HomeRecensioni FilmBottoms - La recensione dell’opera seconda di Emma Seligman

Bottoms – La recensione dell’opera seconda di Emma Seligman

-

Dopo il successo planetario del suo esordio con Shiva baby, tanto provocatorio quanto consapevole, la sorprendente e giovanissima Emma Seligman (classe 1995, canadese) si ripropone per la seconda volta al grande pubblico con Bottoms.

Il lungometraggio, una commedia adolescenziale dai presupposti satirici e di critica sociale, riporta nuovamente sul grande schermo quei temi che, presenti anche nel film di debutto, risultano essere ormai evidentemente cari alla regista ma in una chiave decisamente agli antipodi rispetto all’opera precedente. Con mezzi ben più consistenti e budget notevolmente più elevati, per la pellicola Seligman si affida in questo caso a due case di produzione che non aveva ancora incontrato nella sua fresca carriera: Orion Pictures (Amadeus, Il silenzio degli innocenti, Women talking) e Brownstone Productions (Pitch perfect).

Di proporzioni più allargate anche il cast, che conta comunque sulla presenza di Rachel Sennott – protagonista del primo film e qua anche sceneggiatrice. 

Bottoms

La trama del fim

In Bottoms, Josie (Ayo Edebiri) e PJ (Rachel Sennott) sono fra le più impopolari frequentatrici della Rockbridge Falls High School, liceo dallo statuto fondamentalmente misogino che tende a subire i più triti cliché delle scuole americane – e della società tutta.

Tutti gli studenti, compresi i ragazzi e le cheerleader più alla moda, idolatrano la squadra di football e il suo capitano, Jeff (Nicholas Galitzine). Nessuno manca di corteggiare le ragazze più popolari, fra cui Isabel (Havana Rose Liu) e Brittany (Kaia Gerber), che comunque si ritrovano a sottostare ai ricatti psicologici delle loro controparti maschili. E, soprattutto, nessuno può soffrire la presenza di Josie e PJ, ultimo anello della catena sociale scolastica, entrambe omosessuali e ancora vergini, innamorate rispettivamente di Isabel e Brittany che però sono bel lungi dal ricambiare, o anche solo dall’accorgersene. 

Dopo un qui pro quo che le mette in difficoltà di fronte al preside, avendo messo a repentaglio la salute del quarterback, le due prendono una decisione drastica. Messe alle strette, le ragazze si inventano di star organizzando un corso di autodifesa per incentivare l’empowerment femminile nella scuola. Le due, incentivate dalla conoscente Hazel (Ruby Cruz) finiscono effettivamente per far partire il corso, nella speranza di riuscire ad avvicinarsi alle due cheerleader di cui sono innamorate.

Nonostante la loro autorità sia nulla e il corso poggi le proprie fondamenta su un letto di bugie, il progetto non stenta a decollare. Così, con metodi decisamente non convenzionali le due ragazze insegnano alle compagne come difendersi, cercando al contempo di diminuire la distanza che le separa da Isabel e Brittany e, soprattutto, di non far scoprire il loro bluff. 

Bottoms

Bottoms – La recensione del film 

Torna in pompa magna – più formalmente che fattualmente – Seligman, e per farlo conferma la collaborazione con Rachel Sennott consegnandole anche il ruolo di sceneggiatrice. Quest’ultima, ormai fondamentalmente attrice-feticcio di Seligman (fino ad un’eventuale prova contraria nei futuri sviluppi delle giovani carriere di entrambe) in Shiva baby portava sulle proprie spalle e nella propria persona una grossa percentuale del peso del film, fungendo da catalizzatrice assoluta e centro nevralgico degli eventi.

In Bottoms differentemente, nonostante continui a farsi volto della poetica di Seligman, è co-protagonista di un’altrettanto centrale Ayo Edebiri, che sembra confermare le capacità dimostrate The Bear (dove pure pareva brillare di più). Le due dividono a loro volta lo schermo con un gruppo di personaggi secondari dal volto di interpreti più o meno capaci, a seconda dei casi – il riferimento ad esempio è ad una Gerber non maldestra ma evidentemente acerba – ma comunque perfettamente coerenti col contesto. 

Con i suoi agevoli novantadue minuti di durata, Bottoms si inserisce entro il perimetro di un genere commedia di difficile identificazione, dalle sfumature quasi grottesche ma non sempre chiare nella loro funzione.

Quella che sarebbe una vena comica tendenzialmente mediocre – per non dire a tratti demenziale – si impossessa sempre di più del grande schermo, minuto dopo minuto. Ma, unendosi a stilemi narrativi e soprattutto ad interpretazioni tanto sopra le righe da risultare macchiettistiche (su tutti, infelicemente esemplare è il caso di Nicholas Galitzine) si fonde ad una linea appunto pressoché grottesca.

Quest’unione, punteggiata certamente di grandi temi dalla forte urgenza sociale, consente in ultima istanza la creazione di parentesi fondamentalmente surreali, che sul finale si estendono sino ad inglobare l’interezza della narrazione. 

Bottoms – Il ridicolo abbonda, ma quanto si prende sul serio?

Il rischio con un film di questo tono, come spesso accade ed è accaduto con esemplari ad esso gemelli in termini di tenore, è quello di non rendere ben chiara l’entità, la portata e la linea di confine di questo tipo di comicità. Bottoms, purtroppo, non si esime dal cadere nel tranello. Con lo scorrere dei minuti, si fa sempre più presente la difficoltà nel comprendere quanto il ridicolo e il grottesco (maldestramente espresso) siano funzionali alla narrazione e, in definitiva, quanto il film si prenda sul serio.

A conti fatti, d’altro canto, è lecito e doveroso puntualizzare come al netto di questa metaforica assenza di fuoco nell’uso di un tipo di commedia indubbiamente difficoltoso, si palesino a momenti alcuni spunti comici estremamente sagaci e funzionali al presunto scopo narrativo. Queste ultime fortunate parentesi, tuttavia, non sono sufficienti ad eliminare la confusione tonale e la definitiva indecisione del lungometraggio. 

Complessivamente, per quanto l’esordio costituito da Shiva baby sia stato sicuramente più coerente ed efficace (in definitiva più “brillante”, non necessariamente in accezione di simpatia), Bottoms mette in mostra dei tratti che lo rendono conseguenza logica del primo prodotto.

Il film costituisce un modo ulteriore, per quanto evidentemente meno riuscito, di approcciare a tematiche che ormai è lecito definire ricorrenti nel corpus della regista e contribuisce a mettere a fuoco l’identità autoriale di quest’ultima, lasciando tuttavia auspicare sviluppi filmografici meno indecisi. 

Bottoms

PANORAMICA

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Bottoms, opera seconda di Emma Seligman, è una commedia brillante ma a tratti confusa che pur collocandosi un gradino sotto rispetto al film d'esordio della regista contribuisce ad identificare i punti focali della sua autorialità.
Eleonora Noto
Eleonora Noto
Laureata in DAMS, sono appassionata di tutte le arti ma del cinema in particolare. Mi piace giocare con le parole e studiare le sceneggiature, ogni tanto provo a scriverle. Impazzisco per le produzioni hollywoodiane di qualsiasi decennio, ma amo anche un buon thriller o il cinema d’autore.

ULTIMI ARTICOLI

Bottoms, opera seconda di Emma Seligman, è una commedia brillante ma a tratti confusa che pur collocandosi un gradino sotto rispetto al film d'esordio della regista contribuisce ad identificare i punti focali della sua autorialità. Bottoms - La recensione dell’opera seconda di Emma Seligman