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The Palace, recensione del nuovo film di Roman Polański

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The Palace è il nuovo film del regista Roman Polański, presentato fuori concorso al festival di Venezia, arrivato all’ottantesima edizione. Coproduzione internazionale, tra cui rientra anche l’Italia. Prodotto in parte da Luca Barbareschi, che interpreta un personaggio della storia, il film vede la partecipazione di Oliver Masucci e Mickey Rourke. All’età di 90 anni, compiuti da poco, l’autore polacco, naturalizzato francese, non smette di stupire e regala al pubblico la sua ventiquattresima opera, in oltre sessant’anni di onorata carriera.

The Palace, trama

Il giorno prima della notte di Capodanno, il 31 dicembre 1999, una serie di persone appartenenti all’alta borghesia, si riunisce all’interno del Palace Hotel, in Svizzera. Il direttore dello stabile, assieme ai suoi fidati collaboratori, deve gestire i vizi e i capricci dei suoi clienti, nella sera più importante dell’anno. L’ultima opera di Polański presenta numerosi personaggi stravaganti, che con tutta la naturalezza possibile, mettono in forte crisi lo staff dell’albergo, tra richieste folli, ai limiti del paradossale.

The Palace

The Palace, recensione

Il nuovo lavoro di Roman Polański sorprende per la lucidità con il quale è stato scritto. L’autore non sembra invecchiato nemmeno per un momento e con l’eleganza che caratterizza la sua regia, riesce nell’intento di realizzare un film ben confezionato. Dal punto di vista tecnico, il cineasta non ha più niente da dimostrare, riesce sempre a posizionare la macchina da presa nel punto migliore, a favore di una storia che ha molto da raccontare.

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La fotografia, chiara e colorata, rende pienamente l’idea del clima di festa, che si respira. L’ultimo giorno dell’anno è infatti vissuto con gioia e vigore dai suoi partecipanti. La voglia di spensieratezza emana dalla pellicola e ogni personaggio aspetta con ansia il fatidico passaggio negli anni 2000, tra buona accoglienza ed evidenti dubbi sulla fine del mondo.

Lo staff dell’albergo si prepara ad offrire le giuste condizioni affinchè tutti si divertono, nonostante le mille peripezie che si presentano nel corso della giornata e che mandano in confusione ogni membro della struttura, dalle donne della pulizia ai giovani cuochi.

The Palace

La parte tecnica

Le intepretazioni sono notevoli e dai protagonisti fino agli attori di secondo piano, donano una performance riuscita, frutto di un lavoro attoriale, da parte di Polański, ben pervenuto. Tante le comparse e abbastanza numeroso il cast, per un film ambientato in un albergo trafficato di gente, che entra ed esce dalla porta di ingresso a proprio piacimento. Il caos giornaliero e il duro lavoro del personale si percepisce fin dalla prima inquadratura. Nonostante il quantitativo di attori presenti in scena, lo spettatore non perde mai il filo del discorso, ma riesce a seguire bene le vicende, che interessano i principali interpreti.

La scenografia si ritrova a dover lavorare in un unico grande ambiente. Ogni stanza è ben decorata e ordinata secondo un certo stile e rende da subito l’idea della tipologia di struttura nella quale risiedono gli intrepidi ospiti. I costumi sono perfetti e contribuiscono ad accentuare il lato caratteriale di ciascun cliente. Sulla parte tecnica è stato svolto un ottimo lavoro, a dimostrazione di un team creativo che fiancheggia il regista polacco.

Il film presenta un buon ritmo narrativo e l’attenzione non cala mai durante la visione. L’interesse è tutto orientato sulle inaspettate circostanze che si intervallano in ogni fase della giornata e lo stile chiaramente ironico e grottesco esalta ogni surreale contesto, marcando in modo spiccato l’assurdità degli eventi.

The Palace

La borghesia secondo Polański

L’opera del regista ruota intorno a un’unica grande tematica. Si vuole analizzare l’alta borghesia internazionale e perciò se ne racconta lo stile di vita, le maniere e il pensiero, che si nasconde dietro gli assurdi personaggi che contornano la pellicola. Sono presenti uomini e donne provenienti da ogni parte del mondo e che sono accomunati dalla stessa appartenenza di classe, che ne influenza ogni gesta possibile. Polański si mantiene giovane e come fosse un studente universitario di fine anni 60, critica fortemente il sistema economico capitalistico, di cui fanno parte e rappresentano i soggetti in questione. Attraverso uno stile dissacratorio, si ridicolizza ogni benchè minima mossa. Il denaro sembra essere l’ultimo valore rimasto, smascherando un certo egoismo nascosto.

Il regista rivela al pubblico in che tipologia di mondo stiamo vivendo. L’obiettivo è di far aprire gli occhi allo spettatore e demolire quel sogno liberista, di raggiungimento del successo e di ricchezza, che tanto viene diffuso e idolatrato tra la massa ogni giorno, grazie ai media e alla stampa, che contribuiscono alla divulgazione di questo pensiero. Polański smonta tutto ciò e denigra palesemente quelle figure, facendole apparire per come sono realmente, vuote di consistenza e prive di ogni pudore. Il denaro sembra aver dato alla testa e stordito tutti quei milionari che appaiono sullo schermo.

L’opera lascia quindi un grosso amaro in bocca, perchè oltre all’ironia sottile con il quale l’autore racconta gli stravaganti episodi, pone una giusta riflessione sulle persone che obiettivamente detengono il potere ai giorni nostri. Polański mette in allerta il suo pubblico, mostrando nel dettaglio chi possiede la ricchezza e da quali atteggiamenti sono marcati.

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The Palace

La somiglianza con un’opera recente

La somiglianza con un film uscito lo scorso anno è abbastanza evidente. Stiamo parlando di Triangle of Sadness di Ruben Östlund, in cui anche in quell’occasione, si accentuava una critica allo stesso sistema economico, che favorisce l’ascesa al potere di pochi miliardari a scapito e a danno delle persone comuni, sempre più in stato di povertà. Si evidenzia infatti questa contrapposizione tra le due classi sociali, in entrambi i casi. I lavoratori da una parte, costretti ad obbedire alle pretese dei mega ricchi e quest’ultimi, accecati invece dalla vanità e dalla presunzione, che li allontanano dalla realtà del mondo.

Sussiste però una differenza tra i due titoli e che rende trionfatore uno dei due. Östlund ha osato maggiormente. La sua visione politica è più diretta e il suo film è un crescendo continuo, fino al punto massimo, che può essere considerato una tragedia neo moderna. Sull’opera di Polański questo aspetto è assente o non riuscito pienamente. Ciò risulta un vero peccato e diminuisce l’effetto finale, bloccandosi quasi nel suo sviluppo. La pellicola sembra essere ogni volta sul punto di esplodere e arrivare a quell’istante cruciale, come avvenuto con l’altro lavoro, ma si rimane a bocca asciutta. Non avviene mai quel momento decisivo in cui la bomba finalmente scoppia. Ogni scena è sempre più vicina a quella scintilla ma il regista non si spinge mai fino in fondo, almeno quanto dovrebbe.

PANORAMICA

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Polański crea un'opera interessante, che racchiude una critica sociale abbastanza decisa. Avrebbe potuto osare di più in fatto di temi affrontati, ma tecnicamente è perfetto. Un film nel complesso ben riuscito, dall'ottimo intrattenimento.
Giovanni Veverga
Giovanni Veverga
Amo gli autori che vogliono e sanno come raccontare una storia in grado di affascinare lo spettatore.

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