Passengers

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Se foste i passeggeri di un viaggio senza arrivo, con una meta prestabilita ma con la consapevolezza di non riuscire a vederla con i vostri occhi, come sfruttereste il vostro tempo, da soli e nel bel mezzo dello spazio? Solitudine, tecnologia, incomunicabilità e ambiente sono i quattro macro campi che Morten Tyldum tenta di amalgamare in Passengers. Le cause della solitudine, gli effetti della tecnologia, le conseguenze che ricadono sui rapporti umani e che si riversano nell’ambiente, sono un circolo infinito, dominato dalle scelte che si susseguono autonomamente privando l’uomo del suo futuro, del suo destino.

Passengers
Scena del film Passengers (2016)

Morten Tyldum impacchetta una storia d’amore in un involucro di fantascienza. La trama, sviluppata nello spazio, non prevede vie di fuga, solo strade sconfinate ma finite. Un kilometro di navicella spaziale che viaggia alla velocità della luce per 120 anni ospita più di 5000 passeggeri verso il nuovo pianeta ancora disabitato. Uno solo di loro, Jim (Chris Pratt), si risveglia 90 anni prima per un malfunzionamento della capsula d’ibernazione. Il protagonista è condannato all’eterna solitudine, ai silenzi dei pensieri e alla convivenza con la tecnologia, unico segno “vitale” (o forse è meglio definirlo realistico) all’interno di questo mondo d’acciaio. Sigillato, impenetrabile e indistruttibile. Jim, dopo essersi arreso al proprio destino deve fare i conti con un nemico più grande di lui: l’isolamento.

Passengers
Chris Pratt in una scena del film

Il film tramonta nella psicologia dell’uomo, barbuto e sporco, che ricorda vagamente il sopravvissuto Chuck Noland di Tom Hanks in Cast Away. Per la prima volta lo spettatore può percepire il calore umano, che si distanzia dalla freddezza delle scenografie e della stessa nave spaziale. L’incolore delle sale in cui dormono i passeggeri viene temperato dall’accoglienza dei luoghi di svago, come il bar: gestito da un uomo robot che rappresenta l’unica valvola di sfogo per Jim. La sua voce interiore, la sua coscienza, sempre calma e composta anche nelle situazioni più critiche. Come avveniva nello Shining kubrickiano in cui Jack Torrance (Nicholson), non sopportando la solitudine, mette in scena una realtà fittizia che cresce solamente nella sua fantasia, in Passengers le idee folli del protagonista vengono assecondate dall’Arthur di Michael Sheen. Restando sull’intreccio orrorifico di Shining anche la narrazione di Passengers è retta da pochi interpreti, onnipresenti in qualsiasi fotogramma.

Jennifer Lawrence, Chris Pratt e Michael Sheen
Jennifer Lawrence, Chris Pratt e Michael Sheen

Le movenze dei protagonisti, che lottano contro il tempo e la forza di gravità, sembrano omaggiare un altro capolavoro di Stanley Kubrick 2001: Odissea nello spazio“. Non mancano i riferimenti al cinema romantico come il “Ti fidi di me?” alla Jack Dawson, o il nome scelto per la protagonista Aurora (Jennifer Lawrence), come quello della Bella addormentata nel bosco, svegliata dal bacio del principe azzurro. Nonostante sia a tratti prevedibile, la narrazione regge fino alla fine, pur cambiando rotta e diventando un action movie dove la sicurezza ermetica della navicella spaziale viene messa in discussione, così come la vita dei due innamorati. Gli effetti visivi, in minor parte protagonisti della pellicola, vengono accuratamente ricostruiti, rendendo le inquadrature dello spazio fascinose. Una sensazione ampiamente rafforzata dalla colonna sonora di Thomas Newman.

Jim e Aurora
Jim e Aurora

La regia di Morten Tyldum viene riconosciuta dai primi piani, utilizzati in passato sui protagonisti di The Imitation Game e successivamente sperimentati anche in Passengers, una scelta stilistica che trasforma il film in uno sci-fi solo all’apparenza. Il luogo passa rapidamente in secondo piano e lascia a fuoco solamente il sentimentalismo. In un mondo temporaneamente dormiente, a muovere le pedine della scacchiera è proprio la tecnologia, che rappresenta un avversario invisibile, nettamente diverso dagli antagonisti che siamo abituati a vedere nei film di fantascienza. La tecnologia forse è il rivale più potente, silenzioso e imprevedibile come un’infezione. Si addentra nel corpo per poi irrompere senza alcun preavviso e, da attenuante, diventa carnefice di un destino macabro, che si rivolta contro il suo stesso creatore provocando l’incomunicabilità. I protagonisti infatti ritornano al punto di partenza, si rivive la solitudine, l’abbandono, il tradimento, azzerando ogni rapporto umano e stabilizzando il disagio caratteristico della parte iniziale. Lui e lei vivono le stesse emozioni e adottano gli stessi comportamenti in momenti differenti, come se uno fosse il rovescio dell’altro. La doppia angolazione rende la visione del film pulita, in cui nessun (ri)sentimento viene nascosto o messo da parte.

Jennifer Lawrence in una scena del film
Jennifer Lawrence in una scena del film

Seguendo una lettura più elementare, la visione di Passengers non è un atto da intraprendere a cuor leggero. Il film spalanca una riflessione sugli ideali dell’uomo moderno, alla ricerca di nuove terre nella speranza di vivere un’esistenza migliore, lasciandosi alle spalle tutto ciò che è il presente per ripartire da zero; e sulla situazione ambientale, sempre più preoccupante, che sta colpendo il nostro Pianeta negli ultimi anni.

Voto Autore: [usr 3,0]

Davide Pirovano
Davide Pirovano
Mi piacciono le arti visive contemporanee e mi piace pensarle in un’ottica unificatrice. Non so mai scegliere, ma prediligo le immagini e storie di Gaspar Noé, David Fincher, Yorgos Lanthimos e Xavier Dolan.
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