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Infranto – La recensione del film Sky tratto da una storia vera

Infranto è la nuova uscita assoluta di casa Sky. La decisione di trasmetterne la prima visione il 1 novembre, in una giornata di festa, figura come una strategia pensata e voluta. Il film doveva essere visto da tutti, o quanto meno meritava un’attenzione fuori dal comune.

Questa è infatti anche la storia stessa di Infranto, che narra le vicende di un ex marine che doveva essere ascoltato e osservato nella sua miseria.

Diretto da Abi Damaris Corbin, il film si incentra sulle esperienze (veramente vissute) di Brian-Brown Easley. Nel 1997 l’ex marine americano, dopo una vita passata a servire il suo paese, commette un atto estremo in concomitanza con il ritorno in patria.

La sua condizione economica è precaria e lo stato mentale traballante non lo aiuta. Ha una famiglia da mantenere (la figlia per lo meno, dato che la moglie ha da tempo preso le distanze dalla sua emotività distrutta).

Decide di rapinare una banca, non vedendo alcuna via d’uscita da quella condizione infame e immeritata che lo vede protagonista. Un incipit come tanti che già induce chi guarda a una certa prevenzione.

Infranto mostra certamente l’atto in sé del sequestro di persona. Durante una giornata di delirio, Brian occupa una filiale bancaria (la sua) e semina il panico tra clienti e operatori. L’altro lato della narrazione, quello velato, segue invece la sua condizione psico-fisica.

Infranto è infatti un viaggio nella psiche dell’ex militare che man mano che gli eventi scorrono, assume dei connotati emotivi differenti. A metà tra disperazione, rabbia e rammarico la sua sfera personale è sottoposta a continue prove.

La vita lo porta appunto a infrangersi contro il muro dell’impotenza fino a dover testimoniare lo sfaldamento del proprio io (un po’ bravo ragazzo, un po’ lavoratore e in arte anche farabutto).

Infranto

Infranto – Dettagli da elogiare e impianto da rivedere

Infranto dona onestamente una trama vista e rivista. Volendo proporre un paragone orientativo fin dal principio, lo si potrebbe paragonare a una versione discount di John Q. Critica allo stato, una forte sensibilizzazione sociale sono i grandi obiettivi della regista che, per l’occasione, ha anche scritto buona parte della sceneggiatura.

Brian Easley si trova alle prese con un dilemma che in America è vissuto con grande pathos: è così giusto sacrificare la propria vita per un paese che poi non dona indietro quello che ha ricevuto?

Il protagonista di Infranto si trova una porta bella spessa sbattuta in faccia quando il dipartimento dei veterani di guerra lo informa di una riforma fondi che lo esclude da qualsivoglia sussidio economico.

La produzione ha cercato dunque di porre questo quesito, tentando a più non posso di coinvolgere lo spettatore.

Se l’intento è nobile, il risultato non collima con le aspettative iniziali. Sembra di prender parte a un copione solitamente prevedibile e quasi stancante. Si parla di un uomo educato diventato belva, dopo che non ha ricevuto il sostegno anelato.

Il ritmo oltretutto è lento e coinvolge poco. Il tutto rapportato all’importanza del tema in questione.

John Boyega a dirla tutta gioca anche un ruolo credibile e apprezzabile. Niente a che vedere tuttavia con Denzel Washington che in John Q aveva mobilitato uno strato sociale intero, interpretandone costumi, modo di pensare e quant’altro.

Infranto da molto l’idea di un prodotto alla “vorrei ma non posso”, un’opera dai contenuti eccelsi ma dallo svolgimento stanco, svogliato e carente.

Note di merito

Infranto vive anche di alcuni punti di forza che stanno necessariamente nei dettagli. Un fattore da tenere in considerazione è sempre il periodo storico di riferimento. Ci troviamo alla fine degli anni novanta, almeno come eventi realmente accaduti. Trattasi di una fase in cui i telefoni non avevano ancora preso piede.

Brian ad esempio ha un telefono basico, e il suo piano telefonico sta per scadere. Il telefono è anche l’unico strumento che lo tiene in contatto con la figlia Kiah. La regista quasi vuole suggerirci che in epoca moderna l’impossibilità di usare un cellulare potrebbe essere un fattore scatenante di primaria importanza. Un elemento in grado di fare la differenza tra equilibrio e follia.

Sicuramente Abi Corbin pecca in questo di indecisione e poca precisione scenica. Non vi è infatti un chiaro riferimento all’epoca storica di riferimento. Si presume che sia legata alla contemporaneità ma il contesto storico è lasciato da parte.

Un maggiore approfondimento contenutistico avrebbe reso Infranto un film più avvolgente, facendo calare anche lo spettatore nella storia.

Un altro punto a favore è la presenza di alcuni stereotipi. Ad esempio, l’unico in grado di dialogare e trattare con Brian è un ex sergente che cerca di scendere a patti con il rapinatore improvvisato.

Eli Bernard infatti conosce lo stress post traumatico e può aiutarlo. Infranto mostra come il bisogno di una comunità di uguali (di chi ha vissuto una stessa esperienza) possa donare una speranza. Anche in assenza di aiuti statali concreti.

Un fattore di poco conto forse, un elemento narrativo solito e noioso. Eppure corrisponde a realtà. Quando non si ha l’aiuto che si vuole avere, bisogna cercare conforto in chi ha già vissuto quel particolare fatto.

PANORAMICA RECENSIONE

regia
sceneggiatura
intepretazioni
emozioni

SOMMARIO

Infranto porta su schermo un copione come tanti. Una brutta copia di John Q che parla di protesta, di abbandono da parte dello stato. I militari americani spesso trovano al ritorno una realtà più triste di quella che hanno lasciato in guerra. Non si riconoscono più in niente. Una regia fallace dirige un film scontato che ha dei pregi nei dettagli. Il contorno è forse meglio dei contenuti.
Federico Favale
Federico Favale
Anche da piccolo non andavo mai a letto presto. Troppi film a tenermi sveglio. Più guardavo più dicevo a me stesso: "ok, la vita non è un film ma se non guardassi film non capirei nulla della vita".

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