Presentato in anteprima mondiale al Tribeca Film Festival del 2019, Swallow è il primo lungometraggio del newyorkese Carlo Mirabella-Davis che dimostra subito il suo grande talento di regista e sceneggiatore.
Il cinema indaga le dinamiche inconsce dell’individuo rivelando attraverso la finzione scomode verità sulla psiche umana. Già dall’ambiguità semantica del titolo (swallow significa al contempo “rondine” e “ingoiare”) si intuisce l’intenzione del regista che mette in guardia il pubblico sul duplice (e a volte molteplice) significato delle azioni umane.
Al centro della vicenda una giovane casalinga che si ribella ad un sistema di valori opprimente e ad una vita poco stimolante. Ad interpretare magistralmente il ruolo della protagonista è l’attrice statunitense Haley Bennett che con il suo volto di porcellana e il caschetto biondo impeccabile riesce ad ipnotizzare lo spettatore.
Nel cast sono presenti anche Austin Stowell, Elizabeth Marvel, David Rasche e Denis O’Hare.
Swallow – La trama
Hunter (Haley Bennett) è una giovane casalinga che conduce apparentemente una vita perfetta: ha sposato Richie (Austin Stowell), un uomo di bell’aspetto e di buona famiglia, con cui vive in una splendida villa immersa nel verde di una collina. Ha da poco scoperto inoltre di essere incinta. Quando però tutto sembra andare per il verso giusto, accade l’imprevisto. La protagonista sviluppa un disturbo alimentare che la porta ad ingerire oggetti non commestibili che le procurano danni fisici. In realtà, la donna nasconde un indicibile segreto.
Il dramma di Hunter
Sin dalle prime scene del film lo spettatore sente una profonda empatia per la protagonista, avvertendo la presenza di un forte disagio in questa dimensione di apparente perfezione, pur non avendo ben chiaro il motivo. La presenza però di comportamenti ripetitivi, come quello di pettinarsi con una certa frequenza i capelli, è il campanello d’allarme. A poco a poco emergono quindi in lei segnali sempre più evidenti di una noia esistenziale, di una vita trattenuta. Emblematica è la scena in cui durante una cena con i suoceri Hunter prova a raccontare un episodio per lei significativo, ma viene subito stroncata dal disinteresse dei suoi commensali. La tensione è massima, il suo sguardo si incupisce, il suo volto si colora di imbarazzo. Sembra che stia per esplodere, quando improvvisamente viene distratta dal luccichio dei cubetti di ghiaccio che nell’atto di sciogliersi sembrano darle un attimo di sollievo.
Swallow – Un’ingannevole apparenza
Un giorno Hunter legge una frase contenuta in un libro “ogni giorno cerca di fare qualcosa di imprevedibile”. Sembra l’occasione giusta per dare un colpo di spugna alla sua vita monotona. Ma è l’inizio del dramma. Da allora Hunter trova conforto mandando giù oggetti di ogni tipo: una biglia, una puntina, persino un piccolo cacciavite. La compulsione con cui compie tali gesti le permette di controllare il caos oscuro che si agita dentro di lei. Richie non sembra comprendere gli stati d’animo di sua moglie né si mostra interessato a farlo. Il suo perfezionismo estetico che fanno di lui un narcisista incallito ben si concilia con quel mondo di apparenze dietro cui si nasconde una triste vacuità. Anche quando scopre il disturbo di sua moglie, non si interessa al suo compromesso stato mentale e se ne indaga le cause è solo per garantirsi che la gravidanza abbia un esito positivo.
Un dispotismo celato
I suoceri, Katherine e Michael, non sono da meno. Inariditi nei sentimenti da uno stato di benessere materiale, hanno come unico obiettivo quello di aiutare il figlio ad avere un erede. “Fingi di avere ciò che desideri” è il suggerimento che la suocera rivolge ad Hunter e che racchiude il suo ideale di vita. Nel corso della pellicola questa strana famiglia si trasforma progressivamente in una sorta di congrega diabolica che spinge la protagonista a comprendere la vera natura dispotica del marito e dei suoi genitori. Richie costringe Hunter a seguire contro la sua volontà una dieta ferrea, a sottoporsi a una terapia psicoanalitica e a convivere con un infermiere siriano che la controllerà notte e giorno. Sarà proprio durante una seduta che la protagonista prenderà coscienza dell’origine del suo male attraverso l’elaborazione del suo passato
Swallow – La regia
La scelta di Davis di ambientare la storia nell’era moderna ma in una dimensione un po’ rétro risulta avvincente. I primi piani della protagonista sono ben concepiti e finalizzati a rappresentare il suo senso di solitudine. Funzionali alla storia risultano anche le inquadrature degli spazi aperti circostanti la villa, dove non si avverte presenza umana, che si ricollegano al desiderio di evasione di Hunter. Appropriata appare anche la colonna sonora che sa creare un’atmosfera ansiogena e inquietante nelle prime scene e accompagnare successivamente l’evoluzione della protagonista con musiche più lievi.
In conclusione
Il corso degli eventi prenderà una piega diversa e del tutto imprevista rispetto ai piani perversi di Richie e dei suoi genitori. Tutto il film si configura come il racconto del viaggio interiore che la protagonista compie alla scoperta di sé e alla conquista della propria emancipazione. Una storia che però si carica della tensione narrativa tipica del thriller psicologico e che enfatizza i personaggi tanto quanto la trama, ponendo al centro del suo interesse lo sforzo della protagonista nel tentativo di risolvere i conflitti con la sua stessa mente. La sua condizione rievoca quella di una rondine (il secondo significato del titolo) non solo in quanto emblema di libertà e di leggerezza, ma anche come allegoria di un ritorno alle origini: le rondini affrontano lunghissimi e pericolosissimi viaggi tra un continente all’altro, solcando oceani e attraversando deserti, per ritornare infine a riprodursi nel luogo in cui sono nati.
Allo stesso modo Hunter cercherà di compiere un gesto altrettanto straordinario come quello di ricongiungersi alle sue origini per estirpare quel senso di colpa che le ha impedito per molto tempo di vivere pienamente, recludendola in uno stato di inadeguatezza esistenziale. La presa di coscienza avverrà soltanto dopo un interminabile percorso pieno di ostacoli e giustificherà il suo gesto finale. È necessario un incredibile senso dell’orientamento per trovare la via del ritorno e un’incontenibile esigenza di autoaffermazione per non cadere durante il volo.