Su Prime Video si può trovare The Killer (2022), un action-thriller sudcoreano (molto più action che thriller in realtà) diretto da Choi Jae-hoon.
Da non confondere con The Killer di David Fincher appena sbarcato su Netflix. In effetti, il titolo completo sarebbe The Killer: A Girl Who Deserves to Die, ma poco importa.
Se si vuole passare una serata guardando qualcosa di poco impegnativo, questo film presentato alla 24ª edizione del Far East Film Festival di Udine è quello che fa per voi.
The Killer: trama
Bang Ui-gang (Jang Hyuk) è un sicario che ha deciso di ritirarsi. Ha una bella casa e tutto il denaro che gli serve. Un giorno sua moglie, prima di partire per un viaggio sull’isola di Jeju, gli fa una richiesta: badare a Kim Yoon-ji (Lee Seo-young), la figlia della compagna di viaggio, che resterà sola durante tutta la vacanza.
Yoon-ji frequenta le scuole superiori, non è cattiva, ma si ritrova immischiata in una faccenda più grande di lei. Finisce in un losco giro di traffico di ragazze minorenni e viene rapita.
I sequestratori pensano di agire indisturbati, ma quando Ui-gang si mette sulle loro tracce capiranno di aver pestato i piedi alla persona sbagliata.
Approcciarsi a The Killer con grandi aspettative è un errore
Approcciarsi a The Killer con grosse pretese sarebbe un errore. Se preso con leggerezza invece, riesce a divertire.
The Killer, si muove manieristicamente tra canoni visti e rivisti del cinema d’azione, ma senza la presunzione di voler essere originale. Questo deve essergli riconosciuto.
Tra luci a neon, asce che volano, ossa che si spezzano a suon di calci e pugni, scontri a fuoco, interni distrutti e battute scontate, il ritmo è assicurato. Non bisogna credere a chi dice il contrario. Si deve invece dare ragione al fatto che, per quanto possa non pensare la sua mera e scontata reiterazione, il film non funzioni sotto vari aspetti.
Una sceneggiatura debole
Partiamo dal fatto che Bang, come cognome per un serial-killer, è veramente azzeccato se si vuole far ridere il pubblico già in partenza, ma le risate vengono meno quando ci si rende conto che il team di sceneggiatori probabilmente non è riuscito a prendersi sul serio fin dall’inizio.
La reiterazione di stilemi risulta banale e forse un po’ troppo prevedibile.
Dopodiché, per quanto non sia un film di formazione, la caratterizzazione del protagonista è piatta. Ui-gang non ha uno sviluppo dall’inizio alla fine. L’unica cosa che si sviluppa, nel senso che aumenta, è il suo numero di uccisioni. Con il passare dei minuti il kill count di Ui-gang raggiunge cifre impressionanti e si finisce in un vortice di violenza che dopo poco tempo perde la sua stessa ragione d’essere.
Ma il problema più importante a livello sceneggiatoriale riguarda gli snodi narrativi, i cosiddetti turning Point. Il procedere della storia non giustifica adeguatamente certi passaggi.
Mentre Ui-gang prosegue nella sua carneficina, una serie di personaggi passano sullo schermo, anche con dei ruoli apparentemente importanti, ma non vengono approfonditi. La loro presenza risulta puramente ornamentale. L’unica certezza è che da lì a poco verranno “gentilmente” spediti all’altro mondo dalla poca pazienza del killer in “pensione”.
Una caratterizzazione troppo alto-mimetica che risulta ridicola
La cosa divertente è che la rappresentazione alto-mimetica, teorizzata da Northrop Frye per i generi letterari e poi traslata da molti studiosi all’interno dell’analisi del cinema di genere, qui raggiunge dei livelli quasi ingiustificabili.
Con personaggi alto-mimetici, si intendono tutti quei personaggi che hanno una capacità d’azione superiore a quella umana. È la base di molti film d’azione. Si pensi alle sparatorie di James Bond, in cui l’agente segreto esce quasi sempre illeso o ai western classici dove l’eroe ritorna sempre trionfante.
Ma in The Killer, Ui-gang non ha proprio neanche un rivale e dopo aver sterminato, in un frenetico piano sequenza, una dozzina di giovani gangster, non si spettina neanche i capelli.
Perfino John Wick, l’apoteosi del killer cazzuto postmoderno, che sembra aver ispirato molto, anche troppo, il protagonista di The Killer, viene messo alle strette, mentre Bang no.
In pratica è un semi-dio, solo che non ci viene detto. Un supereroe in un film senza supereroi.
Cosa funziona?
In realtà, come già scritto in precedenza, in The Killer tutto può funzionare finché lo si prendo molto, ma molto alla leggera.
Tuttavia, c’è un aspetto del film che è indiscutibilmente affascinante: la performance di Jang Hyuk, uno dei volti più noti del cinema sudcoreano d’azione.
L’attore non eccellerà nella mimica facciale, ma esegue delle coreografie di lotta veramente mozzafiato.
Durante i titoli di coda si noterà che Jang Hyuk esegue personalmente gli stunt, dando ancora più credito alle sue doti fisiche.
Una sorta di Tom Cruise coreano, e questo non può non che non essere tenuto da conto.