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Cane mangia cane – un noir punk firmato Schrader

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Supermercati, ristoranti, salotti dall’atmosfera rassicurante. Strip club, casinò, fuoristrada dal portabagagli ampio, tanto da poterci nascondere un cadavere. A ciascuno il proprio posto, a ciascuno la propria tomba. Non si riemerge dal buio. Nessuna camera con vista sul futuro. Dopo una fragorosa caduta nel sudiciume, l’insopportabile fetore vi rimarrà addosso, impedendo alla vostra seconda occasione di bussare alla porta.  “Cane mangia cane” è voracità e miseria. Un perdono supplicato, una redenzione invocata, un futuro agognato.

Si ha fame di opportunità, di giustizia e di cinema nel film di Paul Schrader. Lo sceneggiatore di “Taxi Driver” non ha smesso di dedicarsi agli animali più strani della notte, né di riflettere su quella solitudine che lo ha perseguitato per tutta la vita. Nel riadattamento cinematografico del romanzo “Dog Eat Dog” di Edward Bunker, Schrader deforma la crudezza narrativa con colori pop e spruzza adrenalina sulle pagine del più noto scrittore criminale donato al cinema.

Cane mangia cane
Un prologo allucinato che richiama le atmosfere care a David Lynch

La iena Mr. Blue (Edward Bunker è stato bramato follemente da Quentin Tarantino per il ruolo in “Reservoir Dogs” del 1992) conosce molto bene ciò di cui racconta, ma Schrader alterna alla verità la creazione. L’intento è quello di annichilire, stordire, depredare lo spettatore dei propri punti saldi. Bersaglio colpito e spettatore affondato. Il padre della New Hollywood taglia il traguardo e con “Cane mangia cane” ci lascia così come ci ha abituati, immersi nelle immagini e affamati di cinema.

Prendete un libro traboccante di pura essenza criminale, elevate al cubo Travis Bickle e lasciate che il vostro “Cuore selvaggio” scalpiti lynchianamente non appena Nicolas Cage e Willem Dafoe appariranno nella stessa inquadratura. Un prologo magnifico, colmo di sociopatia rosso sangue, e un finale splendido, immerso nella nebbia. Un sentimentalismo rude che si manifesta mentre si cerca maldestramente di disfarsi di un cadavere. Una smania d’amore che si svela sognando il mare di Nizza, in compagnia di una cinica prostituta. Una poesia messa a tacere nelle risse. Un’ America armata ma in rovina, abitata da uomini senza direzione e criminali privi di astuzia.

Cane mangia cane
Mad Dog (Willem Dafoe), Troy (Nicolas Cage), Diesel (Christopher Matthew Cook)

Los Angeles è il loro scellerato teatro. Sono amici da quando sono finiti in carcere, e ora, a libertà ritrovata, vogliono tornare padroni del loro destino. Nicolas Cage è Troy, l’uomo di cervello e carisma di cui ogni compagine criminale deve avvalersi. Willem Dafoe veste i sudici panni di Mad Dog, e fidatevi la follia non risiede solo nel nome. Christopher Matthew Cook è Diesel, magnetico e solitario. Alle prese con quello che potrebbe essere il loro ultimo colpo, i tre rincorrono una seconda occasione, divisi tra la brama di rivalsa e la sete di redenzione.

E mentre i personaggi di “Cane mangia cane” annegano nello squallore e nella brutalità, inseguendo una rivincita che nemmeno il destino vorrà concedere loro, in TV si dibatte sull’uso delle armi e nei ghetti del grilletto facile di chi veste una divisa, soprattutto quando la pistola è rivolta su chi ha la pelle di un altro colore. Un’esistenza lontana dall’illegalità non è possibile per chi non ha denaro, così ogni commosso pentimento scivolerà inevitabilmente su nuovo sangue. Una volta che sei stato dentro restare fuori è impossibile.

Cane mangia cane

I protagonisti di questa pellicola sono uomini perduti, privi di una qualsivoglia grandezza, colpevoli ma allo stesso tempo vittime non solo di un destino che non sa loro offrire vie di fuga, ma anche di un sistema che non smette di far loro scontare la medesima pena, imponendo uno stato costante di agitazione violenta.

“Cane mangia cane” ha il merito di aver costruito per Nicolas Cage un ruolo perfetto, quasi una trattazione completa delle personalità di cui ha portato le vesti nella sua carriera. Troy è un criminale gentiluomo dallo sguardo malinconico, un po’ pazzo, chiacchiera e gesticola. Un delinquente predicatore che vorrebbe rifugiarsi in un vecchio film. “Qualcuno mi ha anche detto che somiglio a Bogart… Vuoi essere la mia Marlene Dietrich?” chiede ad una prostituta tutt’altro che ammaliata dal fascino del nostro cane affamato di riscatto.

Nicolas “Bogart” Cage

Il solo ad aver compassione e una smisurata passione per questi cani non ammaestrati, annientati dalla loro stessa violenza, è proprio Paul Schrader, che lascia riversarsi sullo schermo tutta la loro straziata umanità.

Quindi se doveste avvertire il vostro piede vacillare su di un terreno subdolo e scivoloso cercate ad ogni costo la forza per rimanere in piedi, perché una volta sprofondati nella melma non vi basterà scrollarvi di dosso il fango. Dalla spazzatura non si riemerge, nemmeno se si somiglia a Humphrey Bogart. Parola di Paul Schrader.

Voto Autore: [usr 4,0]

Silvia Strada
Silvia Strada
Ama alla follia il cinema coreano: occhi a mandorla e inquadrature perfette, ma anche violenza, carne, sangue, martelli, e polipi mangiati vivi. Ma non è cattiva. Anzi, è sorprendentemente sentimentale, attenta alle dinamiche psicologiche di film noiosissimi, e capace di innamorarsi di un vecchio Tarkovskij d’annata. Ha studiato criminologia, e viene dalla Romagna: terra di registi visionari e sanguigni poeti. Ama la sregolatezza e le caotiche emozioni in cui la fa precipitare, ogni domenica, la sua Inter.
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