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Outlaw King – Il re fuorilegge

Nella nostra Storia, di re fuorilegge ne sono esistiti, eccome. Sovrani, tiranni, usurpatori. Personalità distorte e complesse, talvolta folli, talvolta deboli. Le pagine dei manuali ne riportano a decine. Ognuno col suo contesto. Ognuno con i suoi motivi.

Eppure, all’interno di quell’universo gigantesco e variegato che chiamiamo Medioevo, ce n’è uno che spicca distinguendosi dagli altri. Si chiama Robert I di Scozia. O meglio, così lo chiamano quelli che di fretta sfogliano i suoi ritratti. Per il suo popolo, invece, è stato e sarà sempre Robert The Bruce.

Outlaw King

Come in molti regni medievali, anche in Scozia, essere re non significava affatto esercitare un potere assoluto. I sovrani scozzesi erano infatti vassalli del Re d’Inghilterra, costretti a rispettare una lunga serie di indicazioni, che molto spesso arrivavano persino a scontentare il popolo. Questo meccanismo, concepito secoli prima, dura fino al 1306, l’anno in cui Robert Bruce, il Re Fuorilegge, proclama finalmente l’indipendenza della Scozia. Il giovane sovrano sembra in una posizione disperata.

L’Inghilterra del morente Edoardo I sembra troppo forte, e forse lo è davvero. Ma Robert conosce il suo popolo. E il suo popolo conosce lui. Nessuno nutre il minimo dubbio. Sarà il re in persona a comandare l’esercito.

Outlaw King

Ed ecco che comincia la guerra. Nella fredda e piovosa Scozia, invasa da un nemico che vuole stroncarla e punirla per la propria ribellione, gli eserciti si accampano, marciano, prendono posizioni cercando il momento propizio per l’attacco. A corte, Robert Bruce deve combattere gli intrighi interni, tenere salda l’alleanza con la Francia e farsi carico di un regno in cui l’indipendenza manca da tempo.

Anche la situazione familiare non è delle più tranquille. Nel 1302, Robert sposa Elizabeth de Burgh, che non solo è inglese, ma è anche figlia di un amico personale del Re d’Inghilterra. Quando il marito dichiarerà guerra alla sua patria, Elizabeth dovrà prendere una serie di complicatissime decisioni.

Outlaw King

Outlaw King presenta un mondo in cui le identità nazionali sembrano crescere ogni giorno di più. Un mondo in cui la guerra significa sopravvivenza, onore e libertà. Il regista David Mackenzie cerca immediatamente di catapultarci nell’atmosfera tesa ed incerta della Scozia d’inizio ‘300.

Bisogna subito dire che, a differenza di un collega riuscito certamente meglio, ovvero The King, la pellicola di Mackenzie sceglie di marginalizzare del tutto gli avvenimenti storici, concentrandosi piuttosto sulle figure umanizzate dei protagonisti in gioco. Dispiace dirlo, ma la scelta si è rivelata totalmente sbagliata.

Più che una guerra sporca e complicata, la storia di Outlaw King assomiglia infatti ad una sorta di parabola epica, con personalità intrise di valori troppo schematici e stantii, per essere credibili. Eccettuata forse la regina Elizabeth, non troverete, alla corte del Re, un solo personaggio degno di nota e di ricordo. Robert Bruce è un paladino nudo e crudo, un eroe senza macchia pronto a sacrificare tutto per la propria terra.

Gli stessi avversari, anonimi e stereotipati, aggiungeranno ben poco al quadro finale. Edoardo I d’Inghilterra viene dipinto come il classico despota visto e rivisto decine di volte, snaturando completamente il valore storico della sua figura. Suo figlio Edoardo II, invece, appare soltanto come un giovane arrogante e rancoroso. Troppo poco, per un personaggio in realtà molto più controverso ed articolato.

L’aridità emotiva che contraddistingue i 121 minuti della pellicola, sarebbe anche perdonabile se non si riverberasse sul ritmo. In Outlaw King, soprattutto nella parte centrale, saranno moltissimi i momenti morti. Le scene d’azione, ben confezionate e sviluppate, saranno gli unici istanti di intrattenimento. Il resto del tempo lo passeremo soffocando a stento numerosi sbadigli.

Di fatto, osservandolo a dimensione grandangolare, tutto il film sembra soltanto un gigantesco ed evitabile prologo della battaglia finale. Una lenta e ridondante prefazione prima della resa dei conti.

È proprio qui che emerge il paradosso più straniante dell’opera. La battaglia finale, quella di Bannockburn, è stata riprodotta in maniera spettacolare. Lo scontro ci coinvolgerà completamente, senza filtri né lamentele. Sarà il momento più bello ed esaltante del film. Eppure, il nostro entusiasmo resterà legato soltanto alla resa scenica magistrale.

Dei personaggi, e della storia, nonostante le due ore passate in loro compagnia, ce ne importerà ben poco. Il finale, più che una chiusura, assomiglia ad una ricompensa.

Outlaw King è un’occasione sprecata. La lunga guerra d’indipendenza che porta la Scozia ad emanciparsi dall’Inghilterra meritava di certo un trattamento migliore. L’interpretazione coinvolgente e sentita di Chris Pine diventa quasi un boomerang. Il suo Robert Bruce, al di là delle generose licenze narrative, è un personaggio che semplicemente non è mai esistito.

Per il resto, la pellicola potrebbe regalare qualcosa a chi cerca un po’ d’azione, e magari un’ambientazione medievale più vicina ai canoni offerti da serie come Game of Thrones. Eppure, con tutta la benevolenza di cui siamo capaci, di Outlaw King riusciamo a salvare solo la battaglia finale. Il resto è soltanto una trascurabile miscela di storia con la esse minuscola.

Voto Autore: [usr 2,5]

Diego Scordino
Diego Scordino
Amante di tutto ciò che abbia una storia, leggo, guardo e ascolto cercando sempre qualcosa che mi ispiri. Adoro Lovecraft e Zafòn, ho passato notti insonni dietro Fringe e non riesco a smettere di guardare Matrix e Il Padrino. Non importa il genere, mi basta sentire i brividi.

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