I cachet di Hollywood sono da sempre una delle curiosità più succose del panorama cinematografico mondiale. Al di là del sogno in sé di diventare una star (attore o attrice che sia) i guadagni dell’industria che gira intorno alla settima arte hanno riscosso un interesse costantemente crescente.
Sarà che la notizia di John Travolta che ha costruito una pista d’atterraggio vicino casa ha stupito tutti, sarà che i vizi più sfrenati del jet set hanno un’eco mediatica smisurata. Insomma, i cachet del cinema sono elemento portante delle notizie legate al mondo dell’intrattenimento.
Partendo da paghe da fame (sì anche intorno ai settecento dollari) arrivando ai venti milioni (uno dei tetti più alti storicamente raggiunti) i cachet nel cinema riguardano un’ampia gamma di prodotti e non sempre rispettano un criterio uniforme.
Fa strabuzzare gli occhi quindi leggere certe cifre e pensare agli scioperi che stanno occorrendo in quel di Hollywood. Certo, la protesta in sé è legata per lo più all’industria in generale (non al singolo compenso).
Chiaro è però che il mondo dello streaming sembra aver rivoluzionato (in peggio) il discorso paghe. Il mondo è alla costante ricerca di prodotti, le case di produzione cercano di darglieli e gli addetti ai lavori sono “costretti” a fatiche doppie alla stessa paga di prima. Una legge capitalistica inoppugnabile.
Non è sempre stato così però. Interessante è capire come funzioni la dinamica dei cachet, cosa si celi dietro alla stipulazione di un accordo contrattuale. Si staglia davanti a noi tutta una serie di dati quantitativi che lasciano il tempo che trovano.
The Rock per Black Adam ha guadagnato intorno ai ventidue milioni di dollari. Jennifer Lawrence per Passengers ha raggiunto i venti e il buon vecchio Leonardo Di Caprio ha toccato questa vetta già da tempo (oltretutto fissandola come abitudine stipendiale).
Ma come funzionano concretamente i cachet nel mondo del cinema. Qual è la logica retrostante? Cosa ha portato effettivamente a questi scioperi tanto dibattuti?.
Cachet nel cinema – Un rapporto inversamente proporzionale
Per cominciare a ragionare sui cachet nel cinema, si può partire da un esempio assolutamente calzante che può far intendere quale sia la ratio seguita. Jonah Hill nel 2013 ha preso parte alle riprese di The Wolf of Wall Street. L’iconicità del film ha rilanciato la carriera di Hill (o forse è bene usare il termine “impreziosito”).
L’attore, secondo i rumors, dichiarò che per lavorare con Martin Scorsese sarebbe stato disposto a vedersi ridurre il cachet di molto. Persino a partecipare gratuitamente.
Presto fatto, essendo venuta a conoscenza di tutto ciò, la produzione ha proposto un ingaggio di “soli” sessantamila dollari. Può sembrare uno stipendio basso e poco misurato alla portata del prodotto. Ma è proprio qua che si nasconde la logica dietro ai cachet nel cinema.
Essere parte del nuovo film di un grande regista o produttore è già una forma di ricompensa. Visibilità, alzamento dell’asticella e qualità del copione contribuiscono a forgiare la carriera di un attore. Non servono tanti soldi. Il progetto è così grande che sicuramente verrà visto in sala.
Non serve convincere nessuno. Semmai è quel qualcuno che dovrebbe dire grazie.
Il discorso inerente ai parzialmente diverso per i blockbuster, quei film per tutti che quasi costituiscono un elemento antagonistico rispetto al puro film d’autore.
Non vi sono particolare esigenze di copione. Il cachet prender forma sulla base della notorietà, non della mera capacità recitativa. Pertanto la scelta ricadrà su chi è in grado, tra botteghino e social media, di spostare l’equilibrio della presenza degli spettatori.
Le grandi produzioni destinate al mondo dello streaming attirano un quantum di pubblico tale che si ragiona più nei termini della superstar che del bravo interprete. Il cachet è misurato dunque all’engagement che lui o lei riescono a garantire.
L’esempio madre di tutto questo grande impianto economico è Red Notice, il film Netflix con il cachet nel cinema più alto di sempre. The Rock ha ricevuto ventitré milioni e mezzo di dollari. E chiaramente non si tratta di uno dei migliori attori del pianeta.
Il suo carisma e la sua adattabilità scenica lo hanno però reso il più pagato in assoluto.
In conclusione si può dire che il cachet degli attori è inversamente proporzionale all’introito economico che il film si porta dietro. Che sia percepita come una logica incoerente è comprensibile ma di fatto, anche nel cinema, bisogna cominciare a tenere bene a mente la differenza tra contenuto artistico e prodotto di mercato.
I cachet nel cinema fanno parte di un balance di produzione che le case cinematografiche devono prendere in considerazione. Se la posta in gioco è alta, pesano discorsi di carattere puramente economico e non artistico.
Per questo, ad esempio, è molto apprezzata nel cinema la capacità dei caratteristi di essere eclettici. I cachet più alti sono infatti destinati a chi sa calarsi in tutti i ruoli. Johnny Depp è uno di questi.
Qualità ed eclettismo convivono nel rendere i cachet abbastanza corposi. Il resto è affidato a elementi economici importanti ma di contorno nel computo artistico che faranno sempre la differenza, se non nel cuore, per lo meno nel portafoglio.