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Le streghe son tornate – la mostruosa commedia di Álex de la Iglesia su Prime Video

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Le donne sono spesso rimproverate per giudicare troppo severamente l’operato maschile. Vigliacchi, incapaci, infantili. Ci sembra di sentirle, non è vero? Eppure le donne, da sempre, lo negano. Sono gli uomini a tacciarle di una tale disapprovazione. E se invece, da qualche parte, per uno sparuto ma mostruosamente energico gruppo di donne, il disprezzo per gli uomini fosse divenuto l’unica possibilità di dileguarsi dall’oppressione machista imperante? Solo odiando si può essere libere dalle menzogne e dalla loro urgenza carnale di sottomettere. Folli, ossessionate, fanatiche? Forse. Ciò che sappiamo è che indemoniate lo sono di certo. “Le streghe sono tornate”, cavalcando l’anarchia deforme e iperbolica di Álex de la Iglesia, e sono da pochissimo atterrate nel catalogo Prime Video. Un’occasione perfetta per recuperare uno dei film più irriverenti e grotteschi in tema di battaglia tra i sessi degli ultimi 10 anni.

Las brujas de Zugarramurdi” (questo il titolo originale, tradotto in italiano con “Le streghe son tornate”) è una commedia sfrenata. Un guazzabuglio di cinematografia tagliuzzata, polverizzata e ricomposta in un horror anomalo che nessuno avrebbe saputo realizzare come Álex de la Iglesia. Un mostruosa nuotata nel mare dell’orrore a cui non mancano le amputazioni, il travolgimento delle più basilari leggi della gravità, sangue di rospo e un certo appetito per la carne infantile. Ma persino con caratterizzazioni di genere così eloquenti Álex de la Iglesia riesce a realizzare un film che ha in sé altre multiformi sfumature. Il genere, tra le mani del regista basco, diviene materia indecifrabile, da plasmare e lasciare evolvere apparentemente senza controllo.

La sua esuberanza fagocitante, spesso incompresa, lo ha trasformato in un regista di culto per gli appassionati di quell’irreale iperbolico che a ben guardare sa raccontare il contemporaneo con lucidità e coerenza. Il regista del satirico e satanico “El dia de la bestia”, dell’horror condominiale “La Comunidad”, di “Ballata dell’odio e dell’amore” metafora di sangue e fascino ambientata tra le macerie della guerra civile spagnola, e del più recente incubo dissacrante di “El Bar“, nel 2013 confezionava un altro film perfetto. Perfetto per il pubblico che sa sporcarsi di sangue e morire di risate. “Le streghe son tornate” è una sagace raccolta di elementi gotici dislocati nella commedia: una satira delirante sui rapporti di coppia del nostro tempo.

Carolina Bang, Carmen Maura e Terele Pávez

La strega è perfidia, diavolo, perversione. Ma anche erotismo, occulto, incantesimo. La strega incanta, sovverte, rinnova secondo nuove femminee regole.

Álex de la Iglesia in “Le streghe son tornate” dà origine ad una stirpe di streghe con denominazione geografica precisa e controllata. Quale strega potrebbe starsene senza stamberga in cui poter mescolare il pentolone? E in questo caso le streghe appartengono esattamente a Zagarramurdi. Avamposto basco, a pochi chilometri dal confine pirenaico con la Francia, che fu nel medioevo simbolo pagano della lotta contro l’Inquisizione clericale. Luogo di antichissime cerimonie sacre divenuto teatro dell’orrore con i roghi della Santa Inquisizione.

 A ben notare in effetti le streghe in questo caso vantano la stessa provenienza del regista, tanto che viene da domandarsi se sia stato lui a portarle alla luce o loro a generarlo in veste di personale portavoce. Il regista sembra volerci raccontare di un potere matriarcale riconosciuto nella società basca e sopravvissuto alla tirannica monoteista centralità del maschio. A Zugarramurdi ci sono donne orgogliose, arrabbiate, decise a riconquistare il loro posto nel mondo. E sono streghe, e non perché gli uomini le apostrofano in questo modo, ma perché davvero hanno poteri, scope, pentoloni e rospi in gran quantità.

Le streghe basche raccolte intorno a un lurido calderone prevedono il trionfo della Grande Madre generatrice. Un solo piccolo sacrificio e il dominio delle streghe sarà compiuto. Lo stormo di streghe di Zagarramurdi è guidato da Graciana (Carmen Maura), e supportato dall’ingorda e anziana madre Maritxu (Terele Pávez) e dalla figlia Eva (Carolina Bang), nome perfetto per una peccatrice provetta di pelle vestita, che, quando non vola, sfreccia ad altissima velocità su di una motocicletta da urlo.

Sembra che queste streghe abbiano provveduto all’eliminazione gustosissima di diversi giovanotti, ma nessuno di loro si sia rivelato quello giusto. È necessario il martirio di un giovanissimo bimbetto, ma è bene che questa volta si tratti davvero dell’Eletto. La profezia raccomanda di individuare il figlio dell’uomo che porta il fardello della croce, lo riconosceranno per l’eccezionale quantità d’oro che porterà con sé.

Le streghe son tornate

Quando un Cristo verniciato d’argento con tanto di corona di spine, nella centralissima Puerta del Sol, crocevia della caotica Madrid, decide di rapinare un Compro Oro, la profezia sembra aver scovato la preda perfetta. L’uomo dal blasfemo costume si guarda attorno circospetto, attende i suoi complici: un morbido SpongeBob, un’adorabile Minnie e un soldatino dipinto di verde. Incarnazioni della cultura di massa, liberamente accostate a un Cristo sofferente con il cellulare nascosto nelle mutande.

In loro compagnia c’è anche un bambino, figlio del Cristo divorziato, costretto all’azione criminale proprio durante i suoi giorni di affidamento. Il colpo finisce sanguinosamente male, tra grida, spari, e qualche soffice mascherato a terra.

I superstiti dirottano un taxi. Il Cristo José (Hugo Silva), il figlio Sergio, e il soldatino giocattolo (Mario Casas) sono riusciti a cavarsela. Il taxista, dopo aver ascoltato le loro storie di uomini schiacciati da mogli, fidanzate e madri in carriera, incontentabili e apprensive, deciderà di accompagnarli al confine in veste di loro nuovo complice. Anche lui intende ribellarsi ad un matrimonio che lo imprigiona da troppo tempo.

Gli sprovveduti con un’enorme quantità di fedi nuziali d’oro razziate al banco dei pegni, simbolo di tante promesse matrimoniali infrante, decidono di fuggire a tutto gas in Francia. José, in nome della sua comprovata maturità, ha promesso al figlio che andranno a vivere a Disneyland, e i suoi complici imbranati non hanno un’idea migliore. I quattro invece si intrappolano nel villaggio di Zugarramurdi, quartier generale di streghe misandriche che non appena vedranno il Cristo, un bambino e l’oro si convinceranno di aver finalmente trovato l’Eletto da sacrificare alla Grande Madre.

Álex de la Iglesia realizza una favola da incubo in cui violenza, erotismo e commedia si amalgamano al fine di sbeffeggiare ogni brandello di polarizzazione sessista: misandria e misoginia sono raccontate entrambe come opinioni puerili, villane, sterili. Il film riesce ad inchiodare al muro sia la stoltezza machista che denigra la donna perché umorale e pericolosa, sia a schiacciare tutte le possenti contraddizioni di quel femminismo che individua nell’annientamento dell’uomo il suo trionfo.

Se prima dell’arrivo a Zugarramurdi si riusciva ad intravede in quella goffa fuga verso la libertà un elemento salvifico, inquadrando con simpatia l’uomo docilmente inetto costretto al crimine a causa di donne troppo esigenti, con l’approdo nel villaggio stregato le regole del gioco mutano immediatamente. L’influenzabilità di questi uomini, dapprima così determinati ed ora così arrendevoli, li fa apparire deboli. Mentono, implorano, confermano inaffidabilità e vigliaccheria. Le streghe rappresentano un matriarcato primordiale, una forza generatrice, risoluto nei suoi intenti rivoluzionari. Eppure le armi utilizzate per la rinascita appaiono assai discutibili, ed ecco che la questione, nuovamente, torna a porsi dinnanzi allo spettatore come per nulla risolta. “Le streghe son tornate” è un film che invoca al potere femminile o un prodotto misogino?

Le streghe attendono l’uomo nuovo, generato dal corpo gracile del bambinetto Eletto, masticato ed evacuato dall’imponente corpo della Grande Madre. Non a caso si tratta di un mostro raccapricciante, incredibilmente e visibilmente transgender, che procrea per ingestione ed evacuazione: una Venere di Willendorf, anticipata nei titoli di testa, che torna in scena in sembianze ben più portentose. Nell’attesa le fattucchiere armate di scopa gestiscono in gran segreto un’osteria dove si cucina carne umana. Mangiano uomini come api regine, gustano orecchie mozzate e infornano bambini. La violenza, in “Le streghe son tornate”, è sfrenata e traboccante. Ma è proprio qui che leggiamo senza riserve il marchio di fabbrica dell’iperbole registica di de la Iglesia. Feroce, esasperato, e assai comico.

Le streghe son tornate

“Le streghe son tornate” è una distrazione sanguinolenta e libera, una provocazione che pur giocando inevitabilmente con molti, e talvolta troppo semplici, pregiudizi di genere sa bilanciare la scontata identificazione donna-strega con l’inguaribile infantilismo maschile, arrendevole preda della variante satanica del femmineo. Due assimilazioni superficiali dunque, ma altamente funzionali al divertissement complessivo.

La commedia è forse l’unica costante della messa in scena, mentre la scenografia sullo fondo muta frequentemente. Dal grottesco, al road movie, dall’horror fino alla commedia romantica. Il poliziesco antropologico e buffonesco della scena iniziale, in cui Madrid è iconografia del capitalismo e un Cristo criminale abbandona la croce per rapinare un Compro Oro, è la caratterizzazione meglio riuscita. Da questo comprendiamo ciò che ci aspetta: nulla di solamente comico, nulla di davvero serio.

“Le streghe sono tornate” è un’opera a cui difficilmente sapremo appicciare un’etichetta. Tutto è sapientemente incoerente, ma anche impercettibilmente misurato. La tendenza ad eccedere di de la Iglesia offre sempre l’impressione che troppo stia accadendo e troppo si stia mostrando. Ma carnalità ed estro assolvono ad ogni parossismo. Se proprio dovessimo trovare un vero difetto al film, diremmo che il finale è troppo lungo. Lasciato pronosticare già da un po’, quando si compie si protrae per troppi minuti, perdendo lievemente in termini di imprevedibilità. Sconcerto e sbigottimento sono ciononostante assicurati.

Sarà la rinnovata collaborazione con la sempre bravissima Carmen Maura (con lui in molti altri suoi film), o il piacere di lavorare con la musa Carolina Bang (con de la Iglesia anche per “Ballata dell’odio e dell’amore”), eppure il regista basco riesce persino ad abbandonarsi sul finale ad un inaspettato ambiguo lieto fine, calando il sipario sulla nascita di un amore. Nel momento di massimo castigo inferto dall’altro sesso si presagisce un barlume di speranza per una felicità al sangue.

PANORAMICA

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

"Le streghe son tornate" è una commedia sfrenata. Un mix esplosivo di cinematografia tagliuzzata e ricomposta in un horror anomalo che nessuno avrebbe saputo realizzare come Álex de la Iglesia. le interpretazioni di Carmen Maura e Carolina Bang regalano alle streghe la giusta dose di malvagità, intuito e seduzione. L'iperbolica regia del regista basco si abbandona anche questa volta a tutta la folle esagerazione di cui è capace, realizzando una commedia sulla battaglia tra i sessi riuscita, smisurata e comicamente splatter.
Silvia Strada
Silvia Strada
Ama alla follia il cinema coreano: occhi a mandorla e inquadrature perfette, ma anche violenza, carne, sangue, martelli, e polipi mangiati vivi. Ma non è cattiva. Anzi, è sorprendentemente sentimentale, attenta alle dinamiche psicologiche di film noiosissimi, e capace di innamorarsi di un vecchio Tarkovskij d’annata. Ha studiato criminologia, e viene dalla Romagna: terra di registi visionari e sanguigni poeti. Ama la sregolatezza e le caotiche emozioni in cui la fa precipitare, ogni domenica, la sua Inter.

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