“È una questione di diritti delle donne?”. È questo quello che chiedono degli spettatori scettici ad una giovane dottoressa saudita che ha appena annunciato di volersi candidare per il consiglio locale in La candidata ideale. Una domanda piuttosto azzeccata da sollevare nel quarto lungometraggio della regista Haifaa Al-Mansour, date le scoperte del Regno dell’Arabia Saudita per i diritti delle donne.
Presentato in anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia del 2019, il film è giunto nelle nostre sale cinematografiche, rivelandosi un’opera estremamente onesta che ci offre uno sguardo dietro il sipario della classe media saudita, esplorando le questioni del sessismo, del progresso sociale e della politica elettorale.
La candidata ideale, la trama del film
Scritto dalla stessa regista insieme a Brad Niemann, La candidata ideale di Haifaa Al-Mansour segue una giovane dottoressa di nome Maryam (Mila Al Zahrani) che, a causa di diversi ostacoli amministrativi e una serie di disavventure, finisce per concorrere alle elezioni locali. Il suo obiettivo è abbastanza semplice. Vuole semplicemente sistemare la terribile strada davanti alla clinica in cui lavora che, nonostante le precedenti richieste, è stata continuamente ignorata dalle inette autorità locali. Determinata quindi a mettersi alla prova, Maryam arruola le sue due sorelle, Selma (Dae Al Hilali) e Sara (Nora Al Awadh), per aiutarla nella sua campagna. E fornire anche un eccellente sollievo comico.
Il film non solo mostra come gli amici e la famiglia di Maryam affrontano la questione con apprensione iniziale, ma descrive anche come la comunità locale avvolga le loro teste attorno al concetto di candidata. Nessuno intorno a Maryam crede che lei possa vincere e, il pubblico, è disgustato dal suo atteggiamento “insolente”. Tuttavia, mentre la sua campagna prende slancio, le persone iniziano a pensare che una donna potrebbe davvero spodestare un uomo nel consiglio locale.
La candidata ideale e i cambiamenti storici sui diritti delle donne in Arabia Saudita
La candidata ideale cavalca l’onda dei cambiamenti storici sui diritti delle donne che hanno avuto luogo in Arabia Saudita negli ultimi anni. Il Regno, un tempo l’unico paese al mondo a vietare alle donne di guidare, ha iniziato a consentirlo nel giugno del 2018. Nell’agosto del 2019, le autorità saudite hanno anche annunciato che le donne potevano viaggiare all’estero liberamente e indipendentemente, senza il permesso di un tutore maschile.
Opportunamente, Haifaa Al-Mansour apre il film con Maryam proprio al volante e, i problemi legati ai viaggi all’estero, giocano un ruolo fondamentale nello stimolare la sua candidatura. Nel film, Maryam ha certe libertà: ha un buon lavoro, guida, suo padre si fida a lasciarla sola in casa insieme alle sue sorelle mentre lui è via. Tuttavia, il sessismo divorante del Regno soffoca ogni piccola vittoria. Vediamo come i pazienti maschi più anziani rifiutano il trattamento di Maryam e richiedono invece infermieri uomini, anche se meno qualificati.
Quando Maryam vuole migliorare qualcosa per la sua clinica, le autorità ignorano le sue richieste a causa del suo sesso. L’ultima goccia arriva quando Maryam ha la possibilità di partecipare ad una conferenza medica a Dubai. Ma non può andare perché suo padre non c’è per firmare il permesso di viaggio. Questo diventa il catalizzatore accidentale per la corsa alle elezioni di Maryam. Tutti questi limiti l’hanno costretta ad agire.
La candidata ideale, e il divario tra atteggiamenti quotidiani e politica astratta
La candidata ideale inquadra la lotta di Maryam in termini personali. Una scelta che consente al pubblico di concentrarsi su di lei come personaggio poliedrico. E comprendere meglio il divario tra atteggiamenti quotidiani e politica astratta. Maryam non vuole cambiare l’intero sistema politico. Vuole solo aiutare la sua clinica e svolgere adeguatamente il suo lavoro di medico. Sta semplicemente cercando di ritagliarsi la propria identità, con fierezza e determinazione che ribollono sotto la superficie fino al momento preciso in cui poter colpire.
Quando gli eventi non vanno così positivamente nel film, possiamo sentire la sua frustrazione. Non sorprende che Maryam incontri uomini scettici, alcuni scioccati dal fatto che si rivolge loro parlando faccia a faccia, ed altri che le dicono “il posto di una donna è a casa”. Durante un’intervista, Maryam affronta continue interruzioni con domande su giardini e parchi giochi per bambini, insinuando che queste siano le uniche questione di cui le donne possono parlare. Tuttavia, anche se le donne le danno un certo sostegno partecipando alle raccolte fondi e alle sue feste, farle votare è un’altra sfida.
Il sessismo è dunque il problema principale di questo film. Nonostante la trama piuttosto semplicistica, Haifaa Al-Mansour fa un ottimo lavoro nel mostrare come questo fenomeno operi sia a livello sistematico che individuale. Catturando una comunità saudita contemporanea raramente vista, il film si sente altrettanto rivoluzionario come il precedente della regista “La bicicletta verde” (2012). Primo film interamente girato in Arabia Saudita, quando i cinema erano ancora illegali. Ma anche il primo film girato da una donna.
La candidata ideale non è solo un risultato sorprendente che evidenzia un’Arabia Saudita in rivoluzione ma, descrivendo abilmente quanto Maryam si spinge per ottenere il rispetto della sua comunità, il film ci ricorda anche le radici profonde del sessismo e quanti più progressi il Regno e il mondo in generale devono ancora fare sui diritti delle donne.