Una relazione – Trama
Come si fa a chiudere una relazione? Tommaso (Guido Caprino) ed Alice (Elena Radonicich) hanno organizzato una cena sul loro bel terrazzo romano e vogliono fare un annuncio agli amici invitati che si aspettano una fausta notizia, un lieto evento o un nuovo arrivo: invece restano spiazzati quando i due dichiarano pacificamente di voler concludere la loro relazione.
Lui musicista, lei attrice, fascia d’età oltre la quarantina, in affanno sistemico rispetto alle rispettive consacrazioni professionali, dopo 15 anni di quasi ininterrotta convivenza e parecchia vita insieme, decidono di lasciarsi, ma di farlo gradualmente. L’obiettivo è non svendere la casa, comprata faticosamente insieme, e, soprattutto, restare amici, nonostante il vecchio clichè dell’ “ogni lasciato è morto”.
Riuscire nell’impresa non è cosa facile: si frappongono ripensamenti, vecchie e nuove storie che si stenta a tenere sotto controllo, giudizi propri ed altrui, voglia di andare avanti, entusiasmi e stop improvvisi, modelli familiari non esemplari, defiance fisiche impreviste e di vario genere, ed un senso del tempo trascorso e da trascorrere, da soli o insieme, che, nella nebbia emotiva, segna, guida e sceglie per noi.
Una relazione – Recensione
Presentato alle Giornate degli autori della 78. Mostra Internazionale del cinema di Venezia, uscito in sala e disponibile al momento su Amazon Prime, Una relazione è l’ultima fatica di Stefano Sardo, prolifico sceneggiatore (La doppia ora, il Divin Codino, le serie in-Treatment, 1992, solo per citare alcuni esempi), musicista e regista, qui al suo primo lungometraggio, scritto a due mani con l’ex-compagna Valentina Gaia, ispirato al romanzo omonimo, anch’esso realizzato sempre dalla coppia.
Una relazione affonda le proprie radici nelle vicende personali di Sardo: diciassette anni di convivenza interrotta e il mestiere di musicista per il cinema, arte che ingombra fortemente la storia con canzoni firmate dallo stesso regista, assoli che fanno da epiloghi e cerniere emotive tra le varie scene.
In questo materiale si dipana l’indolente e malinconico addio di coppia del film, girato tra le strade romane affollate di amici sinceri, un po’ maniaci, un po’ snob, un po’ prevedibili, un po’ troppo amici, un po’ chicche umane di cui si avrebbe sempre bisogno.
Sulle spalle di Tommaso ed Alice pesa la commedia non agita della loro gioventù, spesa a raggiungere la felicità o il successo, in una corsa di cui non si vede il traguardo, che affanna se stessi e le loro famiglie e li porta in troppo poco tempo oltre la soglia dei quaranta a farsi le stesse domande che nemmeno dieci anni prima erano appannaggio di quelli di trenta.
Una crisi dell’età adulta posticipata, come tutta la demografia contemporanea, resa più anziana del necessario dalla precarietà dei tempi e da scelte di vita ideali ma difficilmente ascoltabili o sostenibili nei nostri quotidiani più barbari che civili.
La difficoltà di prendersi una responsabilità, che vada oltre la discussione verbale, ma venga agita fino in fondo: un vero tradimento non riesce a realizzarsi, se pure avviene è storia del passato, sembra non aver intaccato davvero le gambe della relazione, un figlio è stato oggetto di discussioni e poi bypassato con una negligenza poco chiara e molto spaventata che non si sa spiegare bene neanche in sede di recriminazione finale, un passo di distanza non si riesce a compiere definitivamente perché l’altro è diventato membro di famiglia, arto del corpo, anatomia vincolante, di cui si sente la presenza anche e soprattutto nella preordinata mancanza.
L’amore trasformato in amicizia, l’attesa del momento perfetto che corrode l’energia per poterne attraversare altri di momenti perfetti, i non detti cui ci si abitua tanto quanto i non fatti ed una routine verosimile ed inverosimile che si prende l’impegno di distrarci dal fallimento, per un tempo relativo, garbato e superficiale insieme.
Una relazione non è dramma, non è commedia, non solleva e non inchioda, disegna la parabola di alcuni indecisi di oggi, i vecchi giovani, gli eterni giovani, i costanti emergenti, senza età, senza mete convincenti, quasi senza più desideri, che si ritrovano accontentati senza averlo voluto, fuori dal mondo che produce e consuma veramente, chiusi in bolle che spesso si parlano addosso con cadenze urbane riconoscibili, dolci e tristi.
Tommaso ed Agnese sono quelli che dalle rispettive famiglie non saranno mai liberi, che si sono trovati a metà tra i vecchi volitivi e i giovani “instagrammabili”, senza aver fatto nulla, al massimo esprimere un’inclinazione; non sono pronti al cambiamento, non sanno attraversare una transizione, non faranno partire una rivoluzione né personale né generazionale. A loro modo, la loro relazione è una bandiera di resistenza non troppo meritoria di cui seguiamo lo sfilacciarsi ibrido, sornione, immaturo, molto autentico.
E di questi non accenti è pieno il film: senza svolte clamorose, senza polarizzazioni di posizioni, senza sfoghi udibili o rese dei conti, perché di fatto la guerra è evitata, annacquata, forse non serve, né si confà a questi “nemici – amici” che ci si è scelti per famiglia, per non casuale condivisione di accidenti.
Le scene si susseguono trascinate, lontane da vera inquietudine, in un ricordo della stessa, soffuse, forse non necessitate, divaganti, ad abbracciare la confusione ingenerata dalle circostanze e dai personaggi coinvolti nelle stesse.
Una relazione – Cast
Carpino e Radonich sono i trabattelli fragili e vulnerabili di una storia vera e non più vera, figlia ambigua e malaticcia del suo tempo, coetanea di tante altre storie che posseggono gli stessi difetti ma non il coraggio e le domande per affrontarli.
Entrambi sono complici e nostalgici, di una bellezza innegabile, ma non appariscente, facilmente camuffabili tra i non vincenti, o identificabili nel novero di quelli che ci hanno provato, ma non sono arrivati; entrambi tentano di mantenere alte luce ed attenzione che la sceneggiatura molto parca centellina, privilegiando altro sguardo complessivo.
Ma è anche vero che i due protagonisti sono dei perfetti prestati all’imperfezione, dei compiuti anche nei loro difetti, sostanzialmente poco contaminati, ben incorniciati da una città che tutto sommato li coccola e non li prende a ceffoni, come ad esempio accadrebbe in un analogo plot americano.
Una relazione sembra non voler lasciare il segno per partito preso, preferisce insegnare la sordina ontologica di questi fenomeni, far intravedere il dolore senza esporlo nudo, predisponendosi alla dimenticanza tra i dialoghi abbozzati, qualche scena già vista, un tentativo di scontro chiarificatore finale che lascia la pelle dov’è.
Serve questo esercizio di camminata in punta di piedi nell’ “abominevole” labirinto emotivo di una relazione in crisi tra quarantenni sognatori? Serve rispetto ai mille modi in cui ci si è già viaggiato dentro? Il paragone facile con Marriage Story di Baumbach scatta immediatamente: comunanza di basi, entrambe le parti sono artisti, differenti dinamiche, da un parte lotta per costruire una distanza, nonostante il reciproco profondo affetto espresso; dall’altra lotta per recuperare una distanza nonostante la dichiarazione iniziale di separazione ed il finale. Sullo sfondo,nemmeno tanto lontano, paesi, società, senso del tempo e dell’individuo diametralmente opposti e determinanti.
Una relazione lamenta piano e confligge poco: si concentra in uno sforzo tangibile di naturalezza, che resta appannato da uno sguardo un po’ indulgente, un tono che parla a se stesso, rivolto a ciò che è già, fotografato in un’istantanea mossa e non scalfibile, in cui non si cerca l’uscita, nemmeno l’entrata, si nuota, a vista, con il fiato sempre più corto.
Onore a Libero de Rienzo, (qui nella sua ultima performance prima della prematura scomparsa), l’amico Luca, l’amico che tutti forse meriterebbero di avere, unica voce, neanche a dirlo, che sembra increspare felicemente questa patina di rassegnazione nuvolosa distesa su tutto il film; intramontabile e riconoscibilissima la sua energia ironica, spiazzante e “giusta”, che da sempre rende gloria e senso a certa romanità a volte orfana, compiaciuta e sfiatata.