Primo film incontrato alla Festa del Cinema di Roma edizione 2021, manifestazione votata alla ripartenza e benedetta dal permesso di tornare alle sale con capienza regolare, è Mediterraneo del regista spagnolo Marcel Barrena.
Potente drammatizzazione della vita di Oscar Camps (Eduard Fernandez), bagnino della costa ispanica che supportato prima dal collega e amico fraterno Gerard Canals (Dani Rovira) poi da uno sparuto gruppo di compagni incrollabili, smette di essere un rassicurante guardiaspiaggia per turisti e parte alla volta di Lesbo, hangar a cielo aperto, attracco disperato di flussi migratori, provenienti dalle vicinissime coste della Turchia, in fuga dalla distruzione delle loro terre, su gommoni improbabili o su resti di imbarcazioni inadatte alla traversata.
Mediterraneo – Trama
La tristemente famosa foto del piccolo Aylam Kurdim, il bimbo-faccia-in-giù restituito annegato sul bagnasciuga come esito dell’ennesimo passaggio infausto di profughi, misura dell’orrore di un fenomeno sfruttato ed ignorato dalla comunità europea, smuove la coscienza di Oscar. Si risveglia in lui e si impone alla coscienza la vocazione di chi ha scelto il suo lavoro, ovvero la legge del mare secondo cui qualunque essere umano in difficoltà in acqua deve essere soccorso indipendentemente da chi sia, da come sia finito in mare, dalla meta che vuole raggiungere e dal perchè ci si stia dirigendo: così l’uomo parte.
A Lesbo si spalanca l’inferno degli sbarchi, la pericolosità dell’apparente quieto Mediterraneo si scontra con il racket degli scafisti capaci di chiedere somme ingenti per il viaggio, reclutare disgraziati, separare famiglie e metterle volutamente in pericolo distruggendo a poche miglia dalla riva l’imbarcazione o gettando le persone in acqua, perchè se salvati sono rifugiati, se arrivati sani salvi sono clandestini.
A questo si aggiunge l’indifferenza della guardia costiera greca divisa tra le minacce della Frontex, la polizia marina antisommossa, dai metodi molto poco umanitari e la guardia costiera turca che non effettua controlli e scarica responsabilità. A miglia di distanza giace l’Europa incapace di attivare una qualunque concreta collaborazione costruttiva, mentre si tacciono le disumane condizioni di Moria, l’unico campo profughi organizzato sull’isola, radura di nulla destinata a chi sopravvive e chiede rifugio, parcheggio di frontiera dei senza futuro, miserabile condensato di povertà, tendame ed attesa.
La popolazione locale si mostra chiusa agli stranieri, tranne la proprietaria di una locanda davanti alla spiaggia, a sua volta figlia di immigrati, stanca di dover raccogliere resti umani e di naufragio sulla sabbia del suo lido. Oscar coinvolge i fedelissimi dell’associazione per cui lavora, sua figlia con cui ha un rapporto da recuperare ed una reciproca fiducia da nutrire, mettendo alla prova se stesso e gli altri in quest’avventura drammatica, potenzialmente senza fine, sfociata nella nascita della nota ong Open Arms, in grado negli anni di strappare ai fondali del Mediterraneo migliaia e migliaia di vite.
Mediterraneo – Recensione
Mediterraneo per il regista Barrena e per tutta la sua troupe, interpreti compresi, è stata una sfida di sopravvivenza, un dover lottare con difficoltà tecniche evidenti, riprese rocambolesche, viaggi continui, guasti imprevedibili, defezioni improvvise, limiti fisici, sconforti collettivi, rischi da pandemia, ostacoli burocratici di ogni sorta, fatica ed impotenza assolute, tutto per arrivare a dare luce ad una realtà cui in pochi per colpa o dolo danno credito e rilevanza.
Quattro anni di lavoro ed esplorazione continua, immersi in una situazione drammatica, in esperienze riportate tragiche e sconfortanti, hanno portato alla realizzazione di un film non facile, che sa farsi carico di urgenze umanitarie non più rinviabili portandole all’attenzione collettiva con fedeltà e cuore lucido.
Al centro lo sforzo controverso, ma necessario della solidarietà in mare, la vita di chi volontariamente si dedica a questa battaglia, una lotta ed una missione, che sembra uno scontro con i mulini a vento e che forgia animi e priorità in modo irreversibile. Questo è accaduto alla troupe, ma anche agli abitanti dell’isola, migranti e autoctoni, coinvolti nelle riprese di Mediterraneo, mentre il team del film ha raccolto testimonianze dalle odissee realmente accadute in questi viaggi, ha utilizzato i materiali effettivamente adoperati nei salvataggi ed ha ricostruito sedi ed abitudini nel modo più accurato possibile, per rendere l’idea di una dimensione disumana e feroce che si trasforma in luttuosi titoli di giornale quotidianamente.
Da una parte il turismo indifferente che ricerca il benessere e la tranquillità tra le rinomate acque greche, dall’altra quelle stesse acque che ingoiano silenziose i resti di chi ha provato a cercare un altro mondo per se stesso e la propria famiglia.
Dagli sforzi di Oscar e dei suoi emerge terribilmente limpido una muro di gomma irrisolvibile, circolo vizioso con anime in carne ed ossa, lasciate nell’incertezza fisica, nello sbaraglio del destino, donne, anziani, bambini, senza referenti, che non conoscono la lingua, stipati in campi di accoglienza simili a bolge infernali. Un fenomeno autorigenerantesi che condiziona e sacrifica economie umane sia per chi cerca scampo, sia per chi trae in salvo: non a caso sono strappate le famiglie che salgono sui gommoni tra terrore e speranza e sono strappate le famiglie degli ex-bagnini reclutati alla causa di Mediterraneo, primo fra tutti Oscar, il grande assente alla vita di sua figlia, indomita salvatrice di vite anche lei, ostinata a seguire il destino paterno.
Di Mediterraneo colpisce la barra dritta, la schiettezza celere della narrazione capace di trascinare in situazione, senza diventare nè romanzo, nè copia carbone di un documentario: ha la forza di una necessità universale, l’intelligenza della dolorosa attualità e poco compiacimento nel raccontare una realtà ben più densa di qualunque descrizione.
Il mare detta le sue leggi sull’uomo e l’uomo non può e non deve trasgredirle. Perciò insistono le inquadrature sulle acque, sui momenti di salvataggio, continui, sfiancanti, sempre al limite della sostenibilità, a suon di bracciate, salvagenti lanciati, persone tirate a terra in spalla, sguardi gettati all’orizzonte in allerta costante, alla ricerca di un’increspatura d’allarme, orecchie tese per captare grida d’aiuto, vestiti addosso sempre bagnati, con l’unico scopo di strappare al Mediterraneo cibo umano dai suoi denti.
Mediterraneo – Cast
Peso specifico e meritorio non indifferente lo ha un cast profondamente in parte, allenato alle circostanze da mesi di prove e vita sul posto, che ne hanno forgiato caratteri ed espressioni, facilitando l’inevitabile affiorare di una spontanea e commossa partecipazione. Eduard Fernandez è il capitano del team interpreti, viso scavato dal sale marino e dal vento, corpo indefesso, un Capitano Achab tutto proteso al confronto con la sua personale, invincibile, “balena bianca”.
Di fatto è lui l’ispirazione di Mediterraneo, il suo protagonista assoluto: lui che esplode di rabbia, forza, lucidità, ostinazione, impeto, più vivo in acqua che in terra, a fermare un’emergenza epocale che non cessa di attraversarlo e metterlo in pericolo, isolandolo, schiavizzandolo, inchiodandolo ad un’isola bella e fatale. Accanto a lui la figlia ed i compagni,suoi angeli custodi ed adepti, tutt’attorno una stampa dormiente con cui imparare a relazionarsi per dare e ricevere risonanza in favore della missione.
Mediterraneo rappresenta una fenomenologia di solidarietà, la riprova che oltre alla giustezza teorica di una dedizione, esiste un bisogno concreto verso la stessa che se seguito, mai come in questo caso, smuove oceani.