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La cena delle spie – la spy-story con Chris Pine su Prime Video

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Dall’adattamento dell’omonimo romanzo dello scrittore statunitense Olen Steinhauer, che ne cura anche soggetto e sceneggiatura, prende forma La cena delle spie, disponibile dallo scorso marzo su Prime Video.

Diretto dallo svedese Janus Metz, si tratta di uno spy drama intrecciato ad una storia sentimentale, dai colpi di scena d’ordinanza: un prodotto passionale, tragico, sviluppato in modo composto, classico, al limite del prevedibile, che seduce, dilaga, cerca di fare il suo dovere, inseguendo una luce che a volte raggiunge a volte dimentica, distratto da se stesso.

La cena delle spie

La cena delle spie – Trama

Nel 2012 Celia (Thandie Newton) ed Henry (Chris Pine) sono agenti della CIA distaccati a Vienna, innamoratissimi e pronti alla convivenza, entrambi occupati a risolvere un delicato e molto rischioso caso di dirottamento aereo. Il volo 127 al momento del decollo viene preso in ostaggio da terroristi armati e disperati, i quali, se non vedranno ascoltate le loro richieste, saranno pronti a farsi scudo umano con i bambini reclutati a forza tra i passeggeri.

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La vicenda finisce nel peggiore dei modi: un bagno di sangue che lascia traumi su tutti gli operativi coinvolti; tra di loro, in particolare, Celia lascia Henry e i servizi segreti, senza dare spiegazioni.

Otto anni dopo, proprio i superiori di Henry chiedono all’uomo di indagare su una possibile talpa interna che all’epoca del caso sabotò le azioni, passando informazioni segrete alla controparte, durante il momento più critico. Così Henry indaga sull’allora capo del dipartimento di Vienna, Bill Compton (Jonathan Price), tempestandolo di domande in quel di Londra, città dove ormai risiede, e poi vola in California per una cena-interrogatorio con la sua ex-donna della vita, Celia, oggi sposata e madre di due bambini.

Attorno a quel tavolo riemerge come un rompicapo doloroso il vortice ineluttabile degli eventi storici e personali che portarono al disastro del volo 127 e alla separazione definitiva dei i due.

La cena delle spie

La cena delle spie – Recensione

La ricostruzione ex-post di un delitto spionistico commesso anche per amore, di un passo falso che sconta il fio dell’emotività umana, di un errore di valutazione e della consueta strategia istituzionale priva di scrupoli. Una tela di ragno che Metz dispiega e lascia affiorare tra le portate, tutte – non caso – ricercate e più complesse del loro aspetto, che si avvicendano in questa cena delle apparenze e delle verità.

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Una resa che oscilla tra tensione e ricordo, morbidamente, senza grossi scossoni, ma che rimpalla inesorabile, destinata a scavare, dipanare e chiarificare i perché e le ferite sospese causate da un dramma forse evitabile, forse no.

Spionaggio e sentimentalismo corrono spesso su binari paralleli, ma non si incontrano veramente mai nel profondo: il ritmo dell’uno è incompatibile con il ritmo del secondo, e per questo ogni 007 della storia ha in sé qualcosa di immortale e non risolto che continuerà ad inseguire.

La cena delle spie, invece, è una scena finale, il sipario definitivo, su una parentesi meravigliosa e mostruosa insieme, che ha straziato cuori e destini dei protagonisti, fiaccandone equilibri per sempre, regalando loro incubi, solitudini e distorsioni di difficile cancellazione, perché la violenza, e il periodo odierno tristemente ce lo ricorda, non va mai sottovalutata, è pratica di difficile guarigione e complessa estirpazione. Soprattutto in certi scenari umani e geopolitici.

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La cena delle spie viaggia su piani spaziali e temporali sfalsati: si rincorrono tra una portata e l’altra i ricordi del 2012, Vienna, Londra, la California, un attimo prima di entrare nel ristorante, un attimo dopo a sorseggiare vino, unica bevanda servita dal locale.

La cena delle spie

Si intrecciano in modo fin troppo addomesticato, sequenze del presente e del passato, le inquisizioni degli altri membri della squadra, le testimonianze delle fonti su cui entrambi facevano costante riferimento, le notti appassionate, le fughe in ufficio, le ore concitate tra un appuntamento strategico ed un telefonata misteriosa, i filmati e gli audio del e dal volo, le sorti dei reduci sopravvissuti e non, tutti possibili colpevoli e al contempo tutti effettive vittime, come in un giallo christieniano da manuale.

Questo montaggio dolcemente frammentato da una parte crea un andirivieni che spezza la staticità della situazione, immerge nel racconto, accompagna l’empatia; dall’altra definisce una struttura ritmica sincopata riconoscibile, che indoviniamo avvenga e sia riproposta di volta in volta, come cifra principale di sviluppo della storia. E la tensione accumulata, si spegne quando si torna alla cena vera e propria, in una suspance a fisarmonica che dovrebbe avere più mordente e meno auto-indulgenza, così da permettere di digerirne la durata, non di molto eccessiva, ma comunque accusata.

La cena delle spie – Cast

Grossa mano al successo de La cena delle spie è il cast: lo stropicciato Pine, attraversa il tempo quasi indenne, ma mantiene la capacità di stupirsi nello sguardo celeste che lo contraddistingue, mentre la Newton è una splendida Matha Hari dalla voce perennemente in soffiato, la cui credibilità, emotiva e non, è praticamente inscalfibile.

Sua è la decisione più dura, sua la distanza e l’avvicinamento più grande al cuore del problema, come solo un’anima femminile spesso è capace di compiere.

Il ruolo secondario di Pryce si fa ricordare per la sempiterna ed ironica intelligenza che un attore del suo carico riesce a mettere in una battuta come in un alzata di sopracciglio: riempie la scena e se la porta a casa per distacco.

La cena delle spie viaggia dalle luci fredde dell’aeroporto di Vienna in quel tragico 2012, al tramonto simbolico che accompagna i due protagonisti sigillati e spiati dalle ampie vetrate del ristorante confessorio: occhi negli occhi, vino traditore a profusione, e ribaltamenti di verità concentrici, nella più classica tradizione delle spy story.

La fine sospesa, quasi accennata, poteva non esserci ed invece c’è, necessaria, non necessaria, sta alla storia (dal punto di arrivo immaginabile ben prima della fine stessa) come il giusto epilogo ad un cold case, che in questo caso, non è mai diventato cold, mai raffreddato nella coscienza di chi lo ha attraversato: troppa anima in mezzo.

La cena delle spie

La cena delle spie ha uno stile curato, una fotografia elegante, una confezione buona nel complesso e tenta con meritoria ingenuità di fornire viscere a vicende che spesso non ne hanno o non le reggono, con un romanticismo decadente più studiato che interiorizzato, di cui si intuisce la generosa bontà che lo ha concepito.

PANORAMICA

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Due agenti della Cia si rivedono per una cena enigmatica a distanza di otto anni dal tragico caso che li separò e su cui uno dei due ora indaga per scovare chi fu la talpa. Spy stori e drama sentimentale intrecciati in un film coposto, a struttura classica, prevedibile nel finale e dal ritmo altalenante inficiato da insistiti sfasamenti temporali. Confezione curatissima, attori in grande ascolto, affascinanti a dispetto del tempo che dovrebbero dimostrare.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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