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Ostaggi: la recensione dell’esordio registico di Eleonora Ivone

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Ostaggi esordio registico di Eleonora Ivone con Gianmarco Tognazzi, Vanessa Incontrada, Francesco Pannofino e Alessandro Haber

In questa stagione estiva cinematografica in affaticata ripresa post covid, il cinema italiano prova a difendersi con Ostaggi, esordio registico dell’attrice Eleonora Ivone, che sceneggia per il grande schermo l’omonima e fortunata pièce teatrale firmata dal marito Angelo Longoni: il risultato è una commedia nera, che lambisce a grandi linee il genere degli heist movie, ovvero “film del colpo grosso”, senza un happy-end decantato, e si incentra sulla situazione limite di una rapina che diventa cartina tornasole di un insieme di squilibri ed ingiustizie annidati dentro il sistema e fuori da esso, tra i dolori personali che ciascuno nella propria routine zittisce, vivendo quotidianamente in apparente controllo.

Ostaggi

Ostaggi Trama

Marco (Gianmarco Tognazzi) è un imprenditore al collasso, che deve ricevere denaro dallo Stato, ma non sa come né quando, e, a sua volta, deve saldare gli stipendi di trenta operai suoi dipendenti; non vedendo altro scampo per sé e per la due figlie con cui vive, dopo la separazione dalla moglie, tenta un gesto estremo: rapina un furgone portavalori in un centro commerciale. Scoperto subito, viene inseguito dalla polizia e con malloppo in spalla e pistola troppo in vista si rifugia in una panetteria, barricandovisi dentro; con lui, altri quattro clienti casuali, Ambra (Vanessa Incontrada), una prostituta ex-infermiera, Regina (Elena Cotta), un’anziana signora malata di cuore, Nabil (Jonis Bascir), venditore ambulante somalo e Remo (Francesco Pannofino), il panettiere proprietario del negozio, non un cuordileone, ma un povero diavolo.

Fuori dall’assedio improvvisato si sviluppa uno scontro testa a testa, tra un uomo ed una donna, tra l’aggressione e la comprensione, da una parte il commissario (Alessandro Haber) uomo della vecchia, cattiva guardia, dai metodi spicci e poco cavallereschi, pronto a seguire la solita procedura, che pure gli deve esser costata gravi errori in passato, ossia fare irruzione mettendo fine al rischioso stallo, costi quel che costi, e dall’altra la negoziatrice psicologa Anna (la stessa Ivone), inchiodata al cellulare per capire chi ha di fronte ed evitare che innocenti ci vadano di mezzo o che si soffra inutilmente tutti, compreso il rapinatore.

La mattinata di sequestro prosegue non senza colpi di scena e Marco si scontra con le forti personalità e i diversi, imprevedibili destini dei suoi sfortunati e nolenti compagni di odissea, mentre fuori il tempo per prendere la decisione giusta si assottiglia sempre più.

Ostaggi

Ostaggi recensione

Tra claustrofobia, immersione in inseguimenti azzardati e qualche dicotomia troppo individuabile, Ostaggi dipana, mantiene ed accresce la sua tensione senza particolare sforzo, dimostrando che una scrittura salda può aiutare interpreti e registi nello stratificato compito di ricreare una situazione cruciale e farla durare verosimilmente.

Organica e più coinvolgente la parte girata all’interno del locale, dove le quattro mura definiscono in modo chiaro la gittata dei rapporti: si rivela infatti la meritoria natura teatrale dello spunto, che evolve e si intreccia in modo naturale e convincente, agevolando anche il lavoro attoriale, il quale respira e beneficia dello stesso tempo, luogo, azione dei propri interlocutori e riesce a mantenere, pur nell’artefazione del set, una felice dose di ritmo ed un appoggio reciproco capace di far dimenticare i limiti di alcuni volti da pubblicità o da fiction, proiettati e gradualmente immersi nello spessore di personaggi raziocinanti e funzionali, a trecentosessanta gradi.

Ostaggi

Ognuno è ostaggio di qualcosa nella vita, chi di un lavoro, chi dell’età e delle sue malattie, chi di un paese che è una condanna, chi di una reputazione malvista, chi della corruzione, chi del pregiudizio sessista, chi dei debiti imposti dalle istituzioni: nessuno è libero se si guarda al limite con cui la società sembra aggravare ogni diritto privato, eppure finchè è possibile scegliere, si è salvi; l’alternativa assolve dal male, e rende potenzialmente più agevole orientarsi al bene per l’individuo che per la comunità. Molto di questo panorama ha il sapore del suolo italico, la ferraginosità di una razza burocrate, antiquata nei modi e nei procedimenti, che nella perenne emergenza riscopre il buon senso e si affida al coraggio e all’umiltà del singolo per trarre fuori dal fango il singolo e spesso la comunità.

Ostaggi

Ci sono in prima linea gli eroi sbagliati, quelli che si sono affidati allo stato e lo stato ha tradito, ha circuito, ha arbitrariamente destinato al sopruso: così nasce questo giorno di ordinaria follia in cui al posto di Michael Douglas impugna l’arma Gianmarco Tognazzi, imprenditore nostrano, tartassato dall’amministrazione e dal fisco, ad un passo dal perdere la propria dignità, esploso in una ribellione maldestra dei nuovi ultimi della società, quelli che hanno il vestito sì, ma la cravatta troppo, troppo stretta.

Lo affiancano nel caso-non caso della storia, tutte le persone più emarginate ed emarginabili che si possano incontrare: un arabo senza permesso di soggiorno che vende merce contraffatta in strada, terrorizzato dall’idea di tornare nel proprio paese dove impazza la guerra, un’ ex-infermiera che dopo aver trascorso una vita a curare gli altri, una volta ammalatasi, si ritrova con un pugno di mosche in mano, umanamente ed economicamente e decide di cambiare vita totalmente, un’anziana cardiopatica lasciata praticamente sola dalla figlia ed un fornaio che ha dovuto piegarsi alle mazzette per aprire onestamente il suo locale: ognuno porta la sua croce ed assieme ad essa quella di una collettività smarrita, chiusa, ottusa, populista, razzista, prevaricatrice, cinica, che fatica anche nelle situazioni più difficili a ritrovare una solidarietà non eccezionale, ma elementare.

Ostaggi

Eppure il tono del racconto non si fa dramma oscuro, escluse alcune ingerenze musicali di abitudine: corpose braci ironiche sono affidate alla verve degli interpreti e dei loro personaggi, il sarcasmo di Ambra, spavalda e dolce, che prevede ogni mossa come se fosse un film già visto, citando meta-cinematograficamente celeberrime battute (si veda Quel pomeriggio di un giorno da cani), i proverbi per ogni situazione di Nadir che lasciano interdetti nello loro semplice, spesso inopportuna, verità, il bastian contrario Remo, pavido nel midollo, pronto a sacrificare chiunque pur di salvarsi, incapace di essere davvero “cattivo” e Regina, che ringrazia anche il rapinatore per ogni gesto di gentilezza, pur casuale, dispensato, lei che non smette di credere e di affermare che, per quanto sia profondo e sterminato il proprio disagio, non si possono coinvolgere innocenti.

Ostaggi

Ostaggi i personaggi del film

Tutti i personaggi, compreso Marco, iniziano la folle giornata con la battuta, sono già stanco: un coro a canone che resta impresso, una premessa ed una promessa a giustificare, preannunciare, inventare lo strappo che accadrà. Stanchezza fisica e mentale insieme, voglia di cambiare, di avere una speranza, di poter girare l’angolo e trovare qualcosa o qualcuno per cui si possa dire vale ancora la pena restare. Fuori dal negozio, lo scontro tète a tète tra i due agenti risulta meno riuscito: poco concreto, più cerebrale e di circostanza, statico e prevedibile, sembra contraltare posticcio costruito in funzione del vero fulcro dell’azione che rimane l’interno della panetteria, dove ci sono gli ostaggi.

Ostaggi in streaming su Sky Prima

Resta interessante analizzare cosa una drammaturgia contemporanea solida crei sul grande schermo: girato in Calabria nella provincia di Cosenza e in onda sul Sky Prima Fila, questa parabola dal finale dolceamaro, dalla spina dorsale luminosa, racconta dei sequestrati della vita, ed in particolare di quelli sfornati a casa nostra. Sembra nel complesso rinverdire la famosa massima secondo cui ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia: sii gentile sempre.

PANORAMICA

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Marco, imprenditore al collasso, rapina un portavalori e si barrica in una panetteria con quattro ostaggi; fuori c'è una negoziatrice che non vuole drammi ed un commissario dal grilletto facile; dentro cinque anime ognuna con la propria croce. Dall'omonima pièce teatrale commedia nera, che trasforma una situazione limite in cartina tornasole delle ingiustizie sociali e dei dolori personali con cui combatte ciascun individuo. Esordio registico di buona scrittura, media tensione, dicotomie troppo sfacciate, favore degli interpreti.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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