Body Bags – Corpi estranei: benvenuti nell’obitorio di John Carpenter e Tobe Hooper
Body Bags – Corpi estranei è un film horror a episodi, realizzato nel 1993 da due maestri del genere: John Carpenter (Halloween, La Cosa) e Tobe Hooper (Non aprite quella porta, Poltergaist). Il lungometraggio è al momento disponibile sulla piattaforma di streaming on demand Prime Video.
Come si è detto, la pellicola è divisa in più episodi distinti (tre per l’esattezza) e non ha quindi una trama univoca. A conferire struttura al lungometraggio ci pensa la narrazione di cornice, che ha come protagonista un medico legale, interpretato dallo stesso Carpenter, dallo spiccato senso dell’umorismo macabro. A dare il via alle altre vicende sarà proprio il suo volerci raccontare come alcuni cadaveri sono finiti nel suo obitorio.
Body Bags – Corpi estranei: tensione, umorismo e horror puro
Dei tre capitoli del film, Carpenter dirige i primi due: La stazione di rifornimento e Hair; Hooper dirige invece il terzo, intitolato Eye.
La stazione di rifornimento verte più verso il thriller ed è un autentico manuale sulle corrette tecniche di creazione della tensione. Il regista non ha bisogno di far succedere niente di sconcertante e la violenza è infatti tutta concentrata nel finale: per immettere lo spettatore all’interno della scena gli sono sufficienti alcuni movimenti di macchina e, per lasciargli l’impressione che il pericolo sia sempre in agguato al di fuori dei bordi dell’inquadratura, gli basta fare ricorso a un montaggio attento.
Molto diverso è Hair che, per quanto si basi su di un soggetto fantascientifico piuttosto inquietante, è l’unico corto del trio che apre all’umorismo. Al suo interno, il regista si diverte a esporre alcune caratteristiche critiche della borghesia americana, come l’ossessione per l’aspetto fisico e la cieca fiducia nei mass media. Si tratta di temi molto cari a Carpenter che, infatti, li approfondirà maggiormente in Essi Vivono.
Eye, l’episodio diretto da Tobe Hooper, è forse l’unico pienamente horror della pellicola. In esso il regista è capace di utilizzare il linguaggio cinematografico per esaltare le potenzialità del soggetto. Questo è particolarmente evidente nell’abbondante uso che fa della ripresa in soggettiva, tramite la quale costringe lo spettatore a vivere in prima persona il tormento del protagonista, che è ossessionato da morbose visioni.
Body Bags – Corpi estranei: cosa lo rende un film di culto
Sono numerosi i motivi per cui Body Bags – Corpi estranei è considerato un cult del suo genere , anche se a renderlo tale basterebbe il suo essere nato dalla collaborazione tra due dei registi in assoluto più influenti per l’evoluzione dell’horror.
A vedere la pellicola, si ha poi l’impressione che Carpenter e Hooper si siano divertiti molto a realizzarla e, di conseguenza, non sorprende che abbiano coinvolto nelle riprese anche altri registi. Questi entrano a far parte del film tramite camei e ruoli secondari e lo spettatore cinefilo non potrà fare a meno di sorridere nel vedere apparire sullo schermo autori del calibro di Wes Craven, Sam Raimi e Roger Corman.
Il gioco coinvolge poi anche il parco attori, che vede al suo interno numerosi interpreti d’eccezione, spesso volutamente fuori ruolo. Il caso più evidente è quello di Mark Hammill (Luke Skywalker nella saga di Star Wars), che è qui chiamato a interpretare un villain. Similmente, Debbie Harry, conturbante femme fatale in Videodrome di David Cronenberg, è chiamata a indossare gli innocui panni dell’infermiera sexy e disinibita.
Questa ricerca ostinata della citazione che, come si è detto, crea un autentico gioco cinefilo, non è da considerarsi fine a sé stessa: essa nasce dalla passione dei registi per il cinema dell’orrore. Tutta la struttura del film, anche e soprattutto nel suo ostinato non prendersi sul serio, è costruita con lo scopo di rendere omaggio a un certo modo di fare il cinema di genere che, dopo l’apice espresso tra i Settanta e gli Ottanta, stava esprimendo nei primi anni Novanta i suoi ultimi sussulti artistici.
Body Bags – Corpi estranei è quindi ideato come una cerimonia funebre, dove il morto è l’idea di cinema che Carpenter e Hooper (ma anche Craven, Raimi e Corman) avevano contribuito a creare. Non si tratta però di un funerale triste e nostalgico: gli autori seppelliscono il loro cinema con una risata, consapevoli del peso che questo continuerà ad avere sulle produzioni del futuro.