“Copia originale” è un film del 2018 diretto da Marielle Heller, con protagonisti Melissa McCarthy e Richard E. Grant. La sceneggiatura della pellicola è tratta dal libro autobiografico di Lee Israel “Can You Ever Forgive Me? Memoirs of a Literary Forger”, scrittrice talentuosa che, dopo essere caduta in rovina, diventa un abile falsario di lettere rare, stilate a nome di personaggi famosi, tra cui Dorothy Parker ed Ernest Hemingway.
E’ il 1991 e in una New York dipinta di bianco dalla neve, la scrittrice Lee Israel (Melissa McCarthy) si scontra con il lato meno romantico del suo mestiere: saper vendere se stessi e il proprio lavoro. Dal carattere misantropo e scorbutico, dipendente dall’alcol, maldisposta a scendere a compromessi con l’etichetta del mondo letterario, si ritrova a vivere in gravi ristrettezze economiche. Non riuscendo più a pagare l’affitto e le cure veterinarie di cui necessita il suo gatto, ha l’idea di contraffare lettere di personalità celebri per poi rivenderle a caro prezzo. Con la sua abile penna, Lee Israel imbroglia numerosi librai collezionisti, abbindolati anche dalla cura minuziosa dei dettagli delle lettere, come il carattere di stampa e la tipologia di carta, riuscendo così a pagare i suoi debiti e a far curare il suo gatto, l’unico essere al mondo di cui le importi. Le cose però cominciano ad andare male quando viene segnalata dall’ FBI come contraffattore. Impossibilitata a vendere le sue lettere, si serve di Jack Hock (Richard E. Grant), amico di bevute e scrittore dimenticato come lei. La situazione degenera quando Lee Israel scambia delle lettere autentiche custodite in una biblioteca con i suoi falsi, venendo così arrestata durante la compravendita in una libreria e in seguito, condannata per truffa.
“Copia originale” è un biopic di rara bellezza per svariate ragioni, a cominciare dall’interpretazione di Melissa McCarthy. Il ruolo di Lee Israel, non solo le ha fatto guadagnare la Candidatura all’Oscar come migliore attrice protagonista, ma l’ha consacrata anche come attrice poliedrica di grande talento, capace non solo di interpretare i ruoli comici che l’hanno resa famosa (Mike e Molly, Spy, Tammy), ma anche personaggi drammatici ed impegnativi come la protagonista di “Copia originale”. Melissa McCarthy rende giustizia alla complessità della controversa scrittrice, catapultandoci nel suo mondo dimenticato da Dio, fatto di solitudine, di incomprensione, di disagio non solo economico ma anche emotivo. La protagonista non dispensa mai i suoi pensieri più intimi, ma li lascia trapelare dalle sue azioni e dal suo sguardo, creando un’empatia salda con lo spettatore.
La trama di “Copia originale” non è mai banale e viene arricchita qui e là da momenti divertenti che smorzano, anche se di poco, la drammaticità della storia. L’espediente utilizzato da Lee Israel per sopravvivere la dice lunga sul suo carattere, e come lei stessa ammette davanti al giudice alla fine del film, ha preferito trasformare l’arte in truffa piuttosto che scrivere di se stessa, perché troppo codarda per accettare le critiche dei lettori. Orgogliosa e riservata in ogni ambito della sua esistenza, i falsi da lei redatti, sono non soltanto un mezzo per pagare l’affitto, ma anche un modo per beffarsi del mondo letterario di cui non riusciva a fare parte. La voglia di rivalsa l’ha accecata al punto tale da farla cadere nell’errore grossolano di rubare lettere archiviate in biblioteche, per poi rivenderle.
La storia di Lee Israel dimostra tuttavia che è possibile ricostruire la propria esistenza ripartendo dai propri errori. Il suo libro autobiografico “Can You Ever Forgive Me? Memoirs of a Literary Forger”, scritto in seguito alla sua condanna, è stato il mezzo con cui ha espresso se stessa, senza più paura dei giudizi, mettendo da parte la codardia e l’orgoglio, parlando di come ha trasformato l’arte in crimine e ammettendo, nonostante tutto, che quelle lettere sono le sue opere più belle. Insegna che il mestiere di scrittore non è solo romantica ispirazione, ma è business, con scadenze inderogabili e grattacapi irrisolvibili, è un mondo dove se non hai l’idea giusta vali zero. Lee Israel ha fatto i conti con tutto questo, ed è stato l’istinto di sopravvivenza, che l’ha spinta a guadagnare sulla supponenza e l’altezzosità dello stesso ambiente che l’aveva sbattuta in mezzo ad una strada.
Anche dopo aver scontato la sua condanna, ha potuto constatare che non c’è un modo sicuro di stabilire cosa è arte e cosa non lo è, notando un suo scritto in vendita a quasi duemila dollari, firmato da Dorothy Parker, con tanto di lettera di autenticazione. Divertita, Lee Israel scrisse così al libraio: “Gentile signore,le porgo i miei flebili saluti dall’altro mondo. So che vende le mie le mie lettere personali a una cifra vicina ai duemila verdoni, mentre la povera Lee Israel ha ricevuto una minuscola frazione di quella somma, quando le ha vendute a qualcuno che poi le ha vendute a lei. Mi auguro di cuore che questa lettera non abbia effetti sul prezzo del suo prezioso manufatto. E chiudo come notoriamente sussurrai dopo la mia cremazione: cari, scusate la polvere. Sua Dorothy Parker”. Con questa lettera, Lee Israel dà prova di non essere stata la sola a truffare il mondo letterario e che ci sarà sempre qualcuno che si approfitterà delle falle nei sistemi di autenticazione delle opere d’arte. Ma soprattutto, Lee Israel, impara a prendersi meno sul serio ed a trattarsi meglio, finalmente consapevole che le critiche fanno male solo quando rispecchiano il giudizio che abbiamo di noi stessi.
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