Il calcio si sa, è pieno di vittorie, ma anche di tremende sconfitte. E se Roberto Baggio non avesse sbagliato il rigore ai Mondiali del ’94? E se David Beckham non fosse stato espulso contro l’Argentina a France ’98?
Il nuovo documentario di Netflix in quattro episodi propone uno sguardo sull’icona pop del calcio inglese, analizzando le parti più salienti della sua vita.
Beckham avrebbe ricevuto il cartellino rosso se Victoria non gli avesse rivelato, la sera prima della partita, che stava per diventare padre? “Quindi gliel’hai detto subito prima della partita più importante della sua vita? Pensavi che lo avrebbe aiutato per il match?” chiede il regista Fisher Stevens. “Non lo so davvero…” risponde Victoria.
Beckham, la recensione
In tutta onestà, non possiamo davvero attribuire la colpa al nepo baby/genio culinario Brooklyn Beckham. Ma questa conversazione tra il regista e Posh Spice è uno degli scambi più straordinariamente reali del documentario.
La serie è accogliente ma cruda e sincera: in parte una lettera d’amore a un talento calcistico generazionale e a un’icona culturale, in parte un’analisi sulla nascita del moderno concetto di celebrità.
Molti conosceranno il cineasta Fisher Stevens come Hugo in Succession, ma il suo primo amore rimane quello per i documentari, come l’affascinante e toccante Bright Lights, che ha seguito Carrie Fisher e Debbie Reynolds in quelli che sarebbero stati gli ultimi anni della loro vita.
Il suo approccio qui potrebbe essere più tagliente, ma mette insieme un cast impressionante di intervistati, dai genitori di Beckham a Sir Alex Ferguson, a Eric Cantona, fino al nemesi argentino Diego Simeone, e ha un’abilità impressionante nel farli parlare tutti. (Un tocco stilistico un po’ sconcertante offre riprese ravvicinate di Beckham e compagni che guardano filmati delle loro vecchie partite, durante le quali sembrano tutti in post-coito.)
I primi due episodi sono un accattivante mix di nostalgia degli anni Novanta e una storia innegabilmente brillante. Beckham, tirato fuori dall’oscurità della classe operaia quando era solo un adolescente dall’allora allenatore del Manchester United Alex Ferguson, cementa il suo status di ragazzo d’oro con un gol da capogiro dalla linea di metà campo contro Wimbledon nel 1996. Ben presto, si aggiudica accordi per sponsorizzazioni milionarie e la sua love story con Posh Spice farà parlare tutto il pianeta (“erano come Charles e Diana”, dice Gary Neville).
Beckham, il racconto degli amici
Coloro che ruotavano intorno a Beckham durante la sua ascesa alla fama sembrano aver giocato un ruolo vitale nel mantenerlo relativamente con i piedi per terra, fornendo sia cameratismo che totale sconcerto di fronte ad alcuni dei suoi eccessi.
L’ex compagno di squadra dello United Roy Keane non capiva perché Beckham avesse speso un sacco di soldi per una penna stilografica – “chi cazzo compra una penna?” Neville invece non capiva perchè Becks fosse un assiduo frequentatore dei locali notturni: “Non mi piacciono i nightclub come a Beckham. Non fanno per me.”
E Kath Phipps, receptionist dello United per cinquant’anni, ha ignorato tutte le mutande che Beckham riceveva di continuo partita dopo partita: “non gliele ho mai messe da parte, le buttavo”.
Divenne così famoso che un paparazzo di Manchester rivelò di aver ricevuto talmente tante telefonate quando Beckham si tolse lo splendido ciuffo biondo per rasarsi la testa che, all’inzio, pensava che qualcuno della sua famiglia fosse morto.
Beckham, luci ed ombre
È chiaro che gli alti erano come raggiungere l’Olimpo e i bassi erano come cadere da un precipizio. Anche se Simeone ammette maliziosamente che non pensava che il famigerato cartellino rosso fosse meritato, quell’incidente è stato ovviamente il momento più decisivo nella carriera di Beckham.
Permetteremmo oggi a una giovane star di diventare una figura di odio nazionale fino a un estremo così implacabile? Ci piacerebbe credere che ora, come società, siamo molto più attenti alla salute mentale.
E mentre Beckham ha vinto trofei e guadagnato milioni, ha anche perso il favore di vari allenatori che credevano che non fosse abbastanza concentrato sul calcio. Con il progredire della sua carriera, il protetto di Ferguson, con la sua affascinante moglie e il gusto per le cose belle della vita, sembrava diventare l’antitesi dei giovani stabili e concentrati solo sul pallone che il suo amato allenatore voleva nella sua squadra.
La sua storia d’amore con Victoria
C’è qualcosa di avvincente nel vedere la coppia di celebrità più famosa degli ultimi 25 anni in una così intima vicinanza. Scopriamo che ogni mattina Beckham ama andare in giro a ritagliare gli stoppini delle candele. Abbiamo sentito che guidava per ore solo per vedere Victoria per “sette minuti” al culmine della sua fama da Spice Girls. Sembra che la coppia fosse totalmente ossessionata l’una dall’altra fin dall’inizio, e ancora oggi i due si presentano incredibilmente affiatati.
Anche se sono felici di scherzare sul coro di un fan su come “Posh Spice takes in the ass”, rimangono sul vago quando vengono interrogati sulle presunte relazioni extraconiugali di Beckham. “È stato il periodo più difficile per noi”, afferma Victoria. “In definitiva, è la nostra vita privata”, aggiunge David più tardi, sembrando tracciare una linea sotto di essa.
Gli ultimi episodi – che documentano il trasferimento di Beckham al Real Madrid, la discutibile firma con i LA Galaxy e la fondazione dell’Inter Miami, casa in rosa delle vecchie leggende dello sport – catturano gli anni agrodolci di uno sportivo che conclude la sua carriera mentre è chiaramente ancora innamorato del gioco.
Forse sono meno accattivanti, senza lo spirito ironico e radicale di personaggi come Keane e Neville, ma mostrano un uomo diventato un simbolo mentre cerca di capire cosa fare con il resto della sua vita. Entrambi i Beckham descrivono la realizzazione del documentario come una “terapia”, ma probabilmente sarà altrettanto catartico per una generazione di fan ancora con gli occhi stellati e nostalgici per quei pallonetti a metà campo.