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High fidelity – la recensione della miniserie con Zoë Kravitz

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Nel 1995, l’autore e romanziere inglese Nick Hornby pubblica la sua seconda opera, dal titolo Alta fedeltà. Come è più volte accaduto nel caso dei bestseller dello scrittore (basti pensare ai casi di Febbre a 90’, About a boy e È nata una star?), il libro ha presto trovato la via per addentrarsi nel mondo delle trasposizioni cinematografiche: nel 2000 nasce così il film omonimo diretto da Stephen Frears (The Queen – La regina, Florence, Vittoria e Abdul) con protagonista John Cusack. Nel 2020 le inglesi Midnight Radio e ABC Signature (sussidiaria di Disney Television Studios) riprendono in mano il materiale e lo rielaborano sino a creare la fresca e giocosa High fidelity, una commedia romantica di una stagione. Il prodotto, articolato in dieci puntate di durata variabile, ha come protagonista Zoë Kravitz (Kimi, Big little lies) nei panni della turbolenta Robyn Brooks. 

High fidelity

High fidelity – La trama della serie

La newyorkese Robyn Brooks (Zoë Kravitz), per gli amici semplicemente Rob, gestisce un negozio di dischi che la tiene occupata per la maggior parte delle sue giornate fra clienti difficili, piccoli furti e affari di natura bizzarra e variegata. Ad aiutarla in questo compito si prestano due dipendenti: il suo ex Simon (David H. Holmes), scopertosi omosessuale, e la pigra e sfrontata Cherise (Da’Vine Joy Randolph). Oltre ad affiancarla nel lavoro i due, fidati amici, tentano di distrarla dalle sue preoccupazioni e farle compagnia nelle serate di crisi, costringendola il più delle volte ad uscire di casa per distrarsi e divertirsi con loro. Dopo una rottura brusca con il suo ex Mac (Kingsley Ben-Adir), con il quale aveva vissuto un amore idilliaco che stava per portarli all’altare, Rob riesamina senza sosta il loro passato di coppia tormentandosi.

Il pensiero della relazione finita in litigio non le permette di andare avanti nella sua vita amorosa, ma la consola la consapevolezza che non vedrà più Mac, trasferitosi a Londra. Quando il fratello la informa che il ragazzo è tornato a New York – e non da solo – Robyn sprofonda nel malessere. La disamina delle sue relazioni precedenti si fa dunque ossessione, e si sofferma sulle sue cinque relazioni più storiche – o quantomeno, quelle con le rotture più importanti e traumatiche. Per permettere al proprio privato di ripartire libero da ripensamenti e frustrazioni, e al contempo per non commettere più gli stessi errori, Robyn decide di ricontattare i suoi cinque ex storici nel tentativo di capire dove ha sbagliato e migliorarsi, ma la ricerca si rivelerà presto più tortuosa del previsto. 

La recensione della miniserie 

Come tanti remake, o trasposizioni seriali di prodotti pre-esistenti, High fidelity riesce a bilanciare elementi recuperati dall’originale filmico, e ancor prima da quello letterario, con altri più freschi e propri della sua nuova natura. Certamente permane dunque la componente della presa in esame delle relazioni precedenti, come anche il fedelissimo negozio di vinili, ma sono plurimi gli aspetti che dimostrano la volontà di rinfrescare (per non dire “svecchiare”) il concept originale. 

Il Rob Fleming londinese di Hornby (poi Rob Gordon di Chicago col volto di Cusack) viene riletto in chiave di personaggio femminile, dimostrando una certa apertura testuale e concettuale al passo coi tempi in cui è rivisitato, assumendo il nome di Robyn Brooks (col volto di Kravitz) e spostandosi a New York. Così, la frenesia della città, e del quartiere di Brooklyn dove la vicenda si imposta, ben traduce sul piano contestuale la vena di turbolento caos che investe il privato della protagonista. Caos che, per trovare sfogo e per permettere allo spettatore di fare chiarezza nell’esposizione degli eventi narrati e nella mente della criptica Robyn, in High fidelity si traduce in unattualissima rottura della quarta parete. La tecnica, particolarmente in voga nelle produzioni recenti (dal piccolo schermo con Fleabag al fratello maggiore cinematografico con Persuasione), concede dunque lo stabilirsi di un’agevolata dinamica di empatia con la protagonista. 

High fidelity – Dove vederla

Tuttavia, nel caso di High fidelity alcuni nodi di ideazione e trama si trasformano presto in potenziali criticità. La scrittura a tratti confusa di un personaggio dalla morale nebbiosa rischia di traslare i suoi tormenti sul piano dell’isteria (vanificando e rendendo di tanto in tanto paradossalmente controproducente la rilettura al femminile). In conseguenza, anche l’uso della voce narrante a rottura della quarta parete con lo scorrere delle puntate più che chiarire gli avvenimenti facendo strada allo spettatore fra di essi sembra voler giustificare l’agire confuso di una protagonista difficilmente chiara e comprensibile. Ciononostante, permane nel prodotto unottima capacità di rilettura e riscrittura dei personaggi secondari (più che della protagonista, indubbiamente) e una cura quasi maniacale nella selezione della colonna sonora che sfocia in un contrappunto alla trama ricercato e perfettamente riuscito

La serie, nelle dieci puntate in cui si articola è stata distribuita sul piano internazionale dalla piattaforma Hulu nel febbraio 2020. Essendo Hulu una sussidiaria statunitense gestita da Disney Media and Entertainment Distribution, in Italia il prodotto nel settembre dello stesso anno è entrato a far parte del catalogo della sua versione nostrana, Starz Play. Attualmente, infatti, High fidelity è reperibile su Disney Plus per tutti gli abbonati.  

High fidelity

Al netto di alcune evidenti criticità e incertezze, derivanti soprattutto da una fase di scrittura (o più propriamente di riscrittura, data la sua natura di remake) forse poco chiara e convinta, High fidelity è un apprezzabile tentativo di riformulazione che finisce per delineare un prodotto fresco, leggero e – nota di merito più netta – dalla riuscitissima colonna sonora. 

PANORAMICA

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

High fidelity tenta, con qualche difficoltà ma molta buona volontà, di fondere la sua natura di prodotto non originale (in quanto remake) con le sue nuove vesti di serie tv contemporanea.
Eleonora Noto
Eleonora Noto
Laureata in DAMS, sono appassionata di tutte le arti ma del cinema in particolare. Mi piace giocare con le parole e studiare le sceneggiature, ogni tanto provo a scriverle. Impazzisco per le produzioni hollywoodiane di qualsiasi decennio, ma amo anche un buon thriller o il cinema d’autore.

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