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La persona peggiore del mondo – L’incontro e la fine di un amore

Dopo un glorioso passaggio in Concorso alla 74ª edizione del Festival di Cannes, La persona peggiore del mondo, quinto film da regista del promettente autore norvegese di Thelma, Joachim Trier, ottiene distribuzione nelle sale internazionali conquistando e affascinando il pubblico di ogni età, nonostante sia focalizzato su un racconto che più di ogni altro – considerando soprattutto il panorama cinematografico degli ultimi due o tre anni – si pone come obiettivo quello di fotografare l’instabilità e la fragilità sentimentale, affettiva e più in generale relazionale degli individui appartenenti alla generazione dei Millenials.

Joachim Trier dunque allontanandosi per un attimo dalla psicologia per certi versi orrorifica, ferocemente dark e metafisica di Thelma, torna nella Oslo dei suoi Reprise (2006) e Oslo, 31. August (2011), concludendo un’ideale trilogia il cui punto di contatto centrale non è una traccia narrativa o un personaggio, bensì il luogo in cui tutto accade, comincia e poi finisce, Oslo. Chiaramente sono presenti e ben individuabili in ciascun film alcuni dei fantasmi tematici ricorrenti, seppur talvolta celati, tra i quali: la presunzione giovanile, l’elaborazione di un amore inaspettato e sincero, l’accettazione del dolore e la crisi esistenziale e identitaria.

La persona peggiore del mondo – Trama

La persona peggiore del mondo attraverso il racconto così sensibilmente acuto, attuale e perciò frastornante e destabilizzante che si concentra sulla crescita sentimentale e ancor più individuale di Julie – un personaggio femminile che è già da antologia del cinema, interpretata da una fragilissima e allo stesso tempo indistruttibile Renate Reinsve, giustamente premiata a Cannes come miglior attrice – riesce nel suo intento così potente e sincero di mostrare ciò che l’amore è diventato oggi, mutando nel corso di un passaggio generazionale necessario e inevitabile che vede come protagonisti gli individui della generazione Y.

Tutto è cambiato poiché questi individui non agiscono più in nome di quelle logiche di pensiero e sentimento idealmente solide e concrete che a lungo sono state raccontate tra cinema e letteratura. Piuttosto sono coloro che fanno parte della nuova società dell’immagine, di Internet e dunque dei Social Network, e così del narcisismo, della crisi dei valori familiari e delle relazioni “a progetto”.

Quelle relazioni che vengono sì desiderate e inseguite, dotate tuttavia fin dal principio di una scadenza rigida e inequivocabile, oltre la quale vi è soltanto la fine di un’emozione mutata e destinata a ripetere quello stesso processo che soltanto una reale certezza e stabilità, tanto psicologica e affettiva, quanto economica, potrebbe alterare e finalmente arrestare.

L’amore di Julie segue esattamente queste logiche, perdendo qualsiasi forma di concretezza e solidità e divenendo perciò fortemente indeciso, riflessivo e insoddisfatto.

La persona peggiore del mondo – Recensione

Se c’è un momento della vita – e crescita – di Julie che Joachim Trier dimostra di saper raccontare e mostrare per immagini con una sincerità dirompente e allo stesso tempo malinconicamente silenziosa e perciò emozionale è proprio la fine delle sue relazioni sentimentali. D’altronde all’interno de La persona peggiore del mondo, gran parte delle dinamiche narrative che qualsiasi spettatore avvezzo al genere rom-com più convenzionale potrebbe ingenuamente aspettarsi, viene costantemente modellata e giocata su toni e livelli atipici, poiché legata ad un discorso di cinema di commedia e di dramma, nient’affatto convenzionale e destinato a stravolgere incessantemente estetica, dialogo e perché no, anche il genere d’appartenenza del film.

La persona peggiore del mondo comincia infatti con un cambiamento che avviene nell’intimità flebilmente illuminata di una camera da letto universitaria, quella di Julie che seduta ad una scrivania colma di libri di testo sta scegliendo le parole giuste per lasciare il fidanzato di turno. Lei è razionale, chiara e presente a sé stessa come non mai, proprio perché abituata a compiere quel passo – e mai a subirlo -, mentre lui è a pezzi, ma fingendo solidità se ne va, congratulandosi per il controllo che lei nella sua indipendenza raggiunta e sempre più in crescita dimostra di possedere e controllare.

Dopo di che Trier ironizzando sul momento appena mostrato presenta in ordine: il cambio immediato di colore dei capelli, così come di carriera e luogo di vita di quello stesso personaggio femminile che pochi istanti prima avevamo osservato come integerrimo in tutta la sua sicurezza e convinzione, in termini di studio, vita universitaria e legami sentimentali.

La persona peggiore del mondo

L’incontro

Julie ad Oslo muta radicalmente nel vivere la sua nuova carriera da fotografa che tra i molti aspetti le permette di godere di rapide relazioni sessuali – e non emozionali – che cessano nel momento esatto in cui ad una festa incontra e conosce Aksel (uno straordinario Anders Danielsen Lie, già visto in Bergman Island di Mia Hansen-Løve), fumettista di grande cultura e dalla spiccata sensibilità e consapevolezza – tanto dei suoi sentimenti, quanto del suo ben motivato desiderio di creare una famiglia – che identifica immediatamente la chiave per permettere a Julie di restare, ossia rifiutarla.

Ecco dunque che il film si fa riflessione sulle contraddizioni sentimentali destinate a giocare su non detti, volontà illusorie, verità capovolte e camuffate in nome di una decisione mai realmente espressa che può divenire tale solo se scontrata con il suo esatto opposto. Julie incontra l’amore quando è l’amore a negarsi a lei e tutto cambia.

Se in un primo momento questo stravolgimento delle dinamiche può indurre a leggere – in qualità di testo filmico – La persona peggiore del mondo come una commedia sentimentale e romantica, seppur a modo suo, ecco che il dramma è appena dietro l’angolo e Trier lo presenta seguendo la traccia narrativa del gap generazionale e quindi sulla distanza di pensiero, solidità e volontà che separa inevitabilmente Aksel e Julie, poiché lei è una trentenne ancora alla ricerca, mentre lui è un quarantenne che dalla vita ha già avuto tutto, escluso l’amore e perciò la famiglia.

Ciò che sorprende maggiormente è quanto il cinema di Trier sia mutato nell’affrontare queste dinamiche narrative. Dai silenzi angoscianti e riflessivi dei film precedenti, alla chiacchiera colta, incessante ed emotiva di questo quinto lungometraggio.

La persona peggiore del mondo

La persona peggiore del mondo – Un’intimità fatta di sguardi

La persona peggiore del mondo sembra infatti gridare nel corso del suo intero minutaggio una verità mai realmente pronunciata e mostrata dal cinema di commedia, così come dal dramma, ossia che è vero, l’amore nasce negli sguardi, ma è ancor più vero che nasca nel dialogo sincero, privo di filtri e disinibito, accompagnato ad una intimità vissuta e condivisa fin dai primi momenti, senza pudore alcuno, tra cui il bagno, l’odore del proprio corpo – e sudore – e le peggior azioni commesse e immediatamente sussurrate all’orecchio della persona amata.

La riflessione che il film compie e mostra è proprio questa: Aksel e Julie si incontrano ad una festa ma se l’innamoramento avviene prevalentemente attraverso conversazioni e sguardi reciproci, inevitabilmente quanto detto in precedenza sulla condivisione dell’intimità e delle rispettive vergogne viene a mancare, facendo presagire un’ombra minacciosa destinata ad oscurare e mutare una forma d’amore pensata inizialmente come solida, reale e desiderata, anche se di fatto fin troppo fragile e mutevole.

Tutto cambia quando quella fondamentale condivisione di coppia e complicità torna nel successivo incontro di Julie, ancora una volta ad una festa, alla quale sconsideratamente sceglie di autoinvitarsi, un po’ perché annoiata e un po’ perché malinconicamente consapevole della fine del suo precedente sentimento, e questa volta l’incontro – e così l’innamoramento – si fa destabilizzante, tanto per Julie, quanto per Eivind (Herbert Nordrum).

Un film sulla ricerca, la conoscenza ed infine il rifiuto. Poiché prima degli altri, prima dell’amore e dei piani per qualsiasi futuro di coppia, c’è sempre lei, Julie che lotta contro tutti e contro sé stessa nella speranza di un raggiungimento prossimo di una sempre maggiore stabilità e felicità.

La persona peggiore del mondo – Se solo tu potessi fermare il tempo

Ciò che inevitabilmente si presenta nel mezzo delle due relazioni che Julie vive è il tradimento. Tuttavia Trier sceglie di concentrarsi non tanto sul sesso, quanto sulla profonda connessione spirituale che inaspettatamente nasce tra Julie ed Eivind senza che Aksel non ne sappia niente. In qualche modo questo diviene un tradimento ancor più di peso e fondamentale affinché Julie possa prendere in mano la situazione e ancora una volta, come già è stato nei primissimi minuti del film, lasciar andare un amore.

La persona peggiore del mondo

La fine della relazione

La fine della relazione tra Julie e Aksel però non è più sussurrata e accettata nella silenziosa e muta sofferenza della scena iniziale, piuttosto si fa elaborata tanto in termini stilistici, quanto in termini di dialogo e capace di presentare in modo realmente atipico e perciò interessante quattro nodi e momenti cardine di questo modello cinematografico:

  • Se solo tu potessi fermare il tempo per capire dov’è che davvero si nasconde e attende l’amore lo faresti lasciando in stallo tutto il resto e dunque anche quella persona che è già lì per te e non è mai andata via?
  • La corsa. Una volta trovato, corri incontro a quel sentimento che vuoi vivere ora più che mai, nella speranza talvolta disperata e talvolta gioiosa che lui faccia lo stesso.
  • Le promesse illusorie e malinconiche rispetto al fatto che tutto un giorno possa tornare come prima, che ci si possa incontrare ancora, innamorandosi un’altra volta
  •   Il sesso dell’addio, quello disperato, fragile e colmo di sincerità che si risolve nelle lacrime e in una soddisfazione soltanto parziale.

I quattro momenti si legano indissolubilmente all’interno di un’unica sequenza, quella più probabilmente memorabile, coinvolgente e acuta dell’intero film.
La corsa di Julie non è forsennata, né tantomeno nervosa e disperata come ci si potrebbe aspettare – per esprimerla in un concetto cinematografico, non è una corsa Mucciniana – al contrario è estremamente rilassata, poetica e dolce, pregna di un’atmosfera sospesa, per certi versi illusoria e onirica che sembra ricordare il cinema di Michel Gondry e Jean-Pierre Jeunet.

La persona peggiore del mondo

Conclusioni

Concludendo, La persona peggiore del mondo di Joachim Trier coglie appieno quell’irrequietezza e instabilità psicologica e dunque identitaria e affettiva tipica delle nuove generazioni che si rincorrono, raccontano, amano e poi abbandonano – poiché turbate dall’essere parte attiva di un legame sentimentale privo di scadenza – dimostra una sensibilità inaspettata poiché fortemente emozionale, sincero e attento più di ogni altro del suo stesso genere e modello cinematografico tanto al racconto sulle scelte dell’amore, quanto alla consapevolezza che il nucleo di tutto ciò sia di fatto la ricerca del proprio posto nel mondo, con o senza l’amore.

Un grande film sull’incontrarsi, il lasciarsi andare e il raggiungimento della felicità.

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

La persona peggiore del mondo di Joachim Trier è un film fortemente emozionale e sincero sul racconto dell'amore e dunque sull'incontrarsi e poi il lasciarsi andare, così come sulla crisi identitaria e sulla ricerca del proprio posto nel mondo rispetto ad una generazione raramente rappresentata e analizzata dal cinema dell'oggi, quella della generazione Y.
Redazione
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