Tra le novità che hanno piacevolmente stupito il grande pubblico nell’ambito della serialità targata 2022, spicca senza alcun dubbio il fenomeno costituito da This is going to hurt. La miniserie inglese, trasmessa da BBC One e attualmente disponibile per lo streaming in Italia sulla piattaforma Disney Plus, si articola in sette puntate della durata di circa 43 minuti ciascuna. Le vicende sono tratte dall’opera omonima dell’autore ed ex-medico Adam Kay a cui sullo schermo presta il proprio volto il capace Ben Whishaw, che per la sua performance ha vinto il premio alla migliore interpretazione maschile ai recenti BAFTA Television Awards.
La trama della serie
Londra, 2006. Sullo scenario di un ospedale pubblico scarsamente finanziato e sistematicamente prossimo al collasso esercita la sua professione il medico Adam Kay (Ben Whishaw) per il reparto di ginecologia e ostetricia. Il giovane e promettente dottore, nonostante i turni estenuanti e l’evidente prontezza e professionalità, fatica ad attirare le simpatie dei propri compagni di reparto a causa del suo carattere repellente, scontroso e ironico ai limiti della misantropia. Con questo stesso atteggiamento il medico si rivolge nei confronti della specializzanda Shruti Acharya (Ambika Mod), nonostante quest’ultima sia capace e determinata e fronteggi dunque con estrema difficoltà le esternazioni del suo referente.
Le giornate di Adam si susseguono fra reparto, sala operatoria, pazienti in difficoltà e non, finché durante un ennesimo turno, vinto dalla stanchezza e dalla frenesia del contesto, il medico commette un errore che inizia a tormentarlo, sia sul lavoro che nel suo privato. Privato che, tuttavia, è già reso sufficientemente turbolento dalla difficoltà nell’introdurre con la glaciale figura materna l’argomento della propria omosessualità e dalle complessità nel rapporto con il suo compagno Harry (Rory Fleck-Byrne) date dalla sua latitanza nella relazione, originata dai suoi stringenti ritmi lavorativi. L’inquietudine di Adam a seguito dell’incidente, oltre a costituire un punto di rottura nella sua quotidianità, gli sarà utile ad esaminare il contesto che lo circonda e di conseguenza a portare alla luce una profonda crisi del sistema sanitario nazionale.
This is going to hurt – la recensione
Se la fortuna della serie è stata immediata e il gradimento unanime e diffuso – si veda, a tal proposito, anche il solo dato del 94% di recensioni positive su Rotten Tomatoes – è perché il prodotto, lungi dal rivelarsi innovativo in toto, riunisce in sé una serie di elementi già sperimentati da altri precedenti seriali e dunque con tutta probabilità vincenti, determinando una commistione che ne detta con facilità il successo.
Il primo pilastro su cui appoggia la costruzione di This is going to hurt è quello dell’ambientazione canonica del medical drama. Dalla storica Grey’s anatomy alla più recente New Amsterdam, passando per la fresca The good doctor, per il cinismo inedito dell’eponimo Dr. House – Medical division e per un E.R. – Medici in prima linea che ha fatto scuola, lo sfondo ospedaliero a cui ricorre anche la serie scritta da Kay sfrutta a suo vantaggio una fidelizzazione che negli anni l’audience ha costruito con tale scenario. In questo modo, il pubblico si avvicina alla serie con un senso di comfort e di vicinanza tale, dettato dalla popolarità dell’ambientazione, che gli permette non solo di porsi in modo benevolo e fiducioso nei confronti del prodotto, ma anche di accettare in modo più positivo l’apertura a sorti narrative inesplorate.
In seconda istanza, This is going to hurt fa magistralmente propria (riadattandola certamente in base al contesto) la lezione dell’illustrissimo precedente costituito da Scrubs – Medici ai primi ferri (2001-2010) non solo in quanto ad ambientazione ospedaliera ma soprattutto per quanto riguarda l’equilibrata e sorprendentemente riuscita commistione fra toni comici e drammatici. Proprio grazie ad una scrittura pressoché ineccepibile entrambe le serie si rivelano ben capaci, ognuna a modo proprio, di mantenere degli efficaci toni comici che intenzionalmente distraggano lo spettatore dalla sempre latente linea drammatica, pertinente all’ambientazione e al conseguente plot, che così riemerge di tanto in tanto con intensità potenziata grazie al contrappunto con la linea comica.
L’altalenare fra ironia e dramma appartiene anche al terzo esempio da cui This is going to hurt prende ispirazione, e cioè la recente e fortunatissima Fleabag (2016-2019), con cui condivide anche una netta e decisa matrice di British humour. Dalla serie di Phoebe Waller-Bridge, però, oltre alla pungente ironia ai limiti del cinismo la serie di Kay ruba un elemento interiore, che pur apparendo meno spesso di quanto non accada nella serie che l’ha preceduta risulta a suo modo ugualmente determinante: il ricorso allo sguardo in macchina, che stabilisce un ulteriore filo diretto fra il protagonista diegetico e lo spettatore extradiegetico a cui si interpella.
Nonostante la fortuna del prodotto derivi indubbiamente anche dalla ben calibrata somma di precedenti vincenti, è doveroso puntualizzare che la serie riesce a fonderli magistralmente unendo tuttavia anche un quid proprio e personale. Quando l’effetto di un mix maldestro, forzato e poco riuscito è dietro l’angolo, a fare la differenza sono la qualità della scrittura e soprattutto delle interpretazioni, su tutte quella del protagonista.
In questo modo, grazie ad elementi propri e alla lezione di fortunati precedenti, Adam Kay firma una serie senza dubbio personale ma anche squisitamente calibrata, sorprendente nell’alternanza dei toni, ottimamente interpretata e punteggiata di trovate formali e testali che la rendono a pieno diritto un indubbio esemplare di quality television.