neve e rocce, dove tra i detriti e i rottami dell’aereo si cerca la strada per la sopravvivenza. La voce narrante si interfaccia con i volti scavati dei suoi sofferenti protagonisti.
Lo spettatore percepisce la fatica e il freddo come i caratteri distintivi che popolano quest’incredibile odissea umana e metafisica. La spensieratezza iniziale fatta di sorrisi, goliardia, e scherzi fra i suoi protagonisti, lascia spazio al dolore e alla sofferenza di non avere apparentemente più speranze.
La differenza fra La società della neve e Alive – sopravvissuti
Se il film di Frank Marshall tendeva a spettacolizzare in maniera hollywoodiana una vicenda che ha sconvolto il mondo, il film di Bayona vuole dare una visione differente di quello che è accaduto. I suoi caratteri non restano in superficie, ma vengono approfonditi attraverso un lavoro di scavo psicologico che ne determina la catarsi.
Sono tutti giovani attori, non ci sono nomi altisonanti all’interno del cast. Infatti in Alive vi erano celebrità come Ethan Hawke, Josh Hamilton e Vincent Spano, con la voce narrante di John Malkovich, che interpretava la versione adulta di Carlitos Paez. Mentre in La società della neve questo compito è affidato a Enzo Vogrinic Roldan, la cui voce di Numa Turcatti, non è rappresentata in una fase adulta, ma in versione off per tutta la pellicola.
Inoltre il film del 1992 parte direttamente all’avvio con il volo diretto a Santiago del Cile, ma soprattutto con il terribile incidente che fa da sfondo a quei nefasti avvenimenti. Il film di Bayona invece delinea un prologo approfondito sulle vite dei suoi giovani protagonisti, e già sappiamo che alcuni di loro non sopravviveranno.
Alcuni di essi si ritroveranno a combattere un destino perennemente sospeso tra la vita e la morte lungo questi 70 giorni di tormente, dove non è solo la carne a deteriorarsi, ma soprattutto l’anima. Che sceglie nonostante tutto di non cedere, malgrado la fame e il freddo, e le valanghe.
Infatti una di queste, va a seppellire l’aereo per ben cinque giorni e i protagonisti si ritrovano intrappolati in una coltre bianca che tutto sommerge senza alcuna pietà. Bayona si sofferma sui sentimenti e sugli stati d’animo dei protagonisti. Tutto è reso in maniera spettacolare, ma paradossalmente senza lo spettacolizzare tutto a tutti i costi.
E’ un viaggio nella memoria di questi eroi della Storia, paladini della sopravvivenza e antesignani di quella che viene chiamata resilienza. La loro gioventù coincide con la perdita dell’innocenza attraverso il dolore fisico e umano. La perdita di ogni cosa si fa elemento tangibile ogni qualvolta i giorni passano e le speranze diventano man mano sempre più flebili.
Conclusioni
La società della neve approfondisce tutti quelli aspetti più intimi e psicologici che nelle precedenti versioni avevano avuto poco spazio nella loro rappresentazione. Il gelo, il soffocamento e soprattutto l’assideramento sono terrori costantemente presenti in questa versione firmata da Juan Antonio Bayona.
Le Ande appaiono come un bellissimo territorio incontaminato, selvaggio, ma ferocemente ostile per le vite di chi ha vissuto quest’immane tragedia. I medici, i giornalisti e semplici curiosi vogliono vedere come hanno vissuto questi superstiti, con i corpi scheletrici bruciati dal sole.
Gli eroi di queste impervie montagne sono tornati dalla morte per incontrare i loro genitori, madri, fidanzate, i propri figli. La fotografia dal bianco accecante diventa di colpo nuovamente gialla e luminosa. Chi ritorna non vede più quello che ha lasciato dietro, ricordando i motivi di un non ritorno collettivo. Nessun senso, ma è la vita la risposta e il prendersi cura degli altri.
Questo è il messaggio che tra i sommersi e i salvati, coloro che sono ritornati, cercano di trasmettere e di far vivere, proprio come avviene ogni anno nella data del 23 dicembre 1972. Questo è il giorno del loro salvataggio, e che rimarrà scolpito tra i 16 sopravvissuti per sempre nella loro memoria.