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A Good Person – La Recensione del film diretto da Zach Braff

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A Good Person è un prodotto curioso. Non si capisce se parla specificamente di elaborazione del lutto o di lotta contro la dipendenza. E se invece, parlasse di entrambe?

Se l’una fosse davvero la struttura che regge l’altra? Spesso può esserci un rapporto di causa-effetto tra le due esperienze e farsi del male può essere legato al senso di colpa per la perdita di qualcuno a cui teniamo.

In A Good Person, Zach Braff dirige la sua ex fidanzata (Florence Pugh) in un racconto struggente e pieno di contenuti emotivi. Lui, che in un’altra fase della sua carriera è stato il comedy boy per eccellenza, è alle prese in questo frangente con una storia strappalacrime.

Le ragioni di un evidente avvicinamento a tematiche più profonde sono da ricercarsi nella sua esperienza personale: la sorella è morta di recente e anche la relazione stessa con la Pugh è terminata (si dice, durante la realizzazione del film stesso).

A questo punto, Zach Braff ha sentito la necessità di misurarsi con qualcosa di molto più grande lui. Ha voluto evidentemente fare un passo in avanti rispetto a La mia vita a Garden State (film del 2004 molto apprezzato, ma più legato alla sua anima comica).

Sorprenderà sapere che Braff stavolta è riuscito nel suo intento, tenendo testa anche a una sceneggiatura sentimentalmente più complicata (che poi, anche quella, è scritta proprio da lui).

A Good Person appare come un tentativo di fare pace con sé stessi. Alcuni dettagli brillano, altri hanno una qualità intrinseca meno elevata. Ciò che è certo è che l’insieme garantisce un risultato efficace.

A Good Person

A Good Person – Caduta e risalita

A Good Person è la storia di Allison, giovane ragazza del New Jersey che sta per accedere definitivamente all’età adulta.

Come tutti ragazzi che sono sulla soglia dei trenta, frequenta cene con amici, canta, passa del tempo di qualità con il suo ragazzo e insegue i suoi sogni come farebbero in tanti. Sta mettendo su le fondamenta per un futuro brillante e radioso.

Sul più bello, la vita gli pone davanti una sfida di immane difficoltà. Durante un viaggio in macchina, a causa di uno scavatore sbandante su strada, e anche un po’ perché era distratta, Allison finisce per fare un incidente che le cambierà l’esistenza.

La sorella del ragazzo e il futuro cognato di lui, che stavano viaggiando con Allison, muoiono sul colpo e lei svilupperà subito dopo una forte dipendenza da ossicodone.

Come se non bastasse, lascia Nathan (il suo premuroso ragazzo). Non riesce a stargli appresso e non può prendersi cura di lui.

Troverà conforto nel suo ex suocero (un Morgan Freeman come sempre mastodontico) che ha anch’egli un passato difficile da superare e che cerca di coinvolgerla nel gruppo di recupero che lui stesso frequenta.

Un viaggio lungo, tortuoso e non sempre lineare ma che come si vede dal girato è considerato come un qualcosa di necessario per tornare alla vita. Un processo di risalta da una caduta forte e rovinosa.

A Good Person

Nessuno si salva da solo

A Good Person non costituisce, almeno in fatto di trama, una novità eccezionale.

Sono tanti i prodotti che affrontano questo tipo di tematiche. Per elencarne alcuni si potrebbero citare Sorry for your loss e Ben is back. Tutti questi sono capaci di far comprendere quanto staccarsi da una sostanza e al contempo sopravvivere a un lutto siano percorsi lunghi.

Misurarsi con il dolore che si prova, soprattutto se la colpa è di noi stessi, richiede forza e costanza. Non sempre queste sono a disposizione di tutti.

Zach Braff ha voluto, oltre a questo, proporre una critica velata al modo di fare americano che cerca di curare qualsiasi tipo di patologia con medicine. Il prezzo da pagare è che spesso si crescono dei veri e propri tossicodipendenti.

La regia, nel mettere lo spettatore a contezza di ciò, fa il suo ma non vive di grandi slanci. La storia è appunto lineare, senza colpi di scena o stravolgimenti. La forza vera di A Good Person è il cast.

Anche in relazione a quest’ultimo sono piovute delle critiche (ingiuste). Florence Pugh è un’attrice molto ben considerata da pubblico e addetti ai lavori. La fine della relazione col regista ha significato tuttavia per alcuni un netto calo di prestazione.

Pena un doppiaggio sbagliato che la fa passare per saccente e antipatica, quando invece è solo emotivamente persa, l’interpretazione messa in gioco è assolutamente preziosa. Il binomio con Freeman funziona e si dimostra un’attrice eclettica.

Riesce con maestria a passare da ruoli drammatici e meno impegnati. Anche visivamente è una figura di impatto: può benissimo porsi come bomba sexy, come ragazza trasandata e come giovane dalle speranze spezzate. Il risultato finale è sempre credibile.

A Good Person probabilmente non passerà agli annali come un film drammatico da cineteca. Eppure colpisce allo stomaco e guida intelligentemente lo spettatore verso riflessioni molto umane ma dall’esito poco scontato. Dona uno sguardo e un punto di vista che agisce a trecentosessanta gradi.

Imparare a rimettersi in sesto e a camminare dopo una caduta non devono essere visti come qualcosa di automatico. Talvolta bisogna andare oltre e vedere le cose senza veli o stereotipi. Abbandonare una visione unilaterale dell’esistenza per abbracciarne molte altre che, magari, possono convivere nello stesso momento.

Tutto per un bene superiore.

A Good Person

PANORAMICA

Regia
Soggetto e sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

A Good Person è un film solido. Forse un pò troppo. La vita di Allison è stravolta da un incidente ma i guai sono dietro l'angolo. Dovrà affrontare anche una forte dipendenza da ossicodone. Una trama come tante ma colpisce e segna lo spettatore per una portata emotiva di livello. Il cast completa il tutto on interpretazioni credibili.
Federico Favale
Federico Favale
Anche da piccolo non andavo mai a letto presto. Troppi film a tenermi sveglio. Più guardavo più dicevo a me stesso: "ok, la vita non è un film ma se non guardassi film non capirei nulla della vita".

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