C’era una volta il crimine è il titolo del capitolo che, al grido di “Pijamose la Gioconda“, riporta i nostri protagonisti ai giorni dell’Armistizio. Uscito nelle sale a marzo del 2022, ripropone una nuova storia corale sotto la guida del regista Massimiliano Bruno. Per il suo personaggio, Gianfranco, i portali di Einstein-Rosen non hanno più segreti. Perciò la banda di amici si è praticamente specializzata nei viaggi nel tempo.
Da una sala di controllo modernissima e tecnologica, e con l’aiuto di device all’avanguardia, è tutto pronto per una nuova commedia. Che va a braccetto con il fantasy e la “cultura delle citazioni” e degli easter eggs. Che poggia su dialoghi e personaggi credibili. Con il ricorso agli eventi della Storia, quella scritta sui libri di scuola, e al ritmo degli action movie. E offre allo spettatore uno spettacolo capace di intrattenere e far riflettere contemporaneamente.
C’era una volta il crimine, il cast
Lorella Heather, interpretata da Giulia Bevilacqua, è l’assistente di Gianfranco. Sebastiano è finito in galera. Marco Giallini Moreno e Gianmarco Tognazzi Giuseppe salutano Renatino Edoardo Leo che ha deciso di tornare ai tempi suoi, nel 1982. Così per il piano di recupero della Mona Lisa occorre un nuovo elemento nella “banda”.
La scelta ricade su Claudio Ranieri, suo cugino. Un professore di storia napoletano che ha il volto di Giampaolo Morelli. Con lui nella squadra, i nostri eroi possono affrontare una nuova avventura. In cui incontreranno Adele, Carolina Crescentini, la nonna di Moreno, fotografa e antifascista. Monica, sua figlia, interpretata dalla piccola Penelope Flamma. E Sandro (Pertini) interpretato dall’attore e regista Rolando Ravello.
C’era una volta il crimine, la trama
Con un orologio che indica posizione e coordinate dei portali, e lasciapassare e divise naziste d’epoca comprate a Porta Portese, i tre sono pronti a partire. L’operazione recupero della Gioconda da una cassa nel Castello di Chambord, nella Loira, viene raccontata durante la sigla. Tutta a fumetti e con la colonna sonora tipica di questa trilogia, che fa il verso ai film poliziotteschi. Che cosa succede ora?
Al confine tra Francia e Italia, diretti a Camogli, vengono smascherati dai tedeschi. A tradirli la risposta in italiano di Giuseppe. E allora l’unica possibilità è raggiungere il casale di Adele, la nonna di Moreno. Dopo le “presentazioni” di rito, in un periodo di guerra, avviene l’emozionante incontro con la mamma Monica, ancora bambina. Ma durante la notte irrompono i soldati nella casa e la piccola si nasconde su una camionetta che la porta via.
I fatti della storia narrati nel film
La banda, con la Gioconda nello zaino, e Adele disperata, si mette sulla via di Napoli. Come racconta Claudio, è da quel porto che i soldati partiranno. Purtroppo arrivano in ritardo. E in un territorio in cui è difficile capire chi siano i nemici e chi gli amici, incontrano le canne di fucile sbarrate di due partigiani. Al cospetto del loro capo, riconoscono in lui Pertini, il futuro presidente della repubblica.
In una sfida a scopone cercano di entrare in confidenza con Sandro. E citano versi di Gaber (“La libertà è partecipazione“) e Toto Cutugno (“…e un partigiano come presidente“). Ma Claudio si fa prendere dal gioco, e fa battute per la vittoria schiacciante alle carte. Così per tutta risposta lui e Moreno vengono coinvolti in un attentato dinamitardo. Finendo catturati dai fascisti.
Davanti a un capomanipolo, interpretato da Massimiliano Vado, ascoltano alla radio il comunicato di Badoglio sul raggiunto armistizio. E Claudio, conoscendo la storia, ancora una volta riesce a dirigere gli eventi. Rivelando il luogo in cui il re porterà Mussolini prigioniero. Questi particolari vengono ascoltati da Adele e Giuseppe, nascosti all’esterno del comando fascista.
La messinscena “reale” e lo shooting con il Duce
Come nelle commedie di vecchio stampo, alla Totò e Sordi, ecco inscenato l’incontro in una sala del trono. Al posto del re e della sua consorte, una coppia di abruzzesi, convinti a recitare la parte dalla promessa di qualcosa da mangiare. Il tutto presentato da Giuseppe travestito da attendente di Sua Maestà. E con Adele che si finge una cameriera, con tanto di grembiule e crinoline.
Tutto però salta quando arriva Vittorio Emanuele quello vero. E così i nostri protagonisti sono catturati. Nella stanza in cui vengono tenuti prigionieri sentono una voce. Si tratta del Duce, che stralunato e in canottiera, riflette sugli ultimi avvenimenti. Davanti a Giuseppe, Moreno e Claudio, si chiede, deluso, per che cosa passerà alla storia. Quando però scopre che c’è anche Adele, vuole incontrarla. Che cosa capiterà fra i due? Uno shooting modello moderno influencer che vuole mettersi in posa per lo scatto migliore.
C’era una volta il crimine, una banda che sceglie la gloria
Di fronte al rispetto della regola ferrea dei viaggi nel tempo, anziché intervenire sugli eventi storici, la banda consentirà la liberazione di Mussolini da parte dei nazisti che lo metteranno a capo della repubblica di Salò. In questo modo riusciranno a fuggire. E a trovare il luogo in cui Monica è stata portata. A questo punto la scelta può essere una sola.
Rinunciare alla Gioconda. Che offriranno, al Führer stesso, in diretta telefonica, in cambio della bambina. Lo scambio viene accettato, e la piccola è in salvo. Ma è a questo punto che gli eventi precipiteranno di nuovo. In un’escalation che rievoca le famigerate condotte tenute dai nazisti, in particolare la rappresaglia. Vale a dire catturare 10 italiani per ogni tedesco ucciso.
C’era una volta il crimine, il ritorno grazie agli amici
Non sveliamo tutto, altrimenti vi roviniamo il finale. Ma sappiate fin da ora che non mancheranno sequenze per le quali Massimiliano Bruno ha voluto accanto a sé questo gruppo di attori. Che avevano alle spalle esperienze di scene di azione. Condendo questa storia di un po’ di action movie che risultasse credibile e convincente.
Si arriva così al ritorno al presente, ma non per tutti. E alla fine di un percorso, di tre film e tra generi. Come lo stesso regista ha avuto modo di dire “…l’episodio di chiusura… ha stavolta toni più intensi e rispettosi per via della tematica dolorosa che abbiamo affrontato”. Sta parlando della pandemia di Coronavirus.
Conclusioni
Bruno non si è smentito: la sua capacità di dirigere un gruppo di attori in scene e con scenari diversi e allargati è stata un crescendo dal primo all’ultimo film. In questo, poi, è stato davvero interessante il lavoro svolto con gli altri sceneggiatori, Alessandro Aronadio, Andrea Bassi e Renato Sannio. In piena pandemia. Per incastonare le vicende dei protagonisti con la Storia. E una parte di quella più dolorosa e controversa.
Non mancano dialoghi e battute che pescano tra l’ironia e la commedia. Anche quella involontaria che trasuda da certe vicende storiche. Ma ottiene l’effetto di ricordare. E di far ragionare e riflettere. Come a volte certi prodotti non permettono di fare.
C’è inoltre un ingrediente davvero delizioso e che continua ad avere la sua ragione di esistere. Quelle citazioni che si rivelano un mezzo di comunicazione complesso e raffinato, eppure così diretto e familiare. E quindi vi capiterà di riconoscere una testata che ha fatto scalpore. Una partita di calcio richiamata, che si porta dietro sapori e ricordi. O la famosa scena della lettera inviata dal passato, che è l’omaggio, dovuto e sincero, alla saga di Ritorno al futuro.
Insomma, con C’era una volta il crimine si conclude un percorso, in una commedia all’italiana moderna e matura. In cui lo spettatore si sente rappresentato e coinvolto. E anche reso consapevole e responsabile di quello che accade. E di quello che è accaduto prima di noi. Potendo arrivare quindi a condividere la scelta finale dei protagonisti. Puntare, in un’occasione che conta, sul coraggio, la lealtà e l’impegno.
In un racconto in cui il sorriso, o la battuta, non sono espedienti di basso livello per rendere tutto piatto e banale. Ma l’elemento, utile e necessario, il portale accessible a tutti, per poterci muovere tra passato, presente e futuro senza nasconderci. Soprattutto a noi stessi. Alla nostra storia. Con la esse maiuscola o minuscola davvero poco importa.