The Hater

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C’è chi è nato per soccombere e chi per controllare il mondo. Ma se i calpestati iniziassero a nutrire una certa insofferenza al dover chinare la testa? Cosa accadrebbe se uno dei sudditi scoprisse di essere un sofisticato falsario del mondo reale abile a distruggere l’universo che lo ha sempre ripudiato? “The Hater” è l’esito del livore lasciato a marcire per anni, oggi giunto a puntuale maturazione: la vendetta è pronta a compiersi, e nell’era della dis-informazione digitale saprà mascherarsi subdolamente dietro lo schermo per esplodervi dentro.

Premio per il miglior lungometraggio all’ultima edizione del Tribeca Film Festival, “The Hater” è una ferita che trafigge al ventre, con violenta puntualità, la società politica contemporanea. Netflix ne ha acquistato i diritti e lo ha inserito nel catalogo italiano da luglio 2020. Si consiglia di stanare questo titolo nel sovrabbondante inventario streaming al più presto: le doti interpretative e la lucida analisi dei nostri giorni vi faranno sopravvivere valorosamente, senza alcuno sforzo, alla smodata durata del film. Promesso.

Dietro la rassicurante facciata europeista di molte nazioni nel cuore del Vecchio Continente c’è ancora molto spazio per tenere al sicuro un considerevole patrimonio d’odio e fanatismo. Il tutto è stato mantenuto sotto chiave per anni. Le idee democratiche vacillano pagando il prezzo del disagio popolare dilagante, e la cultura della tolleranza non ha saputo diffondersi né suggerire la propria urgenza. Così oggi le correnti estremiste sembrano essere riuscite a rompere il catenaccio e affollano le strade, le cabine elettorali, le bacheche dei social media.

“The Hater” è la capitolazione entro un vortice che travolge ogni cosa: lo spargimento di sangue sarà inevitabile quanto veloce è stata la resa alla violenza. La brutalità del fanatismo è cosa nota. Ciò che ancora sembra in fase di valutazione è quanto le nuove tecnologie possano favorire i centri di potere che hanno deciso di assecondarlo. Sbandierando vecchi slogan e servendosi delle incrinature dell’assetto democratico, nell’impeto di un click.

“Corpus Christi” di Jan Komasa era stata una delle seducenti folgorazioni cinefile della scorsa stagione. (Ha rappresentato la Polonia nella corsa all’oscar per il miglior film straniero. È stato poi scalzato dalla vittoria da un film perfetto, meglio di “Parasite” l’anno scorso proprio non si poteva fare). Il regista polacco torna a sbigottire le platee europee raccontando la propria nazione: un altro impostore sotto la lente d’ingrandimento, un’altra proteiforme e violenta creatura figlia del mal-funzionamento del sistema politico. Abitato da populisti e politici malfermi, lo sfondo sociale e politico della Polonia di oggi è l’habitat perfetto per mostri rancorosi che sanno nascondersi nell’invisibilità.

Tomasz Giemza (Maciej Musialowski) ha occhi appuntiti e un senso dell’etica piuttosto oscuro. Non abbassa mai lo sguardo, e quando sorride lo fa in maniera quasi impercettibile. Tomasz è un giovane ambizioso e famelico. Dopo essere stato assunto da un’agenzia specializzata in strategie di “rielaborazione” dei contenuti online, decide di attuare una sbalorditiva ascesa per colpire al cuore la privilegiata élite da cui ha sempre sperato di poter essere accettato. Mistificazione e diffamazione non saranno le sole armi di cui avrà bisogno.

The Hater
Maciej Musiałowski è Tomasz Giemza

Tomasz li sente ridere della sua ostinata ambizione, del tutto irragionevole per chi ha le sue umili origini. Sente il loro sguardo scivolargli addosso, incapace di mettere a fuoco l’uomo di successo che potrebbe diventare. Robert (Jacek Koman) e Sofia (Danuta Stenka), apparentemente progressisti e superficialmente generosi, hanno staccato qualche assegno in suo favore, senza mai sprecare un minuto per prenderlo sul serio. E Gabi (Vanessa Aleksander), la loro bellissima figlia di cui il tormentato Tomasz sembra innamorato, si prende gioco di lui ad ogni occasione.

Quando a Tomasz viene offerta la possibilità di distruggere la credibilità del politico liberale (Maciej Stuhr) che Robert e Sofia sostengono, il ragazzo non avrà alcun tentennamento. Peccato per l’unico personaggio buono e onesto dell’intero film. La violenza è a portata di mouse e per distruggere campagne elettorali e annientare un uomo è sufficiente una tastiera.

“The Hater” si rivela potentemente efficace nel descrivere la furia che sostiene le campagne di disinformazione. E sa offrire alcune spaventose intuizioni sull’ascesa di molti movimenti nazionalisti. “L’Europa sarà bianca o sarà disabitata” si urla nelle strade di Varsavia, mentre il nostro macchinatore d’odio si scatena dietro lo schermo.

The Hater

Tomasz e la losca agenzia di comunicazione per cui lavora manipolano dati, notizie e persone, in modo silenzioso, compulsivo, violento. Danneggiano, calunniano, schiacciano celebrità e politici per soldi, provocando il caos. E poco importa se a pagare per il loro operato sono le comunità LGBT insultate sui social o gli immigrati picchiati per strada.

Komasa avverte che proprio nella disuguaglianza sociale che vediamo dilagare intorno a noi risiede il seme del risentimento e dell’odio. È la natura ingiusta del nostro sistema sociale ed economico ad aver trasformato Tomasz in un mostro.

E qui risiede la forza di “The Hater”: Tomasz è un avido sociopatico o una vittima di una non-cultura online misantropa che ha demolito la dignità? Come un moderno Travis Bickle parte del suo impeto distruttore è mosso dal senso di fallimento e dalla delusione di un amore non corrisposto. Tomasz afferra il suo dolore fra le mani e sceglie di armarlo contro il mondo.

The Hater
Maciej Musiałowski nei panni di Tomasz Giemza e Vanessa Aleksander è ‘Gabi’.

“The Hater” sembra trarre ispirazione da “The Social Network” di Fincher e l’impeto arrivista e paranoide da “Lo sciacallo – The Nighcrawler” di Gilroy. Tomasz Giemza è un personaggio disprezzabile ad ogni apatico gesto, ma il suo tumulto interiore, seppur compassato, si lascia percepire. La sua crudele ascesa è inaspettatamente affascinante, grazie anche alla straordinaria prova del bravissimo Maciej Musialowski, nascosto dietro un inaccessibile maschera di rancore e frustrazione.

Nonostante la sceneggiatura di Mateusz Pacewicz (suo anche il testo di Corpus Christi) disperda parte della sua incisività nella parte centrale, Komasa non ha paura di affondare la lama affilata nella ferita ancora sanguinante. E anche se il taglio non dovesse rivelarsi di chirurgica precisione “The Hater” si dimostra un film deciso e di ammirevole ambizione.

“The Hater” ritrae, senza rielaborazioni artificiose eccessive, il cannibalismo sociale che imperversa nelle nostre società e la smaterializzazione dell’identità che si realizza dinnanzi ad uno schermo.

PANORAMICA

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

La vendetta nell'era della dis-informazione digitale sa nascondersi dietro lo schermo in maniera molto efficace quanto subdola. "The Hater” si rivela potentemente abile nel descrivere la furia che sostiene le campagne d'odio e sa offrire alcune spaventose intuizioni sull’ascesa dei movimenti nazionalisti. Una lucida analisi dei nostri giorni. Ottima l'interpretazione di Maciej Musialowski, l'oscuro famelico protagonista.
Silvia Strada
Silvia Strada
Ama alla follia il cinema coreano: occhi a mandorla e inquadrature perfette, ma anche violenza, carne, sangue, martelli, e polipi mangiati vivi. Ma non è cattiva. Anzi, è sorprendentemente sentimentale, attenta alle dinamiche psicologiche di film noiosissimi, e capace di innamorarsi di un vecchio Tarkovskij d’annata. Ha studiato criminologia, e viene dalla Romagna: terra di registi visionari e sanguigni poeti. Ama la sregolatezza e le caotiche emozioni in cui la fa precipitare, ogni domenica, la sua Inter.

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