Gabriele Mainetti ritorna con una storia d’amore girata nel quartiere cinese a Roma, La città proibita, tra micromondi in espansione e scorci di una capitale in evoluzione. In sala dal 13 marzo, Mainetti arriva così al suo terzo film. Dopo il grande esordio di Lo chiamavano Jeeg Robot e la favola magica di Freaks Out.
C’è sicuramente un tempo piccolo necessario al regista romano per rifiatare dopo i suoi primi due film che l’hanno reso al pubblico uno degli autori italiani contemporanei più apprezzati e amati. Sono passati dieci anni da Lo chiamavano Jeeg Robot, un successo di critica e di pubblico strepitoso, per una pellicola che ebbe il merito di portare sullo schermo un nuovo modo di fare cinema e di raccontare il contemporaneo attraverso il filtro dei supereroi.
Poi c’è stato Freaks Out, accolto più tiepidamente, anche per difficoltà produttive enormi che l’ha trasformato non poco. Rimanendo, tuttavia, un esperimento cinematografico poco battuto nei sentieri nostrani. E adesso, La città proibita, scritto dal regista insieme a Stefano Bises e Davide Serino, in sala dal 13 marzo per PiperFilm in 400 copie, dopo un’anteprima sabato 8 marzo in 200 schermi.
La città proibita – La trama
La città proibita ha come protagonista Mei, una ragazza cinese, interpretata da una quotata stunt cinese, Yaxi Liu (Mulan), in arrivo a Roma in cerca della sorella scomparsa. Il suo destino incrocia quello del cuoco Marcello (Enrico Borello) e della mamma Lorena (Sabrina Ferilli) e del ristorante di famiglia che fatica a sopravvivere gestito da Alfredo (Luca Zingaretti), che li ha abbandonati per fuggire con un’altra donna.
Annibale (Marco Giallini) è un amico di vecchia data, vicino alla famiglia, e anche piccolo boss del quartiere. Il film è una storia d’amore che si tinge dei codici del genere, un racconto di speranza che si incrocia con il desiderio di vendetta, di stereotipi e violenza.
C’è soprattutto tanta Roma ne La città proibita, una Roma multietnica nel cuore del quartiere Esquilino, in una Vittorio Emanuele ritratta quasi con sfumature fumettistiche, tra comunità indiane e cinese. E’ una città in evoluzione, che cambia volto, che aggiunge nuovi tasselli alla sua popolazione. In buona sostanza, Mainetti gira un atto d’amore cinematografico verso la sua città. La città dei fori e degli antichi romani.