HomeRecensioni Serie TVVasco Rossi, il Supervissuto. La recensione di una serie imperdibile

Vasco Rossi, il Supervissuto. La recensione di una serie imperdibile

Una docuserie fatta talmente bene da sembrare un film da Oscar. Un racconto vero e autentico, che incolla davanti allo schermo. Scopriamo insieme perché non lasciarsela scappare.

Vasco Rossi, il Supervissuto, una docuserie che non ti aspetti ma che mancava. Così lontana da quel sapore così relatable, letteralmente “con cui ci si può identificare”, di stampo anglosassone, disseminato in ogni reality che si rispetti, da Al passo con i Kardashian in prima linea. Nella realtà quanto di più distaccato e poco autentico. Una rappresentazione della realtà, una sua narrazione artefatta. O, come dicono quelli che parlano bene, uno storytelling deciso a tavolino per un rapporto parasociale con follower da conquistare.

Niente di tutto questo nel biopic a puntate diretto da un Pepsy Romanoff in gran spolvero e davvero in parte. Ne è venuto fuori un racconto, fatto da Vasco in prima persona, che copre un arco temporale di oltre 50 anni. Con una fotografia moderna, sofisticata ma incredibilmente vera, reale. Che riesce a fondere immagini di ieri, in bianco e nero, ad una grafica asciutta e senza fronzoli. Che riesce a recuperare immagini di repertorio ed emozioni vibranti, in cui lo spettatore è davvero protagonista.

Vasco Rossi, il Supervissuto. La timeline di un’intervista…

Prima scena, un registratore professionale che con le sue bobine e le sue manopole tradisce anni di onorata carriera. E subito, sullo schermo, il Vasco nazionale. È il primo episodio intitolato “Nascita del mito”. Parte una musica di sottofondo. E poi lui. “Sono sopravvissuto agli anni ’70…”. Sarà questa l’atmosfera che ci accompagnerà per un’intervista fuori dal comune. Immagini di repertorio di concerti mixate a manifestazioni di piazza. Fotografie private e video da backstage. Testimonianze di amici e collaboratori realizzate oggi, a confronto con Super8 e riprese recuperate dal passato.

“Sono sopravvissuto facendo del rock… Ho scritto pezzi generazionali… Ho fatto la scelta più trasgressiva per una rockstar: uscire dallo Stupido Hotel”. Bastano queste prime battute per capire che dietro la sua avventura, personale e musicale, c’era un senso. E alla fine di questo incipit che già incuriosisce e ti fa mettere comodo a guardare, eccola lì la grafica. Su fondo scuro, con tante tacchette, una per ogni anno, e qualche foto sopra. Parte una timeline che ci riporta agli anni ’50, all’infanzia, con l’immagine di un Vasco bambino.

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Vasco, la sua chitarra e le sue canzoni: un dialogo sincero e diretto con lo spettatore

…attraverso la quale ripercorrere la sua vita

Vasco Rossi, il Supervissuto si racchiude nel sottotitolo della docuserie. “Voglio una vita come la mia”. E sarà proprio lui a raccontarcela. Senza autocelebrazioni retoriche. E senza, però, finta umiltà. Perché già dal primo episodio si capisce che lui, e non solo in fatto di musica, abbia avuto le idee molto chiare. E che abbia la voglia, e la generosità, di condividerla con lo spettatore, che sia un suo fan oppure no.

La storia sarà anche un viaggio nei luoghi della sua memoria. Partirà dalla prima casa di Zocca dove è cresciuto il Vasco bambino. E ecco sul pianerottolo svelata la simpatia per la Anna Maria, la ragazzina che abitava nel palazzo. Età 7 anni, il primo “Mi piaci” (lui dirà “primo amore”) della sua vita. Le scene che seguono lasciano intendere possa essere stata dedicata proprio a lei la canzone “Senza parole”.

Anna Maria trasloca e Vasco entra in casa sua per trovare ricordi della loro simpatia

Vasco Rossi, il Supervissuto, le prime canzoni e la radio…

Sarà la chitarra, compagna costante dell’adolescenza, a portarlo alle prime canzoni, che tutti gli amici dovevano ascoltare. Nasce così la leggenda metropolitana che tutti dicano “Scappa, scappa, che arriva Vasco”. Forse non è vero, siamo nei tempi in cui ci si incontra sempre in giro. E si passa il tempo a parlar di tutto e di niente. Ma insieme.

E sarà insieme che si lanceranno nell’avventura di una radio pirata. Era il tempo del monopolio RAI delle trasmissioni radiotelevisive. Ma dalle parti di Milano qualcuno trasmetteva, musica e parole, sulle frequenze FM. Allora, perché non fare la stessa cosa? Nasce così Punto Radio. Che sarà un luogo di riferimento per gli ascoltatori della zona. E anche per musicisti e aspiranti cantautori, tra cui un giovanissimo Gaetano Curreri, che fonderà poi il gruppo degli Stadio.

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Vasco Rossi deejay radiofonico

…i primi passi nella musica

Chissà che cosa potranno pensare di quella esperienza i ragazzi della Generazione Z, tutta Smartphone e Spotify. È stato il periodo delle radio libere, poi radio private. Il periodo in cui la passione per la musica si condivideva in modulazione di frequenza. Celebrato in tanti film, uno per tutti Radio Freccia, scritto e diretto dal cantautore Ligabue. Con uno Stefano AccorsiIvan Benassi e la sua battaglia con la tossicodipendenza.

Per Vasco Rossi, il Supervissuto la radio aprirà la strada alle serate in discoteca, a partire dal celebre Snoopy di Modena. E sarà la porta di ingresso per il mondo discografico. Il primo disco un 45giri, con due canzoni. “Jenny” e “Silvia“. Due brani entrati nel repertorio del rocker italiano. E nella compilation personale di quanti lo seguono. Da 50 anni a questa parte.

Sesso. Droga. Rock’n Roll.

Episodio 2, titolo iconico quanto banale. Banale se riferito a lui, Vasco. Perché era uno che nella musica aveva idee chiare e molto talento. E l’istinto geniale di fare rock in lingua italiana. Delle sue canzoni dell’epoca non si può neanche dire che siano di un genere preciso. Era, in sostanza, una musica nuova, supportata da testi mai scontati, che scopriremo durante la docuserie da quali fatti personali sono stati ispirati.

Vasco Rossi il Supervissuto era decisamente il nuovo che avanzava. E voleva imporsi. La sua forza dirompente si scontrerà contro Nantas Salvalaggio, giornalista dell’epoca, che dalle colonne del suo giornale gli darà dell’ignorante e del drogato. Al critico bacchettone e male informato risponderà sua mamma Novella, con una lettera. Mentre il suo punto di vista sarà ben confezionato nella canzone Vado al Massimo. Perché lui, che già iniziava a vedere amici morire per l’eroina, affrontava la vita da rocker bevendo latte e zucchero, e con le anfetamine e la coca, ma non “facendosi le pere”.

“Meglio rischiare, che diventare come quel tale, quel tale che scrive sul giornale”

Vasco Rossi, il Supervissuto, la famiglia…

Dopo la carrellata sugli anni ’80, in cui Vasco va a Sanremo con Vado al Massimo (1982) e Vita spericolata (1983) e inizia a fare serate e concerti con la Steve Rogers Band, inizia il vero successo. Esce l’album Bollicine e si apre per lui un anno d’oro. Ma le cose, come dice anche lui nella serie, non potevano durare. Viene arrestato per possesso di cocaina, e finirà in carcere per 22 giorni. Durante il successivo processo, verrà scagionato dall’accusa di spaccio, ma non da quella di detenzione di sostanza stupefacente.

Sarà comunque un punto di svolta. Vasco deciderà di disintossicarsi anche dalle anfetamine. E di mettere in cantiere il “Progetto Famiglia” (episodio 3). Dall’unione con Laura Schmidt (che sposerà nel 2012) nel 1991 nasce Luca. Sono gli anni de La combriccola del Blasco e del divorzio dalla vecchia band. E di un papà che è spesso lontano, sui palchi d’Italia a fare musica, ma che quando c’è gioca con il suo bambino e lo protegge dalla stampa e dai curiosi. Ma non è l’unico figlio. Ad aprile del 1986 è nato Davide e a giugno dello stesso anno Lorenzo, che riconoscerà entrambi qualche anno più tardi.

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Davide Rossi, il primogenito, debutta a Punto Radio nel 2016 (Fonte post su Facebook di Vasco)

…e la combriccola

Veniamo da un periodo in cui il Vasco professionista è emerso definitivamente. Mentre gli ex musicisti della Rogers continuano a vivere “spericolatamente”, lui sa perfettamente che musica fare, su quali canzoni, generazionali e ispiratrici, puntare. E che, nonostante le altre band italiane che fanno rock lo considerino commerciale, lui è diventato l’artista seguito da un’intera generazione. Che si riconosce nelle sue idee e nei suoi valori. In C’è chi dice no (1987) e Liberi Liberi (1989).

“La libertà è una cosa difficile da gestire, e bisogna prendersi le proprie responsabilità”. Queste le parole di un Vasco Rossi dell’epoca. Che spiegano perché siano in tanti a seguirlo. Chiariscono, ai tanti detrattori, bene o male informati, che le sue canzoni contengono messaggi per le nuove generazioni. O per quelle precedenti che vogliono “…trovare un senso a questa vita”. Un riconoscimento che porta al primo concerto a San Siro con “Fronte del palco” (1990).

Vasco Rossi, il Supervissuto, le guerre e gli amici…

Gli anni ’90 sono stati un periodo di successi ma anche di profonde riflessioni. Nell’ex Jugoslavia si combattono delle guerre fratricide. Il suo pensiero è sintetizzato dalla canzone Gli spari sopra (1993). E da un doppio concerto al quale farà partecipare delle rock band di Sarajevo prelevate con un carro armato. È Rock sotto l’assedio, di nuovo a San Siro.

Saranno anche il periodo in cui perderà due suoi grandi amici. Nel 1994 muore di cancro il suo manager storico Maurizio Lolli, a cui dedicherà la canzone Gli Angeli. E un videoclip, da 600Mln di Lire, realizzato dal regista Roman Polański. Nel 1999 muore di overdose Massimo Riva, chitarrista della Steve Rogers Band, gruppo che Vasco aveva richiamato per la prima edizione dell’Heineken Jammin’ Festival di Imola.

…la depressione e la morte

È in questo episodio 4, dal titolo “A un passo dalla morte”, che Vasco Rossi ci parla della sua avventura all’inizio del nuovo millennio. L’incontro con Valentino Rossi, e la comune passione per le moto. L’esperienza con Don Ciotti e le sue comunità di recupero dalla droga. E alla fine della depressione, in cui era sprofondato nel 2001. Riuscendo a venirne fuori con la terapia e i farmaci.

Neanche 10 anni più tardi, nel 2011, dovrà interrompere il Vasco Live Kom ‘011 negli stadi. Un’infezione da stafilococco aureo gli causa prima un’osteomielite al torace, poi un’endocardite e infine una polmonite. E allora? L’idea geniale di un’artista geniale. “Ho deciso di dare le dimissioni da rockstar”. Comincia il Vasco Komunicatore. Sui social e con il suo pubblico.

Supervissuto

Finirà in terapia intensiva, e rischierà di morire. Un mese chiuso e lontano dai palchi e dalla musica. Con la prospettiva si non poter più fare concerti. Ma Vasco Rossi, il Supervissuto ce l’ha fatta. Ed è tornato meglio di prima. Alla soglia dei 60 anni.

E in questo episodio conclusivo, “Supervissuto”, il racconto del concerto che ha segnato l’incontro con Pepsy Romanoff. Anno 2017, concerto di Modena Park. La data, 1° luglio, Parco Enzo Ferrari di Modena, 220.000 biglietti venduti. Uno spettacolo per festeggiare 40 anni di carriera, organizzato fin nei minimi particolari. Ne nascerà un film e una collaborazione proseguita fino ai giorni nostri.

Perché è questo che emerge dalla docuserie di Netflix. Un Vasco Rossi professionista, rocker nell’anima, autore di canzoni, e di un genere, che fa parte della nostra storia. Che durante la sua vita ha stretto attorno a sé un gruppo di persone, ispirandolo e portandolo in giro, per un’avventura straordinaria. Alcuni si occupavano di musica, alcuni la ascoltavano ed andavano ai suoi concerti. Tutti quelli della combriccola del Blasco.

Conclusioni

Vasco Rossi, il Supervissuto è una serie da non perdere. Farà impazzire i suoi fan, piacerà a chi il rocker di Zocca non lo conosce ancora troppo bene. Conquisterà inoltre quelli che di musica vivono. Per tutti gli intermezzi e le scene in cui il Vasco cantautore racconta e rivela come sono nate le sue canzoni.

Girato in gran parte in piena pandemia, comunica anche il senso di quanto è successo in quel periodo in cui il mondo si è dovuto fermare. Ma nel modo che appartiene ad una persona così carismatica ed affatto superficiale. Con una voglia di fare ancora. Ed un augurio, per tutti noi. Di vivere una vita come la sua.

PANORAMICA

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Un percorso al tempo stesso on the road ed intimista nella vita, la musica e la filosofia del più grande rocker italiano. Ben scritto e ben girato. Con un Vasco che riesce a raccontarsi e raccontare, prendendo per mano lo spettatore. Dall'inizio semplice e colloquiale, fino al finale. In un crescendo di riflessioni, autenticità ed emozioni. Che saprà far breccia nell'animo di chi lo vorrà vedere.
Redazione
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