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La comunidad – Intrigo all’ultimo piano

Ci siamo smarriti. Quante volte ci è stato detto? Abbiamo messo in attesa il senso di partecipazione, ci siamo divincolati dalle briglie del senso civico e abbiamo dribblato con talento inaspettato quel fastidioso impulso di solidarietà. Abbiamo sconfitto la comunità. Siamo liberi. Ma è così che ci siamo perduti.

La comunità. Sentite che bel suono? Comunità è una parola buona. Le persone, le società, i governi possono essere cattivi. Ma le comunità no. La parola comunità evoca in noi tutto ciò di cui necessitiamo per sentirci tranquilli, protetti, uniti.

Tuttavia qualora avvertiate i loro occhi su di voi, i loro bisbigli solleticarvi le orecchie, le loro domande divenire indiscrete, siate prudenti. Risposte sfuggenti e sorrisi evasivi potrebbero non bastare. Il terrore puro si realizza quando la comunità è insopportabilmente vicina.

Álex de la Iglesia. Il guerriero basco della sfrenatezza: il soldato armato di iperbole e smisurata assurdità che ci ha portato in dono pellicole capaci di rimescolare le viscere. E noi grati, e ancora storditi, lo abbiamo incoronato il re iberico dell’eccesso. A vent’anni dall’uscita nelle sale di “La comunidad” ci è venuta voglia di tornare insieme a lui in quell’appartamento di Madrid dove Carmen Maura, “sempre sull’orlo di una crisi di nervi” armeggiava meravigliosamente il coltello. In quel condominio che ci ha convinto a preferire le scale all’ascensore. In quella comunità a cui avremmo voluto non appartenere, sebbene assomigli molto alla nostra. Perché in fondo c’è sempre un “loro” da eludere, c’è sempre un “noi” da preservare, anche quando siamo fottutamente egoisti, e fottutamente soli.  

“La comunidad” è un horror di quartiere. Un thriller condominiale. Un dramma d’appartamento. Una pellicola che invita a ridere di un umorismo contorto ben barricati entro le mura domestiche e a guardare con sospetto l’umanità che ci attende sul pianerottolo.

La casa da sempre ci protegge dai pericoli del mondo esterno: dalle notti, dagli sconosciuti, dalle bestie feroci, dai virus. Ma la nostra casa può essere anche un claustrofobico scrigno in cui viene meno l’aria, che soffoca le menti e alimenta la paura. La casa è un luogo perfetto per le ossessioni. E Álex de la Iglesia sembra saperlo molto bene.

Il regista spagnolo ne “La comunidad” si dimostra molto generoso: ci propone un lussuoso appartamento nel centro di Madrid. Tutti i confort, già arredato, chiavi in mano. E una nuova casa si sa è un’ottima opportunità per ricominciare. Nuovo quartiere, nuove abitudini, nuovi vicini a cui raccontarsi un po’ meglio di come si è davvero. Un po’ più ricchi, un po’ più raffinati. Ci chiede in cambio solo di sopportare la curiosità del vicinato. O meglio la loro morbosità. Una morbosità che potrebbe uccidervi, se oserete sbirciare ciò che accade all’ultimo piano.

La comunidad

De la Iglesia convoca gli eccentrici personaggi socialmente instabili di Pedro Almodóvar, li immerge nella cupa atmosfera de “L’inquilino del terzo piano” e di quell’elegante alloggio, teatro di perdizione per menti fragili, di proprietà di Roman Polanski e ordina loro di ripercorrere i sentieri di suspense tanto cari ad Alfred Hitchcock. Ovviamente questa sontuosa sfilata di buon cinema attraversa le strade di Madrid, o meglio le osserva dall’alto dei tetti dei suoi eleganti edifici.

Una sceneggiatura ispirata che trafigge al cuore la cupidigia umana cosparsa di citazioni cinefile così sfarzose da rendere “La comunidad” una pellicola violentemente divertente. Il grottesco sanguigno di matrice iberica si dimostra ancor una volta molto gustoso.

Julia (Carmen Maura) è un’agente immobiliare. Con il suo professionale completo rosa si muove frenetica in una Madrid piovosa. È abituata a decantare i pregi degli appartamenti in vendita con molto poco trasporto. Ripete ad ogni coppia di papabili compratori la medesima lista di consigli preconfezionati confidando che, prima o poi, qualche sprovveduto decida di acquistare casa affidandosi a lei. Ma quando mette piede in quell’appartamento perfetto, ne rimane quasi stregata. È ammobiliato elegantemente, dotato di idromassaggio e materasso ad acqua, situato nel centro della capitale spagnola. Fino a quando rimarrà invenduto che potrà mai accadere se trascorresse in quella casa qualche notte? Magari invitando anche il marito per riavvicinarsi un po’, magari fingendo di essere i nuovi inquilini in modo che i vicini smettano di fare domande, solo per qualche giorno…

Carmen Maura interpreta Julia. Carmen Maura è considerata una delle muse di Pedro Almodóvar. Ha ricevuto per ben quattro volte il Premio Goya.

E se per caso Julia trovasse un bottino da sei miliardi di pesetas nascosto sotto una mattonella nell’appartamento del vicino appena deceduto e decidesse di approfittare della fortuna che sfacciatamente l’ha presa per mano, ecco se questo accadesse, la “comunidad” come reagirebbe? Quella comunità condominiale che ha aspettato pazientemente, sperato e sognato la morte del povero vecchio per poter finalmente spartirsi l’agognato denaro.

Quel denaro è frutto di una vincita al Totocalcio, non si tratta affatto di denaro sporco. Inoltre a suggerire il risultato vincente è stato proprio l’amministratore di condominio. “Lui disse: Sporting – Real Sociedad. (In sottofondo si avverte un suono) Io dissi: X. Mi è venuto dall’anima. Nessun altro in tutta la Spagna mise X.” Insomma fu davvero un’imbeccata divina. E quel vecchio invece si è barricato in casa, senza perdere il denaro di vista, rifiutandosi di condividerlo con la sua comunità condominiale. Julia, “villana” la chiamano. Venuta da chissà dove per impadronirsi egoisticamente della loro illusione di un futuro diverso. Eppure anche la loro sarebbe un’appropriazione illecita, non si tratta forse di soldi appartenenti al morto? Aver costretto quel poveraccio a vivere murato in casa per paura di derubato o ammazzato, non li fa sentire quantomeno ingiusti?

Loro sono pronti a tutto: dalla seduzione alla minaccia, dall’inganno all’omicidio, nulla è illecito se qualcuno si intromette nel tuo condominio per sottrarti il sogno che ti appartiene. Ma Julia di avidità se ne intende e non si lascia intimorire, vuole a tutti i costi uscire da lì con il suo valigione traboccante di pesetas.

De la Iglesia anticipa in “La comunidad” le acrobazie circensi dall’alto degli edifici e la carica di follia che ammireremo nel violento e sublime “Ballata dell’odio e dell’amore”, fa accadere atroci avvenimenti all’interno degli ascensori come in “Crimen Perfecto”, ci omaggia ancora una volta di una bellissima interpretazione di Carmen Maura così come sarà in “Le streghe son tornate”, ci immerge in quel liquame, in quella putrefazione di corpi che ritroveremo nel recente “El Bar”. Il regista afferma di non essersi ispirato ai maestri del thriller, ma di averli copiati. Probabilmente “La comunidad” è il suo film più contaminato, ma il suo marchio è presente sullo schermo per tutti i 105 minuti di frenetica e grottesca durata.

“La comunidad” è una commedia che ci farà ardentemente desiderare di ritirarci in una casetta isolata di montagna, distanti anni luce dallo sguardo sinistro di possibili vicini. È il film che ci farà esitare per il resto della nostra esistenza prima di aprire la porta al suono del campanello. Ma è anche la pellicola che ci farà vigorosamente sperare che la nostra avidità, di cui siamo nonostante tutto consapevoli, non abbia ancora raggiunto livelli di infamia così elevati. E così, speranzosi che la metamorfosi in bestie assetate di denaro non sia ancora del tutto compiuta, ci godremo quel finale rocambolesco, frenetico e sfrenato, correndo con Carmen Maura e la sua inseparabile valigiona piena di pesetas. È sconsigliata la visone a chi soffre di vertigini. La corsa contro il tempo sul finale si svolge interamente sui tetti di Madrid.

Comunità è sinonimo di solidarietà, di rispetto, di unione. Ma capita che in seno a qualche comunità venga alimentata una serpe velenosa, un morbo che infetta tutto ciò che tocca. “La comunidad” di Alex de la Iglesia è cinica, avida e bastarda. E quella a cui appartieni tu? Con chi condivi il pianerottolo?

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

“La comunidad” è un thriller condominiale dalla sceneggiatura ispirata che trafigge al cuore la cupidigia umana. Il grottesco di matrice iberica con i suoi eccentrici personaggi si conferma violentemente divertente. “La comunidad” è il suo film più contaminato di Álex de la Iglesia ,ma il suo marchio è presente sullo schermo per tutti i 105 minuti di frenetica durata.
Silvia Strada
Silvia Strada
Ama alla follia il cinema coreano: occhi a mandorla e inquadrature perfette, ma anche violenza, carne, sangue, martelli, e polipi mangiati vivi. Ma non è cattiva. Anzi, è sorprendentemente sentimentale, attenta alle dinamiche psicologiche di film noiosissimi, e capace di innamorarsi di un vecchio Tarkovskij d’annata. Ha studiato criminologia, e viene dalla Romagna: terra di registi visionari e sanguigni poeti. Ama la sregolatezza e le caotiche emozioni in cui la fa precipitare, ogni domenica, la sua Inter.

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