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Piccolo corpo, un viaggio per sconfiggere la morte

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Piccolo corpo di Laura Samani è un film che, alla sua uscita nel 2021, ha fatto poco rumore. Malgrado la presentazione al Festival di Cannes e il David di Donatello alla regista come Miglior esordiente.

Il film ha vinto anche un Premio Flaiano come Miglior opera prima e il riconoscimento come Scoperta europea agli European Film Awards.

Piccolo corpo, la trama

Siamo in Friuli Venezia Giulia, presumibilmente a fine Ottocento. La giovane Agata, incinta, dà alla luce una bambina che nasce morta.

Decide, quindi, di intraprendere un viaggio dal mare verso la montagna per portare il suo corpo in un santuario dove si dice che siano capaci di riportare in vita i bambini morti.

Il film percorre le varie tappe del suo viaggio.

Piccolo corpo, una scena del film

Piccolo corpo, un film immersivo in una cultura e in un dolore

Piccolo corpo è un film nel quale allo spettatore è richiesto di immergersi completamente: nella natura incontaminata del Friuli, nei silenzi animati qua e là da canzoni popolari e lievi sottofondi musicali, nelle espressioni intense della protagonista.
L’immersione è anche linguistica, dal momento che tutto il film è parlato in dialetto friulano (il furlan), in dialetto veneto e in sloveno.

Ma allo spettatore è richiesto, innanzitutto, di immergersi nel dolore di Agata: una donna che viaggia per portare a termine un’impresa che pare impossibile, trascinandosi dietro il fardello del proprio lutto. Lutto che viene qui raccontato con una delicatezza e un’intensità che raramente si sono viste al cinema.

Il titolo, Piccolo corpo, suggerisce una forte dimensione corporea: non solo del cadavere della bambina morta, che ci verrà mostrato in tutta la sua evidenza solo alla fine del film, ma anche di Agata stessa. Una donna che ha partorito da poco, ha la montata lattea e perde sangue, ma è decisa a proseguire il proprio viaggio.

Piccolo corpo, una scena del film

Una missione da portare a termine. Ma non da sola

Agata ha una missione ben precisa da portare a termine: dopo la perdita della figlia neonata, ha inizio il viaggio che la porta dalla costa in cui vive alla montagna, passandovi letteralmente attraverso.

Sarà proprio il passaggio nelle viscere della montagna a sancire il momento cruciale: da lì non si torna più indietro. La sua missione, che le chiara fin dall’inizio, da quel momento in poi diventa inevitabile. Anche perché lei ha osato entrare là dove le donne non entrano, perché poi “nessuna ne ritorna indietro viva”, come le viene detto prima del suo ingresso.

Agata inizia il proprio viaggio da sola ma finisce per trovare compagnia lungo la strada: una compagnia che si rivelerà essenziale nel corso della storia. Ad accompagnarla sarà Lince, un abitante delle montagne del quale non viene mai esplicitato il genere, una sorta di folletto senza sesso che guiderà la protagonista nel proprio vagare.

Il primo approccio tra i due personaggi è di tipo utilitaristico: Lince intende reclutare Agata come balia da latte. In seguito, il rapporto tra i due cambierà, prendendo i connotati di un’amicizia di poche parole, forse di un amore.

Piccolo corpo, una scena del film

Il paesaggio come protagonista, tra Veneto e Friuli

I paesaggi più inesplorati del Nord-Est, in Piccolo corpo, fungono sia da cornice scenica che da protagonisti. Il luogo dal quale Agata parte per il viaggio è la laguna di Caorle e Bibione, che si trova nella provincia di Venezia.

La sua destinazione, invece, sono le maestose montagne della Carnia, in Friuli Venezia-Giulia, e del Trevisano, in Veneto.

Agata non lo sa, ma il momento decisivo del suo percorso sarà legato al suo elemento originario: l’acqua, stavolta di un fiume. L’acqua dalla quale è cominciato il film e dalla quale è stata purificata in un rito ancestrale al quale si è sottoposta prima del travaglio.

Piccolo corpo, il cast

Il cast di Piccolo corpo è ridotto all’essenziale. Agata, naturalmente, è il fulcro della storia: ad interpretarla è l’esordiente Celeste Cescutti, attrice per caso: per il film, infatti, si era proposta come semplice comparsa.

Originaria di San Daniele del Friuli, in un’intervista al Piccolo di Trieste ha dichiarato che da bambina voleva fare la macellaia. Nel ruolo della giovanissima madre del film si è calata anima e corpo, anche perché all’epoca delle riprese era appena diventata madre per davvero.

Il suo viso intenso, terrestre e al contempo puro dà perfettamente corpo al personaggio di Agata, a cavallo tra giovinezza e maturità, connotato da un sapore aspro come la natura che lo circonda.

A farle da contraltare, in un ruolo enigmatico, è la giovane attrice fiesolana Ondina Quadri, che ha alle spalle alcuni set d’autore: da segnalare le sue apparizioni in Capri Revolution di Mario Martone (2017) e in Notti magiche di Paolo Virzì (2018).

I suoi occhi celesti sono il perfetto rispecchiamento dell’ambiente circostante: cristallini come l’acqua e penetranti come il ghiaccio. Del suo personaggio non sappiamo quasi nulla, nemmeno il suo vero nome, eppure la sua intensità buca lo schermo.

Poco importa il suo genere: intuiamo solo che è girovago perché, presumibilmente, è stato costretto a lasciare la propria casa e la propria famiglia. Mentre accompagna Agata incontrerà una donna che ha tutta l’aria di essere sua madre, ma la sua identità non verrà mai esplicitata allo spettatore.

L’ambiguità di genere è uno dei tratti distintivi di Quadri. Infatti, nel 2015, ha preso parte ad un film, Arianna di Carlo Lavagna, nel quale interpretava la parte di una ragazza che scopre la propria intersessualità. Il film fu presentato al Festival del Cinema di Venezia.

Piccolo corpo, una scena del film

Piccolo corpo, le conclusioni

La regista triestina Laura Samani riesce a catapultare lo spettatore nella realtà del Friuli di fine Ottocento/inizio Novecento e lo conduce per mano lungo un viaggio della speranza, letteralmente.

Il commento musicale conciso, la sceneggiatura ridotta all’osso e una fotografia quasi meditativa restituiscono un mondo a parte nel quale è bello naufragare. Certo, il naufragio è lento, ma non è noioso.

L’anima pulsante del film è l’impasto di dolore e cieca determinazione di una madre di fronte al quale lo spettatore non può restare indifferente. Ad esprimerlo in potenza è il volto purissimo della protagonista Celeste Cescutti.

Piccolo corpo punta su uno stile scarno ma potente, che fa centro.

PANORAMICA

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

La regista triestina Laura Samani riesce a catapultare lo spettatore nella realtà del Friuli di fine Ottocento/inizio Novecento e lo conduce per mano lungo un viaggio della speranza, letteralmente. Il commento musicale conciso, la sceneggiatura ridotta all’osso e una fotografia quasi meditativa restituiscono un mondo a parte nel quale è bello naufragare. Certo, il naufragio è lento, ma non è noioso. L’anima pulsante del film è l’impasto di dolore e cieca determinazione di una madre di fronte al quale lo spettatore non può restare indifferente. Ad esprimerlo in potenza è il volto purissimo della protagonista Celeste Cescutti. Piccolo corpo punta su uno stile scarno ma potente, che fa centro.
Redazione
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