HomeBiograficoMary Shelley, la recensione del film di Haifaa Al-Mansour

Mary Shelley, la recensione del film di Haifaa Al-Mansour

Mary Shelley della regista saudita Haifaa Al-Mansour è un film biografico sull’autrice del celebre romanzo di inizio XIX secolo “Frankenstein o Il moderno Prometeo”, che per alcuni segna il punto zero per il genere fantascientifico.

Ma il film non dedica molto tempo alla sperimentazione elettrica esotica o alla rianimazione di tessuti morti. Né affronta le conseguenze del romanzo storico dell’autrice e sui frutti a lungo termine delle sue fatiche. Mary Shelley è piuttosto un dramma romantico, incentrato sugli anni della turbolenta adolescenza dell’autrice fino alla pubblicazione del romanzo nel 1818.

Mary Shelley - Haifaa Al-Mansour

Mary Shelley, la trama del film

Incontriamo Mary (Elle Fanning) come una ragazza di 16 anni a Londra che spesso si allontana dai suoi doveri nella polverosa libreria di suo padre per leggere storie di fantasmi e sperimentare la sua prosa in un cimitero vicino. Proviene da una famiglia letteraria. Sua madre era una scrittrice prolifica e una sostenitrice dei diritti delle donne, prima di morire poco dopo la nascita di Mary. Ma suo padre, William Godwin (Stephen Dillane) preferirebbe che indirizzasse i suoi interessi verso generi più “legittimi”.

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È con questo obiettivo che manda Mary in Scozia con l’incarico di “trovare la sua voce”. Ma invece trova la sua musa ispiratrice: Percy Shelley (Douglas Booth), un poeta ricco e già di successo che cattura rapidamente il cuore di Mary, e non le dice di avere già una moglie e un figlio. La maggior parte del film è costruito attorno ai colpi di scena di questa relazione. Mentre Mary e Percy scappano insieme con la sorella di Mary, Claire (Bel Powley), lottano contro una serie di problemi finanziari, sociali e romantici. Lungo la strada, Mary deve evolversi dal suo miope idealismo che alla fine produce il capolavoro “Frankenstein”.

Mary Shelley - Haifaa Al-Mansour

Mary Shelley, la recensione del film di Haifaa Al-Mansour

Mary Shelley di Haifaa Al-Mansour è molto cose. È lunatico e grigio. È lussureggiante e annegato nella nebbia, elevato da una partitura che irrompe dallo schermo, avvolgendo gli spettatori in un bozzolo di beatitudine atmosferica. Girato in modo impressionante e soffuso di un retto fuoco femminista, il film è minato da una sceneggiatura un po’ confusa e una fondamentale mancanza di focalizzazione tematica. Troppo spesso il film non riesce a mettere insieme un arco soddisfacente per i suoi molti fili promettenti. La sceneggiatura ha la strana abitudine di fornirci informazioni chiave una o due scene dopo quella in cui sarebbe stato più utile conoscere. È una tumultuosa storia d’amore che non pulsa mai della giusta passione, un racconto di risveglio artistico che arriva all’argomento troppo tardi. I pezzi sono tutti presenti, ma senza essere perfettamente cuciti.

Nel suo insieme, Mary Shelley è comunque adorabile da guardare, con la telecamera di Al-Mansour che fa deviazioni insolite attraverso gli interni illuminati dalle candele e le scene di strade coperte, creando un’ambientazione credibile. La regista Haifaa Al-Mansour si è già dimostrata un’abile narratrice con storie di formazione di ragazze bloccate in ambienti oppressivi con l’eccellente “La bicicletta verde” e più avanti con “La candidata ideale”. E, come per gli altri film, trascorriamo molto tempo con la protagonista femminile per dare vita al personaggio. Percorrendo la strada accidentata che è il percorso biopic, Al-Mansour si nutre di quella familiarità e di battiti narrativi incondizionati, ma ci coinvolge con un’eroina straordinaria.

Elle Fanning è eccellente nei panni di Mary, mettendo insieme maturità e saggezza giustamente contrapposte alla giovinezza e all’innocenza che pian piano svaniscono. Sebbene riceva supporto da Booth e Tom Sturridge, che interpreta Lord Byron, un altro artista spericolato e ricco, è la Fanning che porta il film sulle spalle e fa un lavoro impressionante.

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Mary Shelley - Haifaa Al-Mansour

Mary Shelley e la nascita di Frankenstein

I fan del libro della Shelley, o del genere horror/fantascienza in generale, potrebbero rimanere delusi di avere solo fugaci scorci delle ispirazioni specifiche che hanno portato a quel laboratorio oscuro in cui il dottor Frankenstein ha dato vita alla sua creazione. Ma in realtà ci mostra perfettamente come e perché è nato.

Se prima di questo film, tutto ciò che conoscevamo dell’autrice Mary Shelley fosse il suo lavoro Frankenstein, sarebbe stato comunque abbastanza per ricostruire la psiche di una giovane donna brillante e talentuosa, che ha sofferto per la perdita e l’abbandono. Guardare oltre significa acquisire una contesto, che il film di Haifaa Al-Mansour ci garantisce. Secondo il film, la storia d’amore nella vita della Shelley, o meglio, il dramma tumultuoso che ha generato, ha ispirato il celebre libro.

Una volta che apprendiamo di lei e della scandalosa storia d’amore di Percy Shelley, del rapporto sprezzante con la matrigna, della perdita di sua madre e poi di suo figlio, la concezione del mostro di Viktor Frankenstein diventa sempre più chiara. La parte più discutibile del suo capolavoro era il suo sesso. Gli editori credevano che i lettori non sarebbero stati in grado di digerire nulla di così orribile e macabro, soprattutto se scritto da una donna.

Anche suo marito credeva che avrebbe dovuto concedergli un “lieto fine”. Uno in cui l’uomo porta la vita a un angelo, non a un mostro, non riuscendo contemporaneamente a capire l’angoscia delle parole che metteva su carta e chi fosse veramente il mostro della storia. Volevano “storie di donne” senza rendersi conto che Frankenstein è tutto l’orrore artificiale inflitto al mondo. Vederlo poi con gli occhi di una donna lo ha reso ancora più straordinario.

PANORAMICA RECENSIONE

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

"Mary Shelley" diretto dalla regista saudita Haifaa Al-Mansour è un un film biografico sull'autrice del celebre romanzo “Frankenstein o Il moderno Promoteo” del 1818. Con una sceneggiatura un po' confusa, il film ci coinvolge comunque con un'eroina straordinaria portandoci a conoscenza di tutto il dolore e la sofferenza della donna che ha generato il "mostro".
Maria Rosaria Flotta
Maria Rosaria Flotta
Laureata in Scienze della Comunicazione con una tesi sul cinema d'animazione. Curiosa, attenta e creativa. Appassionata di cinema, arte e scrittura.

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