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Rapiniamo il Duce, recensione del film disponibile su Netflix

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Di produzione Netflix, Rapiniamo il Duce è un film del 2022 diretto da Renato de Maria, precedentemente regista di Paz. Il film, costato circa dodici milioni di euro, è solo uno dei grandi investimenti compiuti dal cinema italiano negli ultimi anni. Tra il 2021 e il 2022, infatti, sono uscite produzioni come Freaks Out”, costato circa quindici milioni di euro, e i due film incentrati su Diabolik, di cui il solo primo film ha avuto un budget di circa undici milioni di euro.

Rapiniamo il Duce
Pietro Castellitto e Matilda de Angelis in “Rapiniamo il Duce”

Rapiniamo il Duce cast

Il cast è composto da Pietro Castellitto (Pietro Lamberti “Isola”), Matilda de Angelis (Gianna Ascari “Yvonne”), Isabella Ferrari (Nora Cavalieri), Tommaso Ragno (Marcello Davoli), Alberto Astorri (Molotov), Maccio Capatonda (Giovanni Fabbri), Luigi Fedele (Amadeo), Filippo Timi (Achille Borsalino), Coco Rebecca Edogamhe (Hessa).

Rapiniamo il Duce trama

Siamo a Milano ed è il 1945. La città, come tutto il paese, sta vivendo gli ultimi attimi del regime fascista. Isola, contrabbandiere, cerca di dare una svolta alla sua vita, anche perché innamorato di Yvonne, che si divide tra il ragazzo e Achille Borsalino, gerarca fascista, che sta pianificando di scappare con Mussolini e portarsi dietro la ragazza. Dopo un colpo andato male, Isola decide di allargare le sue ambizioni: l’obbiettivo sarà l’oro di Mussolini, custodito nella “zona nera”, area controllata in maniera maniacale dai fascisti. A lui si uniscono varie figure “dimenticate” dal regime, tra cui Giovanni Fabbri, ex pilota automobilistico, e Marcello Davoli, vecchio amico del padre di Isola. La posta è alta, le probabilità di riuscita bassissime. La storia, però, come sempre, farà il suo corso.

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Rapiniamo il Duce recensione

Le premesse sono ambiziose, sia dal punto di vista del budget che da un punto di vista narrativo. Per quanto riguarda la produzione, infatti, un investimento del genere si vede raramente in Italia e, proprio per questo, le responsabilità narrative di coloro a cui viene affidato tale budget sono enormi. L’incipit è anch’esso ambizioso. Un heist movie ambientato durante l’ultimo anno di guerra a Milano, con Mussolini in procinto di scappare.

Rapiniamo il Duce
Filippo Timi che interpreta Achille Borsalino, gerarca fascista

A questo spunto iniziale, però, segue una sceneggiatura lineare, forse troppo. La mancata caratterizzazione della maggior parte dei personaggi porta ad un appiattimento della tensione esclusivamente rivolto verso i personaggi interpretati da Pietro Castellitto e Matilda De Angelis. Se quest’ultima riesce bene a calarsi nella drammaticità del suo ruolo, il figlio d’arte assolve al suo dovere in maniera forse solo sufficiente, facendo rimpiangere allo spettatore le sue splendide capacità di regia osservate nel film “I predatori. L’attore risulta essere, infatti, notevolmente a suo agio nelle scene più comiche, per poi venire meno in quelle drammatiche, vero punto di forza mancato del film.

Sono chiare, in questo senso, le volontà del regista, determinato a combinare le peripezie comiche tipiche di film come “Smetto quando voglio, ad un’ambientazione e a un tono più drammatico e malinconico. Le scelte attoriali descrivono bene questa volontà. Da una parte attori come Isabella Ferrari, Matilda De Angelis e Filippo Timi intendono rappresentare tutta la drammaticità del periodo fascista, dall’altra la presenza di Maccio Capatonda cerca di portare il film su altri binari. Il comico interpreta Giovanni Fabbri, un pilota automobilistico sotto copertura, in maniera identitaria e riuscita. Così come Filippo Timi con il suo Achille Borsalino, il cui unico difetto è una scrittura forzata che lo rende macchiettistico.

Maccio Capatonda in “Rapiniamo il Duce”

Il punto debole del film è il collante di tutti questi personaggi, una mancata idea di gruppo che ha poco a che vedere con la banda di “Smetto quando voglio”. La scrittura nel film di Sydney Sibilia, infatti, permetteva allo spettatore di vedere rappresentata una coesione sincera tra i personaggi più disparati. In “Rapiniamo il Duce”, invece, non vi è mai fluidità nel comportamento collettivo, a discapito di buone interpretazioni attoriali.

A queste mancanze da un punto di vista di scrittura, bisogna sicuramente contrapporre le capacità che la musica, in questo film, ha di amalgamarsi alle varie scene. La colonna sonora, infatti, commistione di brani originali di David Holmes e pezzi della canzone italiana, accompagna quasi epicamente i protagonisti nelle loro vicende.

Una nuova saga?

In generale, il problema di scrittura che presenta questo film si spiega esaustivamente con una volontà di estremizzazione caricaturale da parte di chi ha prodotto l’opera. Una ricerca continua del carattere fumettistico, con l’unico intento di arrivare alla definizione di “cinema di genere”. Le grandi produzioni che si sono viste negli ultimi anni in Italia hanno rivolto lo sguardo verso questi orizzonti. In alcune situazioni il bersaglio è stato colpito, in altre il fallimento è stato innegabile. In questo caso, il film “Rapiniamo il Duce” ci prova, forse non fallisce, ma rimane deludente per le ambizioni che portava con sé. Un seguito sembra abbastanza chiaro dalle ultime scene del film. Non ci resta che aspettare e sperare in qualcosa di diverso, un’ondata di freschezza, ambizione e coraggio, simile a quella che Pietro Zinni e la sua banda avevano portato nell’ormai lontano 2014 con “Smetto quando voglio”.

Rapiniamo il Duce trailer

PANORAMICA

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Il film, causa una regia e una scrittura non in grado di soddisfare le ambizioni del budget, non riesce a catapultare lo spettatore all'interno della vicenda, che rimane abbastanza indifferente rispetto alle vicende dei protagonisti.
Redazione
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