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The walk – la recensione del film di Zemeckis

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Le aspettative sono sempre molto alte quando si parla di Robert Zemeckis, la mente creativa alla base di Forrest Gump, Chi ha incastrato Roger Rabbit, Polar Express o della trilogia Ritorno al futuro, solo per citarne alcuni. Nel 2015 un suo nuovo progetto, il diciassettesimo film della sua carriera, vede la luce: si tratta di The walk, attualmente disponibile sulla piattaforma di streaming Netflix.

La trama di The walk

Il biopic affronta la singolare esperienza di Philippe Petit, funambolo francese che nell’estate del 1974 attraversò su un cavo d’acciaio la distanza tra le due Torri Gemelle. Il racconto affonda le sue radici dagli albori dell’esperienza artistica di Petit, giovane della periferia francese che si trasferisce a Parigi per concretizzare le sue ambizioni. Il giovane acrobata, sostenuto dal suo mentore Papa Rudy, conosce nella capitale quelli che saranno i suoi futuri collaboratori: l’artista di strada Annie e il fotografo Jean-Louis. Tra successi e fallimenti le ambizioni di Philippe gonfiano a dismisura, fino a portarlo a mettere a punto la sua esibizione tra le Torri Gemelle. Per avvicinarsi e studiare gli edifici, allora in costruzione e quindi inaccessibili ai più, il parterre degli aiutanti di Petit si farà sempre più folto, sebbene tra di loro ci sia chi crede realmente in lui e chi lo considera un folle megalomane.

The walk: la genesi del progetto, la composizione del cast e la questione del 3D

In un’intervista del 2015 per ScreenSlam, Zemeckis giustifica così l’entusiasmo che lo ha legato al progetto: «Ho amato l’idea di un uomo che fa una performance artistica incredibile, quest’opera d’arte anarchica, illegale e pericolosa, fuori dal tempo, quasi favolistica». Oltre al lavoro dietro la macchina da presa, Zemeckis ha curato anche la sceneggiatura di The walk, affiancato da Christopher Brown. Secondo il regista, in effetti, la vicenda aveva tutte le potenzialità per essere trasposta in un ottimo script: un personaggio la cui passione rasenta l’ossessione, la sua appartenenza ad una zona d’ombra vicina alla delinquenza, la forte suspense e l’utopia della sconfitta sulla morte.

Per il cast di The walk, Zemeckis sceglie una commistione di volti noti e interpreti meno conosciuti: Joseph Gordon-Levitt nel ruolo del protagonista, affiancato da Charlotte Le Bon (Annie), Clément Sibony (Jean-Louis) e Ben Kingsley (Papa Rudy). Il regista sceglie inoltre, data la spettacolarità visiva degli eventi narrati, di puntare sulla tecnica del 3D. Il film è stato a lungo sul punto di diventare la prima produzione originale Netflix, per poi essere però infine affidato alle case di produzione ImageMovers e TriStar Productions. Queste, in collaborazione con IMAX, sono riuscite a rendere possibile la proiezione del film in sale dotate di appositi premium screens, valorizzando la forte componente visiva che il film implicava.

Forse proprio perché pensato per il 3D, la visione in 2D al momento fruibile con Netflix risulta quasi lacunosa. La bidimensionalità rischia di far sembrare le componenti grafiche esageratamente marcate, se non ridondanti di tanto in tanto. Uno spettatore contemporaneo, che veda The walk in 2D, potrebbe trovare forzato il modo in cui il visivo pone l’accento su profondità e inquadrature d’effetto, dalla marcata spettacolarità. È perciò di fondamentale importanza, se non addirittura necessario, sapere che si tratta di un progetto in 3D per poter apprezzare l’estetica del film.

Pregi e difetti di The walk, tra botteghino e critica

Certamente, con i suoi guadagni di 61.2 milioni al box office, per questo lungometraggio non si può parlare di fallimento. In molti lo hanno lodato, apprezzandone gli effetti visivi e la regia. Tuttavia, in alcuni casi la critica ha espresso giudizi non molto felici sul film. È il caso, ad esempio, di David Rooney dell’Hollywood Reporter, che ha affermato: «I profitti del film compensano l’assetto goffo, appesantito da un voice over stucchevole e una stravaganza forzata». La narrazione, infatti, è punteggiata dalla voce di Gordon-Levitt, che in un futuro imprecisato commenta sistematicamente con un parlato contaminato da accenti francesi gli eventi del passato del suo personaggio. Le parole della voce narrante in certi casi si rivelano necessarie a comprendere pensieri e stati d’animo dell’autore, ma in alcuni momenti si rivelano leggermente superflue, soprattutto nei casi in cui una spiegazione “per immagini” avrebbe potuto sostituire efficacemente il ridondante parlato.

La performance di Gordon-Levitt, al contrario, ha riscosso consenso pressoché unanime da parte del pubblico come della critica. L’attore, che nel corso della sua carriera ha dedicato molto del proprio lavoro alle produzioni indipendenti, sperimenta in questo caso con un progetto di natura diametralmente opposta. Ciò che lo spettatore probabilmente noterà sin da subito, oltre alle innaturali lenti a contatto di colore blu che sfoggia durante il film, sarà il suo parlato. Il vero Philippe Petit nasce in effetti in Francia: per questo motivo Gordon-Levitt ha dovuto impostare la sua interpretazione parlando un inglese dalle marcate sfumature francofone, quando non parlare direttamente francese.

L’attore ha ammesso di non aver imparato la lingua appositamente per il film: amante della cultura e della lingua francese sin da giovane, nei suoi anni alla Columbia ha avuto modo di approfondirne la poesia. Ciò in cui invece l’attore si è cimentato per la prima volta lavorando a The walk è il funambulismo. Gordon-Levitt, che non aveva mai camminato sulla fune, per questa produzione è stato allenato direttamente da Petit. L’artista ha lodato la dedizione dell’interprete, che pare abbia appreso la tecnica in soli otto giorni per poi portare avanti gli allenamenti durante tutta la fase di lavorazione.

Guardando la pellicola non possiamo dire di trovarci di fronte all’opera maestra di un regista. Questo giudizio, probabilmente, è influenzato dall’alto livello cui ci ha abituati Zemeckis negli anni con le sue produzioni precedenti, quelle che lo hanno reso celebre. Se la mente dietro alla pellicola fosse stata quella di un regista meno conosciuto il film avrebbe probabilmente ottenuto più successo: in questo senso si può pensare che la reputazione di Zemeckis, paradossalmente, abbia finito per sfavorire il lungometraggio. Tuttavia, The walk resta un film piacevole a vedersi, in cui la spettacolarità visiva unita alla buona performance dell’interprete principale permettono di raggiungere un discreto risultato.

PANORAMICA

regia
soggetto e sceneggiatura
interpretazioni
emozioni

SOMMARIO

The walk è un’opera del leggendario Robert Zemeckis, in cui sperimenta con la tecnica del 3D. Il film ha forti doti visive: la suggestione e la spettacolarità fanno da padrone. Pur non essendo il lungometraggio migliore di Zemeckis, che ha abituato il suo pubblico a ben altro livello, il film risulta comunque un intrattenimento gradevole, anche grazie all’interpretazione di Joseph Gordon-Levitt.
Eleonora Noto
Eleonora Noto
Laureata in DAMS, sono appassionata di tutte le arti ma del cinema in particolare. Mi piace giocare con le parole e studiare le sceneggiature, ogni tanto provo a scriverle. Impazzisco per le produzioni hollywoodiane di qualsiasi decennio, ma amo anche un buon thriller o il cinema d’autore.

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