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Veloce come il vento

Veloce come il vento di Matteo Rovere fa parte di quella ondata di film che a metà del secondo decennio degli anni duemila ha risollevato l’industria cinematografica italiana. Insieme a titoli come Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, Veloce come il vento è riuscito a riportare in sala anche lo spettatore meno interessato alla settima arte. Inoltre, la pellicola di Rovere, approda in un genere anche abbastanza carente nel cinema nostrano: il dramma sportivo.

Primissimi piani in Veloce come il vento
Primissimi piani in Veloce come il vento

Definirlo semplicemente un film sui motori forse è riduttivo, perché Veloce come il vento è un’opera cangiante. Un attimo prima si assiste ad una scena drammatica e un attimo dopo si viene catapultati sulle piste sudice di angusti autodromi. Lo stesso vale per le inquadrature di Rovere, che passa dalle panoramiche a piombo a primissimi piani dei protagonisti.

Sulla strada il regista adotta uno stile più sporco, marcato, posizionando la macchina da presa in basso, un po’ come veniva fatto da Sergio Leone negli spaghetti western. Il sudore che scende a gocce dalla fronte dei piloti e la polvere che si solleva in alta velocità diventano una parte integrale del racconto, mostrando con chiarezza ciò che è impossibile vedere ad occhio nudo.

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Veloce come il vento
I fratelli De Martino

Un po’ meno chiari sono invece i protagonisti, i fratelli De Martino, pedinati dal regista come se fossero oggetto di studio. Rovere si avvicina agli interpreti mantenendo uno stile grezzo, come i loro sentimenti che devono ancora uscire allo scoperto. Si serve della stedycam, vacillante, per poter seguire senza alcun limite i percorsi dei personaggi, le loro passioni, le loro gioie e i loro dolori.

Veloce come il vento
Matilde De Angelis in una scena del film

Veloce come il vento è stato anche il trampolino di lancio per l’attrice all’epoca emergente Matilde De Angelis su cui Rovere investe tutto, affidandoli l’impegnativo ruolo della protagonista femminile, con la quale vince il Premio Guglielmo Biraghi.

A farle da spalla c’è Stefano Accorsi, idolo delle donne e considerato uno dei volti principali della commedia romantica italiana (da L’ultimo bacio di Muccino a Le fate ignoranti di Ozpetek), che sfrutta questa occasione per scrollarsi di dosso l’aria da bravo ragazzo vestendo i panni di un tossicodipendente.

Veloce come il vento
Stefano Accorsi in Veloce come il vento

L’attenzione che viene posta sulla realizzazione del personaggio di Loris (Stefano Accorsi) è la carta vincente della pellicola. L’interpretazione, eccessiva e inedita, è posta sul filo del rasoio dove cadere nel ridicolo era un grosso rischio. Ma Accorsi ne esce trionfante, consapevole di aver dato vita ad un personaggio tanto deviato quanto spudoratamente credibile.

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Dall’abbigliamento, all’acconciatura, Accorsi si annienta per far emergere il suo Loris interiore. Le ciabatte deformi, che porta per tutta la durata della pellicola, fanno sì che la sua andatura ondeggiante risulti una movenza naturale. I denti ingialliti, consumati dalle sostanze stupefacenti, il finto tutore al polso e l’accento romagnolo completano l’opera. (L’interpretazione di Loris De Martino valse a Stefano Accorsi un Nastro d’argento e un David di Donatello come miglior attore protagonista).

Stefano Accorsi è Loris De Martino
Stefano Accorsi è Loris De Martino

Mentre le corse sui motori procedono, anche le vite dei protagonisti sembrano dover affrontare ostacoli, frenare di fronte ai problemi e accelerare quando bisogna scappare dal pericolo. In parallelo riaffiorano i sentimenti e la consapevolezza dell’amore già esistente tra i fratelli, che sciolgono i loro diverbi trasformandoli in punti di forza.

Matilde De Angelis e Stefano Accorsi
Matilde De Angelis e Stefano Accorsi

Veloce come il vento, liberamente ispirato alla vita di Carlo Capone, si apre con una citazione di Mario Andretti “Se hai tutto sotto controllo significa che non stai andando abbastanza veloce” ma la velocità, come ci insegna Rovere, non è sempre la scelta giusta.

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Redazione
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