Presentato in concorso al 47º Festival di Cannes nel 1994, Una pura formalità è una delle pellicole meno conosciute di Giuseppe Tornatore, ma forse una delle più riuscite e suggestive.
Il film vanta la comparsa di due titani del grande schermo Roman Polanski e Gérard Depardieu e una colonna sonora d’eccezione del maestro Ennio Morricone, che ha composto insieme al figlio Andrea Morricone la canzone Ricordare.
Nel cast è presente anche un giovanissimo Sergio Rubini, agli esordi della sua carriera di attore.
Una pura formalità – La trama
In uno scenario notturno e tempestoso, si sente un colpo di pistola, un uomo di nome Onoff (Gérard Depardieu) corre attraverso una foresta oscura, i suoi occhi appaiono smarriti, persi e il suo respiro ansante.
All’improvviso scorge un forte bagliore, poi una voce tuona: favorisca i documenti, signore. Condotto in una stazione di polizia dai gendarmi, Onoff dovrà affrontare un interrogatorio serratissimo a cui non potrà sottrarsi, sotto lo sguardo severo del commissario (Roman Polanski).
Così inizia Una pura formalità, un incipit che ci rapisce sin da subito, immergendoci in una dimensione misteriosa e assurda, dove ogni cosa sembra ciò che non è. Un film nel quale lo spettatore è indotto a interrogarsi costantemente sul senso di ciò che sta guardando.
Un commissariato sui generis
Chi è quest’uomo che fugge nel cuore della notte? Da cosa scappa e dov’è diretto?
Per il momento seguiamo l’ordine cronologico dei fatti di Una pura formalità. Nel commissariato, l’uomo viene invitato insistentemente a rivelare la sua identità e a fornire una spiegazione della sua presenza in un posto così isolato, in una notte tanto burrascosa. Quale sia, però, il vero motivo del suo arresto e di quelle domande inquisitorie non è possibile al momento apprenderlo.
Intanto, fuori piove a scroscio e il lento tintinnio assordante delle gocce che cadono nella stanza sembrano segnare il trascorrere del tempo. Il disordine e la trascuratezza di quel luogo, il cui aspetto poco assomiglia a quello di un commissariato, presagiscono un’atmosfera di inquietudine e di insensatezza che accompagnerà la narrazione fino alla fine.
Una strana amnesia
L’interrogatorio acquisisce sempre più i contorni di un confronto serrato durante il quale l’uomo sostiene di essere Onoff, poeta e romanziere di successo, che da tempo soffre del “terrore della pagina bianca”. Infatti, a causa di un rallentamento creativo, non è più in grado di produrre un nuovo lavoro degno di nota, motivo che lo ha spinto quindi a cercare l’ispirazione lontano dalla città.
Superata l’iniziale incredulità del commissario, che, pur affermando di essere un grande ammiratore dello scrittore, tanto da conoscere a memoria tutte le sue opere e poesie, non aveva riconosciuto il “maestro”, l’interrogatorio prosegue, rivelando una verità inquietante: quella notte è stato commesso un delitto.
Una pura formalità – La spiegazione del film
Fin dall’inizio, lo spettatore presume di trovarsi di fronte a una sfida tipica del giallo classico, che prevede di scoprire chi è l’assassino, seguendo le medesime conclusioni logiche dell’investigatore. Ma è proprio nel momento in cui egli raggiunge tale consapevolezza che viene smentito inaspettatamente; perché qui l’enigma non riguarda soltanto il colpevole, ma l’identità della vittima.
Tornatore riesce, pertanto, a creare un contesto surreale nel quale il confronto tra i due personaggi, l’investigatore e l’indiziato, perde lentamente i suoi connotati iniziali per acquisire sorprendentemente le sembianze di una confessione interiore, rivolta a sé stesso o forse a Dio, in cui vittima e assassino sembrano confondersi.
La stazione di polizia, infatti, rappresenta un’anticamera ultraterrena, una sala d’aspetto in cui è atteso l’appuntamento più importante di tutti, quello con la propria coscienza: quella notte Onoff, in preda al delirio, ha deciso, infatti, di togliersi la vita con un colpo di pistola.
Tutto ritorna
In una pura formalità, il purgatorio-commissariato diventa, pertanto, il luogo della memoria, ovvero una dimensione atemporale nella quale il protagonista ripercorre, un po’ per volta e faticosamente, il suo passato: la sua infanzia, i suoi successi, i suoi fallimenti, il suo amore per Paola, e infine il suo suicidio. È possibile uccidere e poi dimenticarsi? Chiede a un certo punto il commissario, che per tutta la durata della pellicola non rivela mai il suo vero nome, ma preferisce farsi chiamare per gioco Leonardo Da Vinci.
Sì è possibile, ci suggerisce Una pura formalità, ma tutto ritorna, anche i ricordi più sgradevoli, che la nostra mente ha cancellato per consentirci di continuare a vivere.Tuttavia, la loro rielaborazione permetterà a ciascuno di recuperare la propria identità e affrontare una nuova fase della propria esistenza.
Per non morire di angoscia o di vergogna, gli uomini sono eternamente condannati a dimenticare le cose sgradevoli della loro vita, e più sono sgradevoli più si apprestano a dimenticarle.