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I figli degli altri: la recensione

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Presentato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia 2022, I figli degli altri di Rebecca Zlotowski è interpretato da Virginie Efira. Già interprete del controverso Benedetta di Paul Verhoeven, presentato a Cannes 2021, quì La Efira fornisce un’altra buona interpretazione, ma tutto sommato dimessa rispetto alle sue incredibili potenzialità.

Con il titolo originale di Les Enfants des autres, I figli degli altri viene rappresentato dalla sua regista nella maniera esatta in cui l’avrebbe voluto vedere. Il fascino della pellicola sta nella sua chiara semplicità e nella capacità di toccare le corde emotive dello spettatore. Oltre a concorrere per il Leone d’Oro, I Figli degli altri è stato candidato anche a quattro premi Lumiere, per miglior film, regia e sceneggiatura, e attrice. Alla fine ha vinto solo quest’ultimo, che è andato alla straordinaria performance della Efira.

I figli degli altri: cast

Nei panni dei due protagonisti, abbiamo Virginie Efira che è Rachel, un’insegnante quarantenne di scuola media. Roschdy Zem è invece Alì, l’uomo di cui Rachel si innamorerà perdutamente (e diciamo anche dolorosamente). Alice, l’ex moglie di Alì, è interpretata da Chiara Mastroianni. La piccola e deliziosa Leila invece da Callie Ferreira-Gonçalves. Completano il cast Yamée Couture (Louana), Henri-Noël Tabary (Vincent), Victor Lefebvre (Dylan), Sébastien Pouderoux (Paul), Michel Zlotowski (padre di Rachel) Frederick Wiseman (dottore Wiseman).

Virginie Efira

I figli degli altri: trama e recensione

Rachel è una donna di 40 anni dedita al suo lavoro di insegnante e amante della vita. La sua esistenza scorre tranquilla e senza sussulti, fino a quando non incontra e si innamora di Alì. Ma oltre a questo finisce per affezionarsi a Leila, la dolcissima figlia di 4 anni dell’uomo. L’amore che prova per l’uomo finisce per diventare altrettanto sconfinato per sua figlia.

Il rischio di una relazione altalenante con Alì, diventa un ulteriore rischio per quello verso i figli degli altri. La trama de I figli degli altri è abbastanza scarna, ma la narrazione scorre in maniera semplice e fluida. Può apparire come una semplice commedia, ma in realtà è un autentico dramma intimo di quello che può rappresentare il vero punto debole di ogni donna: fare i conti con il proprio orologio biologico.

Perchè se è vero che l’amore non ha età e non esistono differenze sociali e culturali, perlomeno in un mondo moderno e come viene rappresentato nella multiculturale Francia, il proprio fisico può rappresentare il punto di forza, ma anche il vero nemico di ogni creatura femminile.
Nel film, Rachel è una donna ebrea e con sua sorella si reca spesso alle funzioni a cui partecipa suo padre.

I figli degli altri

Le differenze che emergono nella relazione amorosa

La donna finisce per innamorarsi di Alì, un progettista di macchine. Alì è un uomo di fede musulmana, e già si evidenziano le prime differenze: etniche e religiose. Ma l’amore travolge la donna, e una volta conosciuta Leila, scatta in lei il desiderio di quello che è presente ma giace per altre ragioni: il desiderio di maternità.

Apparentemente l’incontro con l’uomo sembra donarle quella completezza esistenziale che serve ad ogni donna desiderosa di vivere un sogno. Ma a questo subentra la frustrazione, perchè Alì non ha intenzione di accontentarla su questo frangente. A livello stilistico, l’effetto iride e le dissolvenze scandiscono questa sua attesa, che rimarrà senza speranza.

Noi spettatori non possiamo sapere quale sarà il vero epilogo della vicenda di Rachel. La forzatura drammaturgica emerge proprio nei più finali che vanno a susseguirsi all’interno della trama, ma la presenza scenica della Efira con il suo dolore talvolta trattenuto, talvolta manifestato, riesce a mitigare qualche debolezza narrativa.

Roschdy Zem I figli degli altri

Le semplici emozioni sono catturate con autentica sincerità

I figli degli altri è una pellicola che cattura il pubblico proprio con una storia semplice, ma che tocca profondamente le emozioni. Anche senza virtuosismi tecnici il cuore del film è Rachel, interpretata da Efira, una donna complessa e realistica. Rachel non è un personaggio tragico, ma una persona comune che cerca di vivere la propria vita nel miglior modo possibile: amare, aiutare gli studenti, e magari avere anche un figlio.

Non è ossessionata da questi desideri, ma gli vive in modo autentico e umano. Il film non cerca di aderire a stereotipi o modelli di genere imposti, e riflette semplicemente il desiderio di vivere appieno le emozioni della vita. Rachel cerca di trovare un equilibrio tra passione, amore e razionalità, e questo non è sempre facile.

La pellicola si concentra su come Rachel cerca di ottenere ciò che vuole senza perdere se stessa in questo processo. È un ritratto femminile che mette in evidenza il desiderio di appartenenza senza cadere nei vari stereotipi di genere, che sono così presenti in molte pellicole contemporanee.

I figli degli altri Virginie Efira

Conclusioni

Il regista cerca anche di valorizzare i personaggi secondari, dimostrando che nessuno è davvero secondario nella vita. Anche quelli che sembrano destinati a essere in secondo piano hanno la loro importanza. Questo messaggio più ampio sull’umanità è uno degli aspetti interessanti del film.

In definitiva, I figli degli altri è un film che cattura gli spettatori mostrando la crescita artistica della sua regista. Il tutto attraverso la rappresentazione di una storia tradizionale con una prospettiva fresca e moderna. È un racconto emozionante che riesce a comunicare sentimenti autentici e complessi, e tematiche come amore e maternità attraverso una modalità singolare. Il suo percorso si conclude sulle note malinconiche di Les Eaux De Mars di Georges Moustaki.

Distribuito nelle sale italiane da Europictures, il film è attualmente disponibile su Mubi.

Il trailer

PANORAMICA

Regia
Seoggetto e -Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

"I figli degli altri" racconta con delicatezza l'amore impossibile di una donna che deve fare i conti con il proprio orologio biologico. Diretta dalla regista Rebecca Zlotowski, la pellicola è stata in concorso alla 79esima Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.
Francesco Maggiore
Francesco Maggiore
Cinefilo, sognatore e al tempo stesso pragmatico, ironico e poliedrico verso la settima arte, ma non debordante. Insofferente, ma comunque attento e resistente alla serialità imperante, e avulso dai filtri dall'allineamento critico generale. Il cinema arthouse è la mia religione, ma non la mia prigione.

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