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Gli spiriti dell’isola, la recensione

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Vincitore del premio alla miglior sceneggiatura e della Coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile alla Mostra internazionale d’arte cinematografica tenutasi quest’estate a Venezia, Gli spiriti dell’isola (The Banshees of Inisherin) (114’) è un peculiare dramma su cui si innestano venature tragicomiche. La regia del progetto è curata da Martin McDonagh, anche autore della sceneggiatura e in precedenza già dietro la macchina da presa per successi del calibro di In Bruges – La coscienza dell’assassino (2008) e soprattutto Tre manifesti a Ebbing, Missouri (2017). Per il suo carattere personalissimo e originale, ma anche per il livello qualitativo indubbiamente alto della sua realizzazione, la pellicola si è guadagnata nove nominations ai prossimi Critics’ Choice Awards e otto per i prossimi Golden Globe. Protagonisti delle nomination sono gli interpreti principali del film: Colin Farrell, Brendan Gleeson, Kerry Condon e Barry Keoghan.

the banshee of inisherin

Gli spiriti dell’isola trama

È il 1923, e mentre la guerra civile irlandese sembra volgere ad un insperato ma comunque violento e sofferto termine la vita sull’isola immaginaria di Inisherin prosegue placida per le poche anime che la abitano. Fra queste Pádraic Súilleabháin (Colin Farrell), allevatore volenteroso, lievemente ingenuo ma di buon cuore. L’uomo vive con sua sorella Siobhán (Kerry Condon), colta, istruita e sagace, che tende a vivere solo marginalmente la vita di paese privilegiando ad essa l’intimità delle sue letture domestiche. Nella piccola e spartana isola vive anche Colm Doherty (Brendan Gleeson), storico migliore amico di Pádraic, musicista dedito e dai sogni di gloria. Tra i sentieri terrosi e i familiari pub di Inisherin trovano il loro posto anche Dominic e Peadar Kearney (Barry Keoghan e Gary Lydon), figlio e padre, scanzonato fannullone il primo e violento poliziotto il secondo.

La placida routine del villaggio scorre tranquilla sempre uguale a se stessa tra chiacchiere e abitudini finché un giorno Pádraic, recandosi a casa del migliore amico per l’abituale bevuta pomeridiana, si ritrova a scontrarsi con uno scenario inedito. Colm, infatti, viene meno all’abitudine e comunica al compare di avere intenzione di distaccarsi dalla loro amicizia. Pádraic, turbato, si ritrova così costretto ad interfacciarsi con una realtà che sta irreparabilmente franando di fronte ai suoi occhi. Non riuscendo a trovare colpe nel punto di rottura con l’amico, la sua perplessità si ripercuote anche sullo sguardo con cui osserva il resto della comunità e su quello con cui crede che la comunità guardi lui. Quando la situazione sembra farsi troppo complessa per la sua comprensione e lo scorrere degli eventi lo mette alle strette, Pádraic sarà costretto ad adottare un nuovo modus operandi per far fronte all’ostilità del quotidiano.

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Gli spiriti dell'isola

Gli spirti dell’isola recensione

Quello che si staglia di fronte allo spettatore de Gli spiriti dell’isola è uno spettacolo tanto atipico quanto qualitativamente prestante. La temporalità stessa della narrazione, lungi dalla contemporaneità, si rifugia in un passato sì contestualizzato ma tendenzialmente scevro da legami di sfondo storico, se non per i circoscritti e sporadici riferimenti alla Guerra civile irlandese, che lontani dall’ergersi a protagonisti dello scenario si limitano a svolgere funzione di cornice. Così facendo, la vicenda si colloca in una temporalità – non particolarmente determinante – che distanzia il pubblico dalla trama contribuendo a quell’alone di mistico favolismo che permea il lungometraggio nella sua interezza.

In Gli spiriti dell’isola sono molti in effetti gli elementi tanto scenografici quanto narrativi che sembrano volgere in direzione di una distante connotazione fiabesca, a partire ad esempio dall’onnipresente nebbia, dalla cifra sistematicamente tendente all’assurdo (o quantomeno all’irreale) del main plot, o anche dall’inserimento di personaggi del calibro della pressoché veggente Mrs. McCormick; elementi che, in ragione stessa del loro essere, creano un inevitabile – ma funzionale e auspicabilmente desiderato – scarto di distanza tra gli attanti della narrazione, i personaggi, e gli osservatori di tale azione, gli spettatori del film.

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Uno sviluppo narrativo schietto ed aspro

Al contempo, un certo primitivismo insito nell’ambientazione (curiosamente, non troppo dissimile da quella del di poco precedente Midsommar, altrettanto efficace in questo senso) si rivela sorprendentemente capace di permeare i toni della narrazione e di plasmare i caratteri e le azioni dei personaggi, rendendo lo sviluppo narrativo incredibilmente netto, onesto, crudo e credibile, seppur nella cornice favolistica di cui sopra. Nel crudele pallore di uno scenario per sua natura brutale, persino una trama insperata come quella de Gli spiriti dell’isola finisce per suonare verosimile e inevitabile, assorbendo però in aggiunta l’asprezza e l’inclemenza dell’ambiente in cui si colloca.

Questi elementi, uniti alla maestria tecnica con cui la pellicola è stata realizzata in tutte le sue parti (mirabili infatti la regia e la fotografia, tanto quanto le performance degli interpreti protagonisti) rendono Gli spiriti dell’isola un prodotto profondamente consapevole, pur nel suo rivelarsi atipico e in un certo qual modo addirittura straniante, e non stupisce, in questo senso, l’attenzione che il prodotto sta ricevendo nell’economia della stagione cinematografica in corso.

PANORAMICA

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

The Banshees of Inisherin è uno dei protagonisti della stagione cinematografica in corso, un prodotto di qualità in bilico fra dramma e commedia, tra fiaba e cruda realtà.
Eleonora Noto
Eleonora Noto
Laureata in DAMS, sono appassionata di tutte le arti ma del cinema in particolare. Mi piace giocare con le parole e studiare le sceneggiature, ogni tanto provo a scriverle. Impazzisco per le produzioni hollywoodiane di qualsiasi decennio, ma amo anche un buon thriller o il cinema d’autore.

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