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American Animals

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Dopo il pluripremiato documentario “L’impostore” del 2012 sul famigerato truffatore francese Frédéric Bourdin degli anni ’90, il regista Bart Layton ritorna e prosegue il suo lavoro di ricerca e testimonianza sulla menzogna/verità con American Animals. Presentato al Sundance Film Festival 2018, è stato distribuito nelle sale italiane il 6 giugno del 2019 da Teodora Film. In questo nuovo film realizza un’opera drammatica intrigante che gioca come un documentario, sulle linee confuse tra realtà e finzione e racconta la vera storia di una rapina avvenuta alla Transylvania University di Lexington nel 2004, una delle rapine più audaci e ridicole della storia moderna.

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“Tutto ciò non è basato su una storia vera”, la prima didascalia del film finge subdolamente, lasciando poi cadere le parole “non basato su” per rivendicare il fatto che in realtà lo sia. Protagonisti di questa pellicola sono due studenti universitari. Spencer Reinhard, interpretato da Barry Keoghan, è una giovane matricola aspirante artista che cerca una svolta nella sua vita e Warren Lipka, interpretato da Evan Peters, è uno studente più ribelle con una borsa di studio per lo sport, ma svogliato e disinteressato. Il film lo presenta come il principale istigatore della rapina, anche se l’idea originale era nata nella mente di Spencer inizialmente, ma solo come semplice fantasticheria galleggiante. Warren, però, si ci fissa immediatamente. È irrequieto e disperato, con l’ardente desiderio di sfuggire alla blanda conformità dell’America bianca della classe media. In qualche modo è sempre in grado di indurre e persuadere Spencer e, alla fine, lo convince in questo folle progetto di rapina. I due progettano di rubare dei libri rari della sezione “collezioni speciali” della biblioteca universitaria dal valore di 12 milioni di dollari. Rendendosi conto che attuare la rapina richiederà più persone, i due reclutano altri due complici, Eric e Chas, amici d’infanzia.

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Layton introduce deliberatamente elementi di oscurità e ambiguità in una storia che pensiamo sin dall’inizio si trasformi in una qualche specie di scherzo. Senza manuali di rapina, i quattro amici studiano diligentemente i “trucchi del mestiere” guardando DVD di film come “Giungla d’asfalto” di John Huston e “Le Iene” di Quentin Tarantino. Una delle scene più strane e comiche è quando Warren è in viaggio ad Amsterdam per incontrare un potenziale compratore dei libri rubati. La sua ingenuità è allettante. Non ha idea di come affrontare i criminali incalliti. I suoi compagni sono ugualmente poco pratici. Layton interpreta il lato comico della rapina (i protagonisti non riescono a trovare la chiave per aprire la teca di vetro, hanno difficoltà a trasportare gli enormi libri, durante la fuga premono il tasto sbagliato dell’ascensore, ecc.). Ma allo stesso tempo il regista mostra la crescente disperazione dei ladri che, passando dal piano all’azione, sono consapevoli di aver attraversato una linea. Non sono più studenti della classe media impegnati in uno scherzo o bravata, ma veri e propri criminali. American Animals vacilla sul bordo della commedia. È pensato per essere divertente, ma l’umorismo si inacidisce molto rapidamente il giorno della vera rapina, quando i protagonisti si accendono l’un l’altro per disperazione e panico. Warren diventa violento, anche se dispiaciuto, nei confronti della bibliotecaria che custodisce i rari libri da rubare. Legandola e umiliandola, rischia di perdere qualsiasi simpatia che il pubblico potrebbe avere per lui.

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I veri protagonisti di questo avvenimento compaiono nelle interviste per dare a ciascuno la loro versione degli eventi. Queste testimonianze divergenti funzionano, cancellano il confine tra realtà e fantasia dando ai protagonisti della vita reale la possibilità di affrontare la plausibilità dei loro ricordi soggettivi. Ogniqualvolta sullo schermo ci viene mostrata una delle loro azioni folli e profondamente egoistiche, il regista ritorna a mostrarci i veri responsabili che sembrano svegliarsi. Scossi dai loro sogni ad occhi aperti, sono senza parole, singhiozzano e cercano di evitare lo sguardo inevitabile della telecamera. Loro entrano fisicamente nelle rievocazioni e parlano con i loro imitatori. Questo confronto è brutale, ma allo stesso tempo esaltante ed inquietante. Soprattutto alla fine, ci induce a riflettere sul concetto di “basato su una storia vera” ricordandoci la nostra inevitabile responsabilità verso la verità. Gli artefici si rendono ben presto conto che nessuno di loro sa esattamente cosa è successo, perché ognuno di loro era troppo preoccupato a raccontare la propria “verità”, la propria versione dei fatti. Dall’assurda storia di quattro amici egocentrici e annoiati, American Animals è un potente film ibrido che denuncia, con divertente brio e urgenza, l’assurdità assoluta dei “fatti alternativi”. Il regista tratta i suoi sfortunati eroi con un misto di affetto e stupore. Tifiamo per loro, li compatiamo, li disprezziamo. A volte, il film sembra duro come i thriller di rapina che Warren e Spencer studiano in DVD, ma non perde mai di vista l’assurdità del piano, o meglio, del pasticcio dilettantistico degli autori. Comunque sia, se viste attraverso il prisma del documentario o del dramma, le loro azioni sembrano ugualmente folli e distorte.

Voto Autore: [usr 4,0]

Maria Rosaria Flotta
Maria Rosaria Flotta
Laureata in Scienze della Comunicazione con una tesi sul cinema d'animazione. Curiosa, attenta e creativa. Appassionata di cinema, arte e scrittura.

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