HomeArticoli da non perdereWindfall – la recensione del film con Jesse Plemons

Windfall – la recensione del film con Jesse Plemons

-

- Pubblicità -

Dopo l’esordio con The one I love e la conferma con Discovery, torna dietro alla macchina da presa in occasione del suo terzo film il giovane Charlie McDowell (classe 1983), tanto dibattuto quanto tendenzialmente popolarmente apprezzato. Frutto delle sue fatiche registiche è Windfall, un thriller di novantadue minuti ufficialmente distribuito da Netflix, del cui catalogo la pellicola fa parte a partire da questo mese. Per la sceneggiatura, la produzione si è affidata a Justin Lader e a un luminare del genere, Andrew Kevin Walker, già autore del cult Seven, che nel 1995 rivoluzionò dall’interno il genere thriller.

La trama del film

Un abbiente e borioso CEO (Jesse Plemons) e sua moglie (Lily Collins) si recano nella loro lussuosa villa vacanziera, incorniciata da un bucolico agrumeto e dotata di qualsiasi comfort, solo per scoprire, al loro arrivo, di essere stati vittime di una rapina. Quando la coppia realizza che il ladro (Jason Segel), vagamente maldestro o solo tragicamente sfortunato, è ancora all’interno della dimora quest’ultimo si adopera per estorcere ai due quanto più denaro possibile, per mezzo di una complessa contrattazione. In quel curioso stallo alla messicana che viene ad instaurarsi nell’attesa che il ladro ottenga ciò che desidera, tuttavia, questi avrà modo in poco più di ventiquattro ore di addentrarsi nella vita di coppia delle sue vittime, rivelando segreti e sconquassando equilibri, finendo per distruggerla dall’interno.

Windfall

Windfall: una sceneggiatura minimalista e hitchcockiana a servizio dei personaggi che la abitano

Windfall è un thriller sussurrato, per certi versi atipico. Quasi silenzioso, lavora per sottrazione delineando un prodotto finale minimalista ma non per questo meno efficace. Data l’assenza di orpelli, costrutti o arricchimenti, ciò che rimane sullo schermo è l’essenziale e puro dispiegarsi di esistenze umane, e delle storie con esse implicate. In questo senso, risulta evidente come data la loro eccezionale centralità la costruzione dei personaggi debba essere, in questo caso più ancora che in altri, straordinariamente solida, necessariamente compatta, coerente e accattivante. Si delinea così una narrazione imprescindibilmente incentrata sui suoi personaggi, in cui la vicenda pertiene indubbiamente a derive marcatamente thriller mentre la qualità della scrittura si mantiene straordinariamente neutrale e pulita (tanto che, paradossalmente, se il registro fosse solo lievemente differente, il medesimo film potrebbe facilmente diventare un’efficace commedia, grazie all’intelligente scrittura dialogica e situazionale).

Risulta logico perciò che a visione ultimata si imponga la percezione per cui il film appare debitore nei confronti dalle interpretazioni dei tre protagonisti. Per quanto non esattamente veritiera, tale impressione è avvalorata dalle precisissime prove attoriali dei tre protagonisti. Spicca indubbiamente – soprattutto grazie ad alcune parentesi pseudo-monologiche – la performance di Jesse Plemons (fresco della sua nomination all’Oscar per Il potere del cane), ma anche il lavoro dei suoi colleghi è egregiamente svolto. Windfall offre al suo pubblico, infatti, una versione di Jason Segel gradevolmente inedita, portando sullo schermo un personaggio ruvido e grezzo diametralmente opposto rispetto alla bonaria spalla comica che il pubblico è in lui abituato a riconoscere. Anche Lily Collins si dimostra piacevolmente competente e precisa, nonostante sia alle prese con quello che in un primo momento appare il personaggio più debole e fantasmatico del film.

A livello di scrittura, per ciò che concerne lo svilupparsi della trama e delle atmosfere, il film è direttamente debitore e figlio dell’insegnamento di Hitchcock, in senso marcatamente manualistico. La costruzione del tono, già in quello che è l’assunto di base che si erge a premessa di Windfall, poggia sulla lezione più personale del maestro del cinema: la suspense si ha quando lo spettatore sa più di quanto sappiano i personaggi del film. È esattamente questo che accade nella pellicola, a partire da una delle prime sequenze (l’incidente scatenante) e poi sistematicamente per tutta la durata del lungometraggio. Lo spettatore sa, prima ancora che lo sappiano i personaggi, che il ladro è ancora in casa quando vi si reca la coppia, come è a conoscenza di una serie di elementi che lo tengono con il fiato sospeso per tutta la durata del film, in attesa che il disastro si compia.

- Pubblicità -

Windfall non si smentisce, e resta gradevolmente hitchcokiano per tutta la durata del film sino al finale (compreso). Anche la conclusione del film, infatti, è marcatamente e manifestamente debitrice nei confronti del maestro, ma in modo comunque gradevole. Con lo scorrere del minutaggio infatti la pellicola sembra destinata a non sorprendere mai completamente lo spettatore, che è in possesso di tutti gli elementi utili ad intuire come si concluderà la vicenda. Ma, sul finale, il lungometraggio si redime rivelandosi parzialmente sorprendente, e una chiusura d’effetto determina l’esito sostanzialmente positivo dell’intero film.

Windfall

È strettamente necessario menzionare, nella costruzione dei toni, il lavoro meticoloso della colonna sonora, che si attiene ad un registro thriller prima ancora che lo faccia la regia, e in modo forse più sostanziale. In Windfall la colonna sonora è un contrappunto all’immagine fondamentale e necessario, non mera velleità decorativa ma elemento basale della struttura nella sua interezza. E, in questo senso, programmatica si rivela l’accompagnamento al montage in apertura del film, che anticipa per mezzo delle sonorità atmosfere da noir anni Cinquanta, contaminate da toni più eccentrici che si rifanno direttamente al paradosso di Ai confini della realtà.

In definitiva Windfall non è un film particolarmente brillante né originale, ma innegabilmente assorbe la lezione di precedenti illustri restituendola al pubblico in chiave fresca e personale. Nella costruzione della deriva thriller non pecca di grossolane ingenuità ma anzi si rivela intelligente nella scelta di una linea tendenzialmente minimal che mette in risalto l’efficace costruzione dei personaggi e l’importanza dell’elemento sonoro, delineando un gradevole e ampiamente riuscito – per quanto certamente non rivoluzionario – film d’intrattenimento.

- pubblicità -

PANORAMICA

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

Windfall è un thriller minimalista e pulito, che assorbe la lezione di precedenti illustri restituendola al pubblico in chiave fresca e personale arricchendola con le minuziose interpretazioni dei tre attori protagonisti.
Eleonora Noto
Eleonora Noto
Laureata in DAMS, sono appassionata di tutte le arti ma del cinema in particolare. Mi piace giocare con le parole e studiare le sceneggiature, ogni tanto provo a scriverle. Impazzisco per le produzioni hollywoodiane di qualsiasi decennio, ma amo anche un buon thriller o il cinema d’autore.

ULTIMI ARTICOLI

Windfall è un thriller minimalista e pulito, che assorbe la lezione di precedenti illustri restituendola al pubblico in chiave fresca e personale arricchendola con le minuziose interpretazioni dei tre attori protagonisti. Windfall – la recensione del film con Jesse Plemons