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Red Eye, recensione del film con Cillian Murphy

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Red Eye” è un film del 2005 diretto da Wes Craven. I protagonisti sono Cillian Murphy e Rachel McAdams. A quel tempo, entrambi gli attori avevano da poco decollato con le rispettive carriere. Negli anni successivi godranno di un’ottima fama internazionale. In particolare Murphy, il cui ruolo di Thomas Shelby, nella serie tv “Peaky Blinders“, gli farà guadagnare numerosi apprezzamenti da parte di critica e pubblico.

Red Eye
I due protagonisti in una scena del film

Red Eye, trama

Una dirigente di un hotel di lusso di Miami, deve imbarcarsi su un volo di linea, dopo essersi presa qualche giorno di pausa lavorativa, per partecipare a un funerale lontano da casa. All’aeroporto, a causa di un ritardo del volo, si intrattiene con un giovane uomo, con cui instaura una fugace amicizia. Per una strana coincidenza scopre che il passeggero che siederà al suo fianco è proprio la persona conosciuta poco prima. I due hanno una conversazione, dalla quale viene rivelato che egli non è altro che un terrorista, in procinto di fare un attentato nei confronti di un politico importante. La relazione che unisce i due soggetti, potenziali vittime, è l’hotel di Miami, nel quale il diplomatico andrà a soggiornare a breve assieme alla famiglia. La protagonista viene quindi forzatamente fatta complice, costretta ad ubbidire a una precisa richiesta da parte dell’uomo.

Red Eye
I due protagonisti in un frame del film

Recensione, Red Eye

Il regista Wes Craven non ha bisogno di presentazioni. Il suo cinema ha sempre puntato ai generi horror e thriller, grazie ai quali ha dato vita ad alcuni dei film più importanti e famosi della settima arte. Titoli quali “Nightmare” o “Scream” lo hanno consacrato come maestro assoluto, assicurandosi un posto tra gli autori più celebri del suo tempo.

Questa pellicola si inserisce tra gli ultimi lavori della sua carriera, in cui ancora una volta è stato in grado di infondere spessore al genere, intrecciando una trama dagli iniziali lineamenti politici con una tensione alta e costante, tipica dei grandi thriller.

Il film è figlio del suo tempo, ovvero mantiene dentro di sé quei tratti che accomunano diverse pellicole uscite nei primi anni 2000. La fotografia, le vicissitudini della storia, la scenografia e i costumi, sono tutti elementi caratteristici che è possibile riscontrare in un certo tipo di cinema, che cercava di liberarsi dal fardello degli 90, per puntare verso un qualcosa di nuovo e indefinito.

Il problema che purtroppo risente quel cinema di venti anni fa, è la mancanza di originalità che va a contraddistinguere titoli abbastanza superficiali, i quali sembrano puntare maggiormente al raggiungimento di un incasso elevato. Nel tentativo di rinnovarsi, si cade perciò in una ripetizione scadente, che lascia pochi dubbi su cosa rappresentasse il mainstream dell’epoca.

Red Eye
Un frame del film

L’opera di Wes Craven è molto furba, perché si comprende come l’autore voglia sfruttare bene il momento, per contribuire al filone che faceva cassa in quegli anni. Un mix di tensione, azione ed eroismo che faceva breccia nel cuore di molti americani. Il regista esce da un periodo d’oro che gli frutta parecchio denaro, grazie alla saga di “Scream“. Per questa ragione affidargli dei lavori apparentemente più modesti, sembra la soluzione verso una via più prolifica.

I difetti che infatti caratterizzano il prodotto, sono appunto la visione di elementi che vediamo apparire uguali anche in altri lavori dell’epoca. Il regista comunque non si dimentica di mettere la firma all’interno del film. La particolarità che infatti lo allontana leggermente da progetti simili è la mano di Wes Craven, impossibile da non notare.

Ed infatti il cinema di Wes Craven è sempre stato prettamente americano, nel suo svolgimento, nella bizzarria dei dialoghi, nella forma in sé. Tutto è esaltato e portato all’estremo nel cinema dell’autore, come specchio della società americana. La costruzione visiva è nel pieno stile dell’immaginario statunitense ed è forse per questo motivo che è stato molto apprezzato.

Red Eye
Un frame del film

La costruzione della scena iniziale è il primo aspetto su cui è doveroso soffermarsi. L’ambientazione dell’aeroporto e gli eventi che accadono nei primi minuti, gettano da subito uno sguardo ben preciso. La rappresentazione della quotidianità, che tra la confusione del contesto e a diversi cancellamenti di voli, appare tranquilla e serena.

In questo apparente e trascurabile disagio, viene inserito l’antagonista del film. Il cattivo che gira tra la folla, che si amalgama e si conforma alla massa di gente. La rappresentazione del malvagio nella più banale quotidianità. È un punto che contraddistingue la filmografia di Craven e che aumenta la tensione a causa di un nemico difficilmente identificabile.

Tutto ciò che sembra avvenire per caso, in realtà è frutto di scelte ben programmate e progettate, affinché accadono in quella determinata maniera. Un semplice viaggio innocuo si presenta come una sfida tra la vita e la morte per la giovane protagonista, la quale dovrà affrontare le rigide regole del cattivo di turno. L’aereo si trasforma quindi da un mezzo di consumo a una gabbia dalla quale è impossibile fuggire.

un frame del film

Breve conclusione

L’opera diventa quindi un thriller psicologico, grazie anche all’interpretazione dei due attori protagonisti, che si dimostrano all’altezza dei ruoli assegnati. La tensione cresce sempre di più, grazie a una regia cinematografica coerente da sempre con la visione dell’autore. I suoi movimenti di camera e la disposizione spaziale dei due personaggi all’interno della storia, delineano un quadro di assoluto livello, che confermano uno stile ben saldato.

PANORAMICA

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Wes Craven firma un buon film, dovuto oltre che alla sua regia, anche a un cast notevole composta dalla coppia McAdams e Murphy.
Giovanni Veverga
Giovanni Veverga
Amo gli autori che vogliono e sanno come raccontare una storia in grado di affascinare lo spettatore.

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