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Serviam – Thriller, horror e animazione nell’ultima opera di Ruth Mader

Serviam, Io servirò, il motto di devozione che soggiace alla missione, le direzione di una scelta di vita, di una condotta costruita ad hoc per impressionare, arginare, tenere sotto controllo ed omaggiare uno degli “oggetti” più in via d’estinzione e sottovalutati del nostro secolo, la fede.

Opera del 2022, selezionata al Festival di Locarno dello stesso anno, firmata dalla regista austriaca Ruth Mader (artista già presente alle Giornate degli autori veneziani del 2017 con Life Guidance), Serviam è un thriller dell’anima, un racconto inquietante ed allegorico che unisce e schianta due mondi incompatibili, l’interno di un collegio elitario cattolico e l’esterno alto borghese dell’Austria capitalista e di successo.

Tableaux vivants spigolosi, immobili, inquietanti

Il risultato è una mescolanza ibrida tra horror, noir e istantanee animate, un film avvicinato alle atmosfere di Dario Argento, debordante in rigore, un insieme di tableaux vivants spigolosi ed immobili, a volte inermi, a volte claustrofobici, spesso provanti per l’attenzione del pubblico, molto difficili da dimenticare.

Serviam 1

Serviam – Trama

Prendendo spunto dalla propria storia personale, la Mader ambienta Serviam negli anni ottanta, tra le mura misteriose e geometriche di un collegio religioso austriaco, dove una giovane suora Sister Philine (Maria Dragus) si occupa dell’educazione delle fanciulle prese in carico dall’istituto: al centro del suo operato il rigido rispetto delle regole e della disciplina, nonché la preghiera autentica con cui si chiede penitenza dei propri peccati, si implora il perdono divino e si manifesta amore all’unico oggetto di amore possibile ossia Dio.

Estasiata dal credo della suora, la piccola Martha (Sophia Gomez-Schreiber) le confessa di voler fare di più per “la causa di Gesù”, per riscattare quelle sofferenze sante e il dono d’amore da Lui realizzato. In risposta sister Philine regala a Martha un cilicio. La ragazzina inizia ad indossarlo procurandosi ferite via via più gravi che la debilitano al punto da impedirle di continuare gli studi assieme alle altre.

Per nascondere l’increscioso evento al resto del collegio la suora isola Martha all’ultimo piano dell’edificio, zona interdetta a chiunque, e le riserva un letto in cui giacere in attesa che si riprenda da quelle che per la piccola sono stimmati di santità.

La spiegazione ufficiale, invece, è che la giovane è andata dai suoi in Spagna per un periodo di vacanza; ma il segreto diventa progressivamente più difficile da mantenere, specie quando sono gli stessi genitori di Martha a presentarsi in collegio e a domandare di vedere la figlia.

Serviam 2

Serviam – Recensione

Un ritratto di fanatismo cieco, che cocciutamente fa bella mostra di sé di fronte a giovani occhi da formare, in contrapposizione ad un mondo esterno assente, indifferente a qualsiasi empatia, in primis quella genitore/figlio, corrotto dal mito dell’agio e della superficialità.

Molti collegi di questo tipo esistono ancora oggi, ma sono l’ombra di ciò che promettono e di quel che predicano teoricamente. Sono, al contrario, luoghi in cui si sopprime e si opprime, oppure si permette la qualunque, in un’altalena insana di input opposti.

Misticismo cieco, solitudine e bisogno di spiritualità autentica

Si cresce così una genia di minori iper-protetti, poco consapevoli o troppo consapevoli, potenziali culle di radicalismi ed insofferenze, di insicurezze e crudeltà, nell’illusione che di deviato tra quelle mura educatrici non entri niente.

Invece spesso non è così: molte volte il collegio è un marchio, uno status symbol, un qualcosa che fa curriculum e lì si ferma, una promessa totalmente da dimostrare, un biglietto da visita puramente formale, sostanzialmente inadempiente.

Collegio prigione e società capitalistica superficiale

Dietro questo abbozzo di vestigia, retaggio di altra epoca e di altro spessore interiore, si permette spesso un lassismo ed un facile perdono per molte tipologie di comportamenti altrove banditi e puniti. La socializzazione tra allieve/i non è affatto cosa scontata, anzi.

Il collegio di Serviam rispecchia questo estremismo anacronistico e feroce, che si staglia a muso duro in un’epoca storica opposta, in cui tutto era un boom, un’esperienza vincente e la paura, la scalata al successo, il divertimento e la follia sono alla portata di tutti. E’ un baluardo immaginato ed architettato dalla Mader per opporre un freno alla deriva esterna, di apparenza e classismo in cui le figlie seguono le orme o le volontà dei loro ricchi padri.

Quindi a mancanza di valori equilibrati esterna corrisponde una reazione eguale e contraria, interna: per cui l’istituto di Serviam si definisce come luogo intoccabile, imprendibile, gestito da una suora che non è la direttrice (la quale di fatto è poi la prima persona ad infischiarsene dei reali comportamenti tenuti da allieve e suore) ma è onnipresente, imperversa, facendo le veci di una grande madre, ricordando a tutte le disposizioni da seguire, non avendo quasi mai alcun cedimento o alcuna insicurezza, nè preoccupazione.

La sua convinzione mistica è la differenza tra giusto ed ingiusto, tra donna oggetto dell’ uso e consumo della società e donna dedicata ad un obiettivo più grande e nobile. Si può essere madre di figli, tutta casa e lavoro, e madre di nessuno tutta dedita alla preghiera salvifica.

Serviam 3

Radicalismo interno ed esterno, assenti ideali di riferimento equilibrati

Due eccessi a confronto, due modelli insani, due allegorie di mali che hanno inquinato la società e che sfuggono al controllo se non ridimensionati con gli strumenti adatti. Integralismi di due origini differenti, perché tanto agghiaccia la scena del “dialogo” tra padre e figlia, in cui lei chiede ripetutamente di tornare a casa ed il genitore bypassa il problema glorificando la struttura, tanto gela il contegno della suora nel continuare ad insabbiare pericolosamente la vicenda della piccola Martha.

Formazione e distruzione all’interno di un ambiente algido, impietoso, che promette eventi non leggeri dalla sua prima atmosfera. Vetrate fredde e colori asettici, inquadrature fisse fino allo snervamento, insistenza su particolari prosaici come il cambiarsi d’abito delle ragazze, i corridoi attraversati da primo piano a fondo scena, le scale salite ossessivamente gradino dopo gradino: dettagli studiati al centimetro per non sporcare lo sguardo e catturare l’attenzione come una palla in uno spazio totalmente vuoto.

Serviam è un film di simmetrie diaboliche, di indulgenza verso il particolare muto, dalla scena vuota in cui risuonano i passi di un’altra stanza, alle preghiere che risuonano nei piani recitate da non so dove, alla voice over sopra immaginazioni animate della parola di San Giovanni, non a caso la più forte ed impressiva tra quella degli evangelisti.

Mader impone un ritmo-litania difficile da seguire, spezza la pazienza, sgombra il campo visivo da distrazioni che non siano una suora, una ragazza, le mura e le scale; essenziale, scarna, come il loculo di una prigione mistica non richiesta, la sua operazione chiede una riflessione sullo spazio e sul tempo che fingiamo di abitare senza capire il male che può provocare, sia esso quello profano delle sorde famiglie, sia quello santo di un istituto dedicato a Gesù.

Serviam 4

Ambienti geometrici, staticità delle inquadrature, insistenza sul dettaglio

Non c’è requie nel trip di Serviam: c’è un parossismo di maniera che appesantisce la lettura basica della storia, ed un piano metaforico/ideale dove ogni passaggio è un simbolo che rappresenta posizioni di forza in opposizione, pensieri e corpi rigidi, non comunicanti, uniti in uno luogo limbo desolante, non accogliente, quasi un’anticamera dell’eternità.

Mistificazione dei martiri e misticismo come unica via, di fronte alla perdita di valori e di senso umano della bella società. Le animazioni sono il commento plastico o la scena mancante che nell’immaginazione dei personaggi, specie le ragazze, prende il posto delle ellissi, dei vuoti, dei non detti, delle paure non affrontate.

Serviam – Cast

Maria Dragus è potente ed inquietante, follemente immobile nella sua espressività, un oggetto perfetto nella grammatica spaziale severa della Mader. La Gomez-Schereiber ben incarna l’innocenza stolida del suo giovane ruolo.

Thriller, soft-horror, animazione: un ibrido impressivo

Serviam non è film facile nella mescolanza di generi cui si appoggia senza percorrerne nessuno fino in fondo; la sua estetica lo rende ostico, visionario nella protratta assenza di cose, un unico panorama intatto e asfittico, poco digeribile, a tratti sorrentiniano senza la vivacità di quel regista.

E’ un’opera essa stessa metafora delle contraddizioni mistiche e temporali, che convivono insieme conoscendosi ed ignorandosi al contempo, e lascia un’ impressione generale che resta, bene o male, impressa per le sue coordinate stilistiche radicali nell’immaginazione dello spettatore.

Serviam – Trailer

PANORAMICA RECENSIONE

Regia
Soggetto e Sceneggiatura
Interpretazioni
Emozioni

SOMMARIO

In un collegio austriaco elitario cattolico, un'alunna chiede di voler fare di più, oltre la rigida disciplina. Suor Philine le consiglia di mettersi un cilicio. La bambina si ferirà e sarà nascosta per tutto il tempo necessario a riprendersi. Tableaux vivants di un limbo asettico e geometrico, dove latita l'umano e trionfa il misticismo. Indifferenza e non ascolto nella società esterna, rigore disperato tra le mura sante. Thriller, noir, animazione, il film indulge all'immobilità, asciuga la verbalità, punta tutto sull'immagine, per un'impressione visiva disturbante, che resta.
Pyndaro
Pyndaro
Cosa so fare: osservare, immaginare, collegare, girare l’angolo  Cosa non so fare: smettere di scrivere  Cosa mangio: interpunzioni e tutta l’arte in genere  Cosa amo: i quadri che non cerchiano, e viceversa.  Cosa penso: il cinema gioca con le immagini; io con le parole. Dovevamo incontrarci prima o poi.

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