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Club Zero, quando la volontà può piegare il corpo

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Club Zero è un film disturbante. Lo è sicuramente per tre ragioni: la prima è che parla del dominio estremo della forza di volontà sul corpo e sulla vita stessa. La seconda è che mette gli adulti di fronte alle proprie responsabilità sulle scelte dei figli.

Lo ha scritto e diretto la regista austriaca Jessica Hausner, habitué del Festival del Cinema di Cannes: ci ha partecipato tre volte, con i film Amour Fou, Little Joe e proprio Club Zero.

A Venezia, invece, aveva portato il film di spunto religioso Lourdes, che racconta la storia di una guarigione miracolosa nel corso di un pellegrinaggio a Lourdes.

Un fatto di fede. E anche in questo film, in effetti, è tutta una questione di fede: ma lo vedremo più avanti.

Club Zero, l'arrivo di Miss Novak (Mia Wasikowska)

Club Zero, la trama

In un’esclusiva scuola privata, arriva una nuova insegnante: Miss Novak. Il suo compito è quello di rieducare gli studenti all’”alimentazione consapevole”.

Attorno alla nuova insegnante si creerà un gruppo di cinque studenti che diventeranno suoi fedeli proseliti, ma ben presto l’insegnante pretenderà da loro qualcosa di estremo.

La loro stessa vita e le loro dinamiche familiari, così, verranno messe seriamente in discussione.

Club Zero, una scena del film

Club Zero, il cibo come male assoluto

Il concetto alla base degli insegnamenti di Miss Novak è esplicito: il cibo è immorale, dannoso e, soprattutto, non necessario.

Nelle lezioni che tiene ai suoi studenti lascia che siano loro a ripetere all’infinito le ragioni per le quali il cibo andrebbe limitato: non fornisce reale energia, ha un elevato impatto ambientale.

Questo il precetto di Novak: basta inspirare con il naso ed espirare con la bocca prima di mangiare ogni singolo boccone. Un boccone che dev’essere molto piccolo e masticato con lentezza, in modo da far arrivare prima il senso di sazietà.

Mangiando meno e più lentamente e, infine, non mangiando affatto, a suo dire, si alimenterebbe il processo di autofagia delle cellule, che porta all’eliminazione delle tossine e alla rigenerazione cellulare.

Il titolo, Club Zero, fa riferimento al club al quale Miss Novak dice di appartenere, caratterizzato dal fatto che i suoi membri sono in grado di vivere senza mangiare. E questo, certo, richiede un’estrema disciplina.

Non solo i ragazzi, ma anche gli adulti non sono immuni dal fascino dell’insegnante e dei suoi precetti: vi si accosta anche la preside dell’istituto, che riesce a seguirli, tuttavia, con scarso successo.

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Club Zero, la preside interpretata da Sidse Babett Knudsen

Il controllo della volontà sul corpo: una questione di fede

Come abbiamo anticipato, questo film parla di una fede incrollabile: quella nella credenza che la volontà possa piegare il corpo. Una fede quasi religiosa.

Ad evocare una dimensione strettamente religiosa sono le caste divise tutte uguali, unisex, degli studenti del college. L’altarino dedicato alla Dea Madre in casa di Miss Novak, che la invoca perché le dia la forza di restare coerente ai suoi insegnamenti. Il suo stile castigato, inclusa la casacca quasi di stampo buddhista. Il “mantra” recitato durante le lezioni dagli studenti.

D’altro canto, la convinzione di poter dominare il proprio corpo in modo quasi divino riconduce alla hybris degli antichi Greci: la tracotanza blasfema di alcuni umani nel credersi al livello degli dei.

L’idea di governare il corpo con la volontà è, notoriamente, uno dei meccanismi che conducono a disordini alimentari come l’anoressia e la bulimia. Bulimico è, in effetti, uno dei personaggi della storia, la giovane studentessa Elsa.

Se poi questa volontà viene esercitata con il supporto di un gruppo e con l’esempio di altri ragazzi, allora, le dinamiche sono ancora più potenti.

Di fronte a una disciplina tanto ferrea gli adulti, soprattutto i genitori dei diretti interessati, non possono che rimanere inermi e impotenti: lo testimonia anche l’ultima scena del film. Segnata da un motivetto ripetitivo e lamentoso che risuonerà a lungo nella mente dello spettatore.

Club Zero, una scena del film

Una critica alla società del consumo sfrenato

A finire nel mirino di Hausner e del suo Club Zero è anche la società dei consumi: una società che produce a ritmi disumani e si nutre in modo sconsiderato e disgustoso di ingenti quantitativi di cibo.

Una società che è incarnata nel personaggio di Ben, il ragazzo che fatica di più ad abbracciare la nuova disciplina basata sulla privazione del cibo.

Il consumismo porta all’elaborazione di infinite diete, che variano a seconda delle mode. Diete che, talvolta, si spingono oltre: persino a suggerire che si può nutrire anche solo di aria e di luce (respiriana).

Il personaggio di Miss Novak, in tal senso, si dimostra contradditorio. Il té speciale che mostra sulla confezione il suo viso deformato in un inquietante sorriso, offerto in regalo alla direttrice, mostra la contraddizione in termini con ciò che l’insegnante professa.

Sancendo una realtà incontestabile: la stessa Novak è, in definitiva, un prodotto di consumo. Un prodotto accuratamente selezionato da consumatori danarosi ed esigentissimi per raddrizzare i propri pargoli.

Quello dello stile di alimentazione, infatti, resta un problema da Primo Mondo: a ribadirlo sono il tipo di scuola e l’ambiente di provenienza degli studenti raccontati nel film.
I ragazzi, ad eccezione di Ben, sono tutti ricchissimi.

Club Zero, la regista Jessica Hausner

Club Zero, parla Jessica Hausner

In Club Zero, Jessica Hausner prende le distanze per poter raccontare una vicenda ai limiti dell’assurdo. Come ha dichiarato lei stessa: “C’è un certo tipo di assurdità che alberga nella nostra esistenza.

Considerate da un punto di vista più distante, molte delle cose in cui crediamo e che facciamo sembrano ridicole, assurde o vane. Nei miei film cerco sempre di trovare una prospettiva distante per riflettere su questo”.

Una delle fonti di ispirazione per Club Zero è stato un grande classico della letteratura tedesca. Così Hausner: “Una grande ispirazione per me è stata la favola del Pifferaio di Hamelin, in cui tutti i bambini muoiono alla fine, tranne uno, che quel giorno essendo malato non si è unito agli altri.

Mi sono ispirata anche alle fiabe russe, che trasmettono una morale completamente diversa da quella delle fiabe europee. La morale è distribuita in modo diverso, i delinquenti e i criminali sono spesso gli eroi della storia”.

Club Zero, gli studenti

Club Zero, il cast

Assoluto fulcro del Club Zero del titolo e del film stesso è Miss Novak, interpretata dall’ascetica e androgina Mia Wasikowska. Un’attrice e un taglio di capelli, un severo caschetto liscio, che incarnano la disciplina quasi zen della quale lei si fa promotrice.

Il suo personaggio volutamente scarno, anche fisicamente, e monoespressivo tratteggia una donna sofferente, svuotata nel corpo e nell’emotività, che cerca il proprio spazio nel mondo e l’affetto altrui diventando una guru.

Qui l’aspetto innocente e inoffensivo di Wasikowska si coniuga con un’aura inquietante: caratteristiche che già l’avevano contraddistinta in Maps To The Stars di Cronenberg (2014). E non dimentichiamo che l’attrice era stata anche Madame Bovary nella trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo.

L’altra adulta “di potere” del film, la preside Mrs Dorset, è interpretata da Sidse Babett Knudsen, una vecchia conoscenza Netflix: in una serie della piattaforma, Borgen – Il potere, interpreta il ruolo di Birgitte Nyborg, la prima donna a venir eletta Primo Ministro nella storia della Danimarca.

Qui Knudsen interpreta un altro personaggio femminile di potere che, tuttavia, non è in grado di sfruttare la propria autorità di dirigente scolastica per fermare ciò che sta accadendo sotto gli occhi di tutti. Forse più attenta ai propri curatissimi outfit che all’operato dei suoi studenti.

A proposito degli studenti: siamo convinti che l’attore che interpreta Fred, Luke Barker, farà tanta strada: la sua delicatezza innata, il viso aggraziato e un fascino androgino tra Eddie Redmayne e Timothée Chalamet, lo consacreranno a un cinema più importante.

In Club Zero interpreta lo studente più vicino a Miss Novak, che decide di seguire fedelmente: al punto di arrivare a provare per lei una strana commistione di amore e totale devozione.

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Club Zero, la locandina

Club Zero, le considerazioni finali

Club Zero è un film che suscita emozioni disturbanti, colpendo letteralmente alla pancia lo spettatore. Risveglia lo spettro dei disordini alimentari e ci parla del digiuno come atto di fede, quasi religioso. Parla della ricerca della perfezione che passa per l’annientamento, dell’eterna giovinezza che è possibile ottenere solo se si muore giovani.

Eppure lascia lo spettatore in attesa, come i genitori dei ragazzi protagonisti. Genitori che nell’ultima scena sono simbolicamente seduti attorno a un tavolo come gli apostoli in un’Ultima Cena. A tavola, con loro, ci sono la direttrice e una studentessa superstite, Helen, posizionata al centro della scena come Cristo.

E’ lei l’unica a poter spiegare perché i ragazzi hanno agito come hanno agito. Ai genitori dei suoi compagni chiede: “Non è abbastanza chiaro?”. Ed è qui che l’impotenza degli adulti, di fronte ai tormenti dei figli adolescenti, si palesa in tutta la sua enormità.

Il film gioca su un’aura misteriosa e sulla magnetica presenza catalizzatrice di Mia Wasikowska per raccontare una storia che parla del desiderio di trasgredire e di valicare i limiti stessi del corpo. Dei riti iniziatici dell’adolescenza, di rapporti tra genitori e figli e della totale impotenza degli adulti di fronte allo sfrenato bisogno dei giovani di far sentire la propria voce.

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Il finale lascia insoddisfatti, e va bene così.

PANORAMICA

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

Club Zero è un film che suscita emozioni disturbanti, colpendo letteralmente alla pancia lo spettatore. Risveglia lo spettro dei disordini alimentari e ci parla del digiuno come atto di fede, quasi religioso. Parla della ricerca della perfezione che passa per l’annientamento, dell’eterna giovinezza che è possibile ottenere solo se si muore giovani. Eppure lascia lo spettatore in attesa, come i genitori dei ragazzi protagonisti. Genitori che nell’ultima scena sono simbolicamente seduti attorno a un tavolo come gli apostoli in un’Ultima Cena. A tavola, con loro, ci sono la direttrice e una studentessa superstite, Helen, posizionata al centro della scena come Cristo. E’ lei l’unica a poter spiegare perché i ragazzi hanno agito come hanno agito. Ai genitori dei suoi compagni chiede: “Non è abbastanza chiaro?”. Ed è qui che l’impotenza degli adulti, di fronte ai tormenti dei figli adolescenti, si palesa in tutta la sua enormità. Il film gioca su un’aura misteriosa e sulla magnetica presenza catalizzatrice di Mia Wasikowska per raccontare una storia che parla del desiderio di trasgredire e di valicare i limiti stessi del corpo. Dei riti iniziatici dell’adolescenza, di rapporti tra genitori e figli e della totale impotenza degli adulti di fronte allo sfrenato bisogno dei giovani di far sentire la propria voce. Il finale lascia insoddisfatti, e va bene così.
Redazione
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