Nessun titolo fu mai così maldestramente tradotto. Nessuna commedia americana è mai stata così disperata. Nessuna opera surreale è mai stata così intensamente umana. “Eternal Sunshine of the Spotless Mind” è una poesia che ci invita a distenderci sul ghiaccio, a ripararci dalla pioggia anche mentre si è seduti sul divano, e forse anche a cambiare colore di capelli. Perché vivere significa abbandonarsi al futuro in maniera folle, con la certezza che sbaglieremo ancora. Significa rifugiarci nell’inconscio per tornare consapevoli.
“Se mi lasci ti cancello”: una goffa traduzione, a cui si deve il solo merito di accrescere la sorpresa alla visione di questa colorata e surreale creatura. Ci si potrebbe forse aspettare una storia d’amore intrisa di banale comicità e ritrito moralismo. Nulla di più distante da ciò che Michel Gondry ha messo a punto per noi. Un puzzle che una volta ricomposto ci assesterà un dolce pugno nello stomaco, risvegliandoci da un meraviglioso sogno che, non si sa come, ci lasciato addosso qualche cicatrice.
Joel Barish (Jim Carrey) si sveglia solo e sgualcito. Decide di non recarsi al lavoro, prende un treno per Mountauk, trascorre la mattinata su di una spiaggia incolore. Clementine Kruczynski (Kate Winslet) indossa una felpa arancione. Il colore sembra risvegliare Joel dal torpore della sua grigia routine. Un impacciato incontro sul treno, un gentile passaggio in auto fino a casa, uno stravagante e romantico appuntamento su un lago ghiacciato.
L’indolente Joel “il cui diario è una raccolta di fogli bianchi” e l’inquieta Clementine “la cui personalità è tutta dentro un tubetto di tintura”: li abbiamo appena conosciuti e già sappiamo si ameranno molto. Un lungo prologo per presentarci due personaggi profondamente diversi, intensamente umani, intimamente legati. I titoli di testa scorrono sull’immagine di Joel, abbandonato in disperate lacrime, dentro la propria auto. L’inizio del film ci ha già condotto alla fine.
Tutti conosciamo quel dolore, la straziante sofferenza che accompagna l’epilogo di un amore. E non abbiamo forse anche noi fantasticato su quanto avrebbe reso le cose più semplici poter cancellare tutto quanto? La passione, l’affetto e tutta quella indicibile desolazione? L’impulsiva Clementine vuole dimenticare. E grazie ad un processo di rimozione selettiva della memoria ci riesce. Joel non è più in nessun luogo della sua mente. L’apatico Joel deciderà di sottoporsi allo stesso chirurgico procedimento. E qui ha inizio il suo, e il nostro viaggio, nei suoi ricordi.
Immagini fuori fuoco, fotografie malridotte, visioni che rifuggono la cronologia per narrarci di una stravagante e sorprendente storia d’amore. Immerso in ricordi che stanno per essere spazzati via per sempre, Joel cambia idea: afferra l’amore con tutte le sue forze, tenta di trattenerlo a sé, si oppone al mondo che attorno a lui sta crollando, deciso a tenere stretto a sé ogni momento trascorso con Clementine.
La sceneggiatura di “Eternal Sunshine of the Spotless Mind”, premiata con l’Oscar, vanta la firma di Charlie Kaufman: la gradita anomalia del paesaggio hollywoodiano di inizio millennio. Kaufman è l’ingranaggio che ringraziamo del mal funzionamento, perché capace di concederci una pausa dalla consueta produzione in serie. Visionario, cerebrale e cervellotico, una di quelle menti di cui si muore dalla voglia di sbirciare l’interno. Ancor prima di realizzare quello che sarebbe stato il suo smisurato capolavoro “Synecdoche, New York”, Kaufman era già apprezzatissimo dalla critica. Qualcuno avrebbe il coraggio di non lodare le sceneggiature di “Essere John Malkovich” e de “Il ladro di orchidee”?
Il soggetto di “Se mi lasci ti cancello” inizia a prendere forma ancor prima della realizzazione di “Human Nature” del 2001, la prima fatica creativa targata Gondry-Kaufman, per concretizzarsi solo qualche anno dopo, nel 2004, germogliando da incubi e fantasie comuni.
Micheal Gondry è un regista per cui invenzione e astrazione non costituiscono un universo altro; al contrario queste abitano in un mondo addizionale, capace di far dubitare di ciò che siamo abituati a ritenere reale e tangibile. L’artista francese, noto per i video musicali per Bjork e per la pubblicità più premiata di tutti i tempi, “Drugstore”, che vinse il Leone d’Oro a Cannes nel 1994, è l’esatta risposta visiva a ciò che Kaufman scrive. In “Eternal Sunshine of the Spotless Mind” il mondo immaginato e quello reale si incontrano, si sovrappongono, interagiscono: il realismo, enfatizzato dall’uso della camera a spalla, l’elemento surreale, affidato ad angolazioni insolite, e il montaggio non narrativo intensificano la sensazione di un reale in decomposizione, che lascia spazio ad un’illusione che si fa materia.
“Eternal Sunshine of the Spotless Mind” dipinge la nostra esasperata fuga dalle sensazioni spiacevoli, la nostra meschina vocazione alle gratificazioni labili e surrogate. L’accettazione del fallimento è l’autentica rivoluzione messa in scena da Gondry: Joel e Clem, consapevoli del male che faranno l’uno all’altra, decideranno ugualmente di affrontare l’amore, e la rabbia, le lacrime, la delusione che seguiranno.
“Eternal Sunshine of the Spotless Mind” è un viaggio che va intrapreso, con gli occhi e il cuore rivolti allo schermo. Una poesia che può esserci recitata solo al cinema, amabile inganno che sa colorare i nostri fallimenti di gradazioni così seducenti che finiremo per non volerli più cancellare.